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BBPR
Una delle opere più importanti del gruppo BBPR è la Torre Velasca, del 1958, costruita nel
centro storico di Milano. Si pone come una sorta di contraltare del Pirellone di Giò Ponti,
mostrando la sua struttura un cemento armato. Pur essendo un edificio alto si fonde molto
bene con tessuto architettonico della città, manifestandosi come una sorta di archetipo della
torre medioevale milanese, ponendo il tema del costruire nel costruito. La torre si distingue
per i suoi contrafforti rovesciati a sostegno dei piani superiori, a sbalzo rispetto al corpo
sottostante, a sezione ridotta. Diviene anche per la sua peculiare forma un’icona della città di
Milano. Al suo interni vi sono sia uffici per il settore terziario, sia appartamenti di lusso con
attico in centro storico. La Torre Velasca è rivestita con lastroni di conglomerato cementizio
con parti pigmentate rosse che ricordano il laterizio storico. In questo modo viene risolto il
dibattito del nuovo che rimanda ad una fase storica precisa, in un processo evocazione e
stratificazione. Altra opera di rilievo è la sede dell’Hoepli a Milano, con reminiscenze di casa
Milà di Gaudì, derivata dalla sede dell’Olivetti a Barcellona che i BBPR avevano progettato nel
1960. Questo edificio è posto ad angolo, presentando angoli con spigoli tagliati e chiari
richiami all’architettura spagnola. A Torino, fra il 1959 e il 1961 progettano e fanno edificare la
Torre BBPR, nei pressi di Piazza Statuto. L’edifico è ricoperto di mattone barocco, in modo
da mantenere il dialogo conta città, e presenta una parte alta, una torre appunto. Altro
elemento peculiari sono la presenza del portico, tipici della città piemontese, realizzato con
contrafforti in calcestruzzo. Successivamente il gruppo verrà chiamato per l’allestimento del
museo del Castello Sforzesco a Milano, il “ museo della città ”, con sezioni di statuaria,
pinacoteca, ceramica e arti applicate. Secondo una scelta di anastilosi si decide di sistemare
la Porta della Pustreria all’interno del museo, indicando una circolarità delle arti, evocando
anche pezzi e luoghi della città stessa. A questa operazione segue anche un attento restauro
degli elementi storici più significativi e dove, nella struttura, si presentano elementi storici
rilevanti, viene posto intonaco bianco non troppo lavorato, con l’apposizione di graffe
metalliche di sostegno, volutamente visibili, alla ricerca di contrasto. Il climax viene raggiunto
nell’angolo della Pietà Rondanini di Michelangelo, opera non terminata, scelta di cui ancora
non si conosce bene il motivo. Il complesso scultoreo è esposto da solo, poggiato al
pavimento, una pedana in pendenza che invita ad avvicinarsi alla statua con un moto
circolare, circondato per un pezzo da pannelli in calcestruzzo spazzolato. Non si è quindi
obbligati a seguire un percorso specifico e ognuno, in base a come interpreta l’opera, può
farsi la sua idea circa il significato. Nel 1954 progettano la sedia Elettra per Arflex,
caratterizzata da una x di irrigidimento posta nel telaio, che rende la struttura più leggera. Nel
1957 progettano la sedia Neptunia sempre per Arflex. Nel 1959 sviluppano la serie Spazio
per Olivetti Synthesis, un sistema di mobili per ufficio innovativo, componibile e modulabile,
grazie ai complementi applicabili a pressione o incastro. I materiali spaziano dal lamierino sino
a piani rivestiti in finta pelle. I piedini si presentano in gomma e si adattano anche a superfici
non piane. Fra i colori spiccano per i rivestimenti il verde, il bordeaux e il giallo, mentre per la
struttura il nero e ancora il verde. Tuttavia risulta un flop commerciale, in quanto l’offerta degli
accessori e ampliamento era troppo vasta. Nel 1963 progettano la lampada Talia per
Artemide che fonde materiali industriali ad un cappello in vetro soffiato.
Ignazio Gardella
Progetta fra il 1957 e il 1958 Casa Cicogna alle Zattere a Venezia, sul Canale della Giudecca.
Egli utilizza alcuni elementi tipici dell’architettura Veneziana, come le finestre strette e lunghe,
le logge, lo zoccolo in pietra e l’intonaco alla veneziana, pur progettando un edificio moderno.
Quest’opera viene fortemente criticata, soprattutto dalla critica estera; alcuni parlano
addirittura di “ regressione infantile ”. Si tratta dunque di Neoliberty, caratterizzato da una
grande attenzione ai dettagli e da un utilizzo di elementi seriali solo per ciò che riguarda i
modi della costruzione. Gardella progetta il residence per gli impiegati della Borsalino ad
Alessandria, dalla particolare pianta geometrica, con grandissima attenzione alla qualità, che
allontana questo progetto dall’industria, presente solo per ciò che riguarda i materiali. Nel
1957 progetta la sedia Digamma per Gavina, con forme contemporanee ma lavorazioni
artigianali. La sedia presenta uno schienale reclinabile per il quale viene studiato un sofisticato
sistema a balestre elastiche che compongono un meccanismo compresso. Nel 1956
progetta la lampada Arenzano per Azucena.
Luigi Caccia Dominioni
Caccia Dominioni fa parte dell’alta borghesia imprenditoriale milanese ed è il fondatore di
Azucena, più che un’azienda una design factory, dove si progetta e si affida la produzione a
terzi. Nel 1953 disegna le lampade da terra/tavolo Imbuto e Monachella. Nel 1959 è la volta
di Catilina, una seduta composta da una piattina di ferro battuto quasi a forma di spirale. La
sua semplicità la fa sembrare un oggetto economico, in realtà non è cosi e dietro questi
oggetti c’è di solito una grande ricerca formale. Sviluppa anche un set di posate dal sapore
tardo-liberty che nel 2008 Alessi decide di rimettere in commercio; la forchetta presenta tre
rebbi, una scelta più formalme che pratica. Nel 1960 progetta un edificio a destinazione
residenziale adoperando per il rivestimento materiali come ceramica vetrificata, più resistente
alle intemperie e al tempo rispetto al cemento armato a vista. In questo progetto collabora
con artisti figurativi come Fontana, Meloni e altri.
Carlo Scarpa
Carlo Scarpa è un architetto di origine veneta che lavora soprattutto in ambiente veneziano,
collaborando anche alla fondazione dello IUAV di Venezia. Le sue prime esperienze sono
all’interno del settore dell’alta vetreria veneziana e di Murano già d cominciando dal 1940 una
collaborazione con Venini. Acquisisce inoltre esperienza come art-director in quell’ambito,
svolgendo ricerca per oggetti decorativi o di uso quotidiano di grandissima qualità e
successo. In particolare con Venini impara a conoscere le lavorazioni tradizionali del vetro,
come la murrina o il reticello; spesso nascono proficue collaborazioni fra quest’azienda e
artisti o designer. In particolare alla tradizione vengono accompagnate nuove forme e nuovi
modi di intendere il manufatto in vetro con una produzione di design industriale di alta
gamma. Grazie a queste sue esperienze Carlo sviluppa una sensibilità straordinaria per la
materia che lascerà un preciso segno in tuti i suoi lavori, a partire dallo show-room Olivetti in
piazza San Marco ( vedi Olivetti in Design II ). Altro showroom di grande importanza è quello
allestito a Bologna fra il 1961 e il 1962 per Gavina, azienda che tratta arredo in forma
industriale. Scarpa progetta una devanture in calcestruzzo a vista con campire convergenti
verso l’ingresso, dividendo il tutto in blocchi tramite linee di ottone. All’interno i mobili sono a
scomparsa, incassati con cassetti scorrevoli. Nel 1968 presenta il tavolo Doge per Gavina
usando legno e vetro. Un anno dopo, nel 1969, gli viene commissionato il progetto per il
mausoleo Brion. Le forme scelte da Carlo sono totalmente astratte e pare essere più un
monumento che un’architettura; i materiali sono quelli del vocabolario scarpiano, come
calcestruzzo armato, cornici a mosaico veneziano e altri. Il tutto è circondato da vasche
d’acqua e simboli, come quello dell’infinito e delle vele incrociate ( amore di coppia ). Dal
1958 al 1972 si dedica alla ristrutturazione del Museo Castelvecchio a Verona, un museo
civico. Il primo restauro era datato al 1800, perciò Scarpa decide di essere conservativo
all’esterno, mentre all’interno nega col museo d’ambientazione con l’utilizzo quasi esclusivo
di calcestruzzo armato, che non lavora e lascia a vista. Scarpa con questo vuole segnare una
continuità col passato della struttura che essendo stata una fortezza non presentava
particolari rifiniture e risultava essere piuttosto scabra. Su un punto non risolto di ricucitura
con le mura cittadine Scarpa decide di scoprire la nuova struttura interna e le parti in
calcestruzzo sporgenti. Su una di queste grandi mensole pone la scala equestre di
Cangrande dalla Scala. A che qui, come nello showroom Olivetti le applicazioni sembrano
essere momentanee e la sensazione generale è che neanche si appoggino alla struttura
originaria; questo effetto è dato anche dagli spazi che lascia fra gli elementi preesistenti e
quelli nuovi, come nel caso delle scale, che paiono appoggiate. Carlo insiste quindi sulla
differenza fra ciò che è vecchio e ciò che è nuovo tramite il contrasto.
The Sixties
Gli anni ’60, così come i ’50, sono accompagnati da un proprio background culturale. In
campo cinematografico, ad esempio, Gianni Polidori gira la proprietà non è un furto e, proprio
grazie al mezzo cinematografico i nuovi oggetti industriali cominciano ad entrare nelle case
delle persone. In Italia, nel 1965 Gae Aulenti progetta il Centro Fly, uno showroom destinato
ad un pubblico piccolo-borghese, che inaugura la stagione di questi nuovi negozi. Nel 1968 a
Corsico viene allestito il negozio Brambilla da Mangiarotti, secondo canoni industriali, ma
indirizzati alla vendita. In questo periodo la società è inoltre agitata dalle proteste
studentesche e operaie, scaturiti anche dai conflitti in fra il Vietnam e la Corea con gli USA,
culminando in eventi come il concerto di Woodstock, una festival di quattro giorni con musica
all’aperto. La società, quindi, sta cambiando anche in termini di costumi, primo fra tutti
l’ambito della moda. Avviene quindi un ribaltamento culturale e sociale mai accaduto prima,
vedendo in politica l’ascesa dei pacifisti e le femministi per l’ottenimento di diritti civili. Il 1968
è anche l’anno delle occupazioni e accanto alle università e alle scuole anche la Triennale di
Milano viene occupata. Nuove generazioni di architetti e designer iniziano a calcare le scene e
diversamente da quelle precedenti adoperano le plastiche, come se avessero una propria
identità, mostrando il processo di definizione, pur ricco di errori e difetti. Massimo e Lella
Vignelli, ad esempio,