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C-

Fu un performer versatile che lo scopriamo timoroso della tempistica teatrale, intimorito dal

pubblico e quella sua ricerca di popolarità e applausi. Possiamo affermare che se Augusto e gli altri

imperatori utilizzarono i ludi, Nerone fu, paradossalmente, al servizio dei ludi.

Lezione XIII 01-04-2015

Abbiamo visto che la figura di N è stata spesso filtrata malamente da luoghi comuni e anche da un

alone di leggenda. Questi dobbiamo tentare di schivarli con l’obiettivo di storicizzare senza

pregiudizi, storicizzare i comportamenti e l’operato di N. La figura di N è stata spesso inserita nella

leggenda e di questo bisogna prenderne le distanze. Di questo si può dire anche per Caligola.

Un dato di fatto resta cioè N a partire da una certa data fu inviso, malvisto dalla maggior parte delle

classi dirigenti di Roma. Sorprende per altro, che dopo la sua morte violenta del 68, l’imperatori

Otone (ex marito tradito di Poppea) e Vitellio (4 imperatori e della guerra civile), durante il loro

breve regno; si rifecero proprio alla memoria di N, fatto sorprendente. Sia Otone che Vitellio

rivendicano l’esempio del governo neroniano. Nel 69 Vitellio arriva a presentare i suoi ospiti a

corte il Libro del sovrano (Liber dominicus) a corte che era una raccolta di carmi e di liriche dello

steso N. Quello che stupisce che a sua memoria e il suo consenso politico proseguono e anche post

morte. Perché dopo il suicidio di Nerone ci sono almeno tre sosia di Nerone? e uno dei quali ottiene

anche l’appoggio del re dei Parti. Cosa significa questo atteggiamento benevolo e positivo? A fronte

invece di quella ricorrente ostilità che caratterizza la storiografia antica che è sempre ostile a N.

Pensiamo all’antineroniano Tacito (Annali), Svetonio (Vite dei Cesari) e Cassio Dione (Storia

Romana). Quel Dione Cassio che era alfiere di una rinnovata autonomia senatoria nei confronti

dell’imperatore. In tutto ciò viene il sospetto che, a dispetto delle sue oggettive malefatte sulla scena

del mondo, N, avesse anche doti che non conosciamo e che le fonti non hanno trasmesso, doti non

percepite o volontariamente omesse da quelle fonti; quindi fonti più o meno tendenziose.

Tendenziose, ma accomunate alla comune appartenenza alla convinzione anti Giulio Claudia e

allineati pertanto con la storiografia senatoria che era ostile a N. Qui dobbiamo perciò prendere

atto di una complessità che restano sul piano storico.

Prendiamo allora ad esempio il punto di vita avverso di Tacito verso N. Secondo Tacito, Petronio

accusi N duramente, quel Petronio che era stato accusato di congiura. Si comprende dai documenti

delle brutture e dei mali comportamenti e sul quale si insiste sul filo del gossip (elenco di amanti).

Doc 1: Siamo in Campania e nel 66 (anno del suicidio di Petronio e viaggio in Grecia di N). Questo

anno è importante, perché inizia la rivolta giudaica contro i romani domata da Vespasiano e suo

figlio Tito e che vede lo storico Flavio Giuseppe. Siamo in presenza di una morte spettacolo,

consumata davanti a amici /pubblico; una drammaturgia del suicidio che beffa le morte austere e

solenni dei filosofi. Si pensi, al quasi contemporaneo, suicidio di Seneca (65) dopo che è caduto in

disgrazia. Non dimentichiamo però, il legame strettissimo fra N. e Petronio. Sempre a Tacito

dobbiamo le informazioni a riguardo e dice che Petronio, prima di cadere in disgrazia, fu accolto fra

la ristretta cerchia dei nobili di N. Addirittura lo stesso Petronio influenza i gusti del principe.

Siamo, quindi in presenza di una complice amicizia. Questa amicizia viene sconvolta, in punto di

morte per l’accusa di cospirazione? Possiamo interpretare N solo quel principe dissoluto?

Insistiamo sulla cerca culturale di N e prendiamo atto del rapporto documentato fra Seneca,

Petronio e N, il patrocinio che N concede agli altri 2. Seneca e Petronio furano davvero

fondamentali per N. Seneca (avvocato, oratore, uomo politico e prolifero scrittore) che era dapprima

precettore e poi consigliere del principe e fu autore anche di tragedie. Quel Seneca alfiere di una

politica temperata e intrisa di etica storica e proponeva l’idea di un buon monarca e

equilibrati capace di collaborare con il senato, con gli equites e con la corte. Petronio era un

raffinatissimo epicureo e fu, nel 61, console con efficacia. A quel Petronio a cui Tacito dedica il

mirabile medaglione (doc1) e gli dedicava nella notte ai piaceri della vita e al sole ai doveri della

vita. Inoltre ricordiamo un altro poeta spagnolo cioè Lucano che era imparentato con Seneca.

Questo è dapprima un poeta filo neroniano talché è accolto negli amici dell’aula (della corte), poi

invece, si trasforma in un suddito ribelle e che troviamo implicato in quella congiura contro

l’imperatore.

Seneca viene allontanato presto da corte nel 62 e nello stesso anno muore l’altro consigliere Murlo

sostituito da Tigellino. Seneca fu poi accusato ad aver aderito alla congiura ordinata da Pisonio

(aristocratico che non era collegato ai Giulio Claudio) Seneca così morì suicida nel 65. Seneca

muore dopo un anno dal grande incendio che portò all’edificazione della domus. Doc 2: nel suicidio

senecano siamo in presenza con un atteggiamento socratico. Come dobbiamo interpretare questa

serie di suicidi a catena? Siamo in presenza di drammaturgie filosofiche (in senso lato) del suicidio.

Prendiamo atto che Pretonio e Seneca si suicidano, ma con comportamenti e ideologie differenti;

ma hanno un matrice stoica e epicurea comune; che un uomo se è malato o perseguitato o che non

può avere un esistenza degna, l’uomo trova nel suicidio un rimedio che non è solo concesso ma

raccomandato. I ceti colti dell’epoca erano imbevuti di queste filosofie. Wein su questo riflette

sulla frequenza dei suicidi della società romana. Il suicidino del malato o del vecchio, in quel

mondo, quel tipo di morte era anche ammirata perché era il suicida che aveva suggellato con il suo

sangue un’idea filosofica giusta; contava il valore del tempo vissuto non la lunghezza. La vita

privata trova, dunque, rifugio nell’auto controllo di se, sia nel bene che nel male e il rifiuto di

qualsiasi sottomissione. Una vita che per essere tale deve essere degna di essere vissuta. Nel doc. 1

vediamo questo esser caduto in disgrazia che sono la molla che fa scattare in Petronio che sia più

dignitoso morire. Quel suo suicidio che governa la morte, la beffa, la recita in pubblico. Petronio

aveva compreso che il suo percorso a corte era finito, ma non temeva la morte ma temeva il

disonore e l’umiliazione.

Nel 65-66, il principe è timoroso di congiure e aveva compiuto in modo cruento e non solo i suoi

consigliere e amici, ma anche gran parte della scomoda aristocrazia romana. Diversa è l’uccisione

di Poppea Sabina (65). Morte che avviene forse per un nevrotico colpo di calcio. Muore una donna

colta e spregiudicata. Poppea era più grande di 6 anni di N e aveva un forte ascendente e Tacito

ricorda che N era innamorato di Poppea. N, quindi sul suo corpo compì una pratica orientale quello

di impregnare di profumo il corpo della sua amatissima e lo depose nel mausoleo della famiglia

Giulia. Questo frammento orientale lo si deve a Poppea che era affascinato dagli egizi e dal culto

di Iside e incuriosita dall’astrologia. Fig. XIII/1: Poppea ha stuzzicato la fantasia teatrale e

cinematografica, così vediamo Il segno della Croce (Cecil de Mill). Fig. XIII/2/3. Nerone era un

uomo isolato, troppe le morti familiari o non da lui volute o no. Troppo gli esiliati e le epurazioni.

Questo atteggiamento segna un clima di insofferenza in cui era ormai segnata il governo di N.

Opportuno segnalare quella congiura che parte dalla corte stessa dell’impero. Questi anni vedono

Tigellino, dopo Seneca, e questo esercitava su N. una potente influenza in negativo. In questo

contesto possiamo notare un senato che non è in grado di dare risposte e gestori un imperatore

arrogante. Alcuni studiosi si sono rifatti studiare la figura di N, si può cadere spesso però in una

figura anacronistica e di una persona narcisistica e istrionica e che soffre di un disturbo di doppia

personalità. Sicuramente aveva un io molto sviluppato e incapace di rapportarsi alla realtà nel bene

e nel male. Dopo Seneca finisce una stagione che è stata definita come una piccola rinascenza

di epoca romana anche architettonica. Da qui in poi la corte di Nerone vive una straordinaria

fioritura culturale che riguarda anche l’architettura. Un N. mecenate e promotore delle arti, amatore

della cultura, che bilancia almeno in parte il N matricida. In questi anni la corte era mutata e non ea

certo mutata in meglio dopo l’allontanamento di Seneca.

Il concetto di corte: la corte dei Cesari. Questa fu lo spazio saliente delle drammaturgie del ,. La

corte dei Cesari ovvero la residenza/palazzo del principe era anche intessuto di persone che

gravitavano attorno a persone quali i familiari, gli amici, il personale di servizio e gli intellettuali.

Quella corte che nasce con l’eclissi della repubblica e con l’instaurarsi di Ottaviano, in quel

momento la struttura della corte era una concezione sconosciuta, ma non altrove; pesiamo alle

fastose corte ellenistiche e orientali. Questa corte si affianca a strutture civili e spazi illustri della

società repubblicana che trova una nuova sede. La struttura della corte si affianca al senato

all’antico foro e che si rivela luogo decisivo di mediazioni e di rielaborazioni. Ricordiamo almeno 4

tipi di istanze:

Politico ideologico

- Sociali

- Culturali

- Amministratrive e economiche

-

La corte imperiale romana diventa luogo di mediazioni fra il principe e la società. Una nuova

struttura che trasformò il foro romano in un palcoscenico dei volti degli imperatori.

Fasi della corte:

Nella prima fase abbiamo la corte aristocratica (corte Giulio Claudia), la corte del sangue e

- della grande nobiltà che va da Augusto a Nerone.

Dal 69 al 96 la corte militare degli uomini nuovi cioè la corte dei Flavi.

- Fino agli uomini nuovi delle province imperiali (provinciali) occidentali tra cui Traiano

- (spagnolo, 98-117).

Quella corte che è l’idea stessa di stato. Della corte di N. vorremmo saperne molto di più. Svetonio

(Vespasiano 14) parla della corte di N. Svetonio afferma che per essere ammessi alla corte

bisognava passare dall’officium admissionis, che era affidato a un liberto che valutava chi entrava,

di volte in volte a corte. Sappiamo che l’ingresso era negato anche a personaggi importanti se

avevano fatto innervosire il principe come Vespasiano. La vita della corte Neroniana era scandita

da riti e da consuetudini come la salutatio cioè il saluto mattutino all’imperatore e aperta anche al

popolo che poteva assistere a questa pratica. Abbiamo oltre a riti anche un intimo vivere in comune.

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
55 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/05 Discipline dello spettacolo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher nausicaa93 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del teatro antico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Mazzoni Stefano.