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Lateranensi, che concedono al papa un territorio, per quanto piccolo, dove poter regnare, lo Stato
del Vaticano, un’eredità del patrimonium Sancti Petri.
Il Regno di Sicilia 26
Altre città sono rimaste fuori dall’Impero, come Amalfi. La Calabria e la Puglia rimangono bizantine
e vengono culturalmente grecizzate. La Sicilia viene conquistata dagli Arabi e la Sardegna rimane
indipendente e così immunizzata dalla guerra che si sviluppa un sistema di gerarchie in cui non ci
sono duchi ma giudici (la Sardegna è divisa in giudicati), perché qui non sono arrivate le esigenze
belliche. I Normanni in particolare i fratelli Roberto e Ruggero della dinastia Altavilla conquistano il
Sud e fondano il Regno di Sicilia: il papa conferisce il potere temporale ai fratelli. Il papa lo può
grazie alla c.d. donazione di Costantino (riconosciuta falso medievale da Lorenzo Valla), con cui
può dare le sue terre rimaste senza un sovrano a chi decide. Il re di Sicilia in questo modo è
vassallo del papa, che è il suo signore feudale. Vi è dunque la regola di devoluzione per fellonia,
ovvero la perdita del feudo nel caso in cui il vassallo si comporti male: il vassallo non deve fare un
danno al suo signore, dunque il re di Sicilia non deve limitare l’autonomia della Chiesa. Da una
parte c’è il sovrano che può, come tutti i sovrani, violare la libertà della Chiesa con la conseguenza
della scomunica (lo scomunicato è escluso dal corpo sociale di appartenenza, dunque i sudditi si
possono ribellare e i nemici possono invadere), ma dall’altra c’è la perdita del feudo. In più il re di
Sicilia, come ricompensa ulteriore per aver riconquistato la Sicilia dagli Arabi, riceve dei poteri
spirituali: il re di Sicilia può svolgere nel suo regno molte funzioni di governo della Chiesa che
normalmente sarebbero di competenza al papa. Il re di Sicilia diventa dunque un legato nato del
papa: di conseguenza al legato papale molti atti non vengono fatti dal papa ma dal re. Il re di Sicilia
ha poteri temporali come vassallo e poteri spirituali come legato nato: ha ampi poteri sulla Chiesa,
che lo portano ad approfittarne per trarne dei vantaggi. Questo è stato il problema di molti re del
Regno di Sicilia, che tentano di impedire certi matrimoni, limitare la libertà dei vescovi o
appropriarsi di alcuni beni della Chiesa. Ogni anno il re di Sicilia manda una mula carica di monete
d’oro al papa, il simbolo dell’omaggio feudale con un vantaggio economico.
Il Regno di Sicilia ha realizzato molto più precocemente rispetto al Nord un modello di stato di
accentramento che ha delle ragioni storiche: questa parte dell’Italia è avvezza all’autoritarismo ed
è abituata a confrontarsi con un sovrano forte. La Sicilia è vissuta dal 700 fino al 1130 sotto gli
arabi, con cui erano sottoposti a forti tasse (dimmitudine), quindi a uno stato di soggezione. La
Sicilia veniva da un dominio effettivo dell’Impero Romano d’Occidente e quando arrivano i
Normanni ne approfittano, sottomettendo tutti. A partire dal 1130 si ha dunque un sovrano
presente, forte, organizzato, con un apparato burocratico efficiente che lo aiuta a governare e con
delle autonomie ridotte. Sono ridotte le autonomie della feudalità perché in Sicilia viene ereditato il
feudo franco, che non è solo un rapporto patrimoniale ma personale, quindi il sovrano
effettivamente comanda i suoi vassalli. I vassalli del sovrano per potersi sposare, infatti, devono
avere il permesso del re, cosa non verosimile nel feudo longobardo. Controllare i matrimoni dei
feudatari vuol dire controllare il modo in cui le grandi famiglie accrescono la propria potenza,
dunque frenare o permettere la creazione di un nucleo forte di potere, o di alleanza. Anche le città
non raggiungono mai la piena autonomia, a differenza del Nord Italia in cui si sono sviluppati
comuni liberi. Nel Sud Italia ci sono comunità molto importanti dal punto di vista economico, ma
questi Comuni dipendono sempre dal re: se fanno degli statuti, devono essere approvati dal re,
non possono avere un esercito. I re dei Normanni vietano l’utilizzo della parola statuto, perché
statuto vuol dire deciso, dunque si dirà che i Comuni hanno le proprie consuetudini approvate dal
re (il nome statuto suona come troppo autonomo). È limitata anche l’autonomia della Chiesa, in
parte dall’eco della tradizione bizantina, in cui vi è un senso forte di dipendenza della Chiesa
dall’imperatore (cesaropapismo), in parte dalla traccia della tradizione araba, in cui il capo civile è
anche il capo religioso, in parte dalla tradizione del Nord della Francia, in cui il re è il protettore
della Chiesa, in parte dall’apostolica legatia, con cui il papa dà al re di Sicilia, per diritto ereditario,
dunque non ad personam, il diritto di svolgere funzioni papali all’interno del Regno. Questo ha
effetti importanti per la nomina dei vescovi, che in Sicilia vengono nominati dal re; la deroga al
divieto di matrimonio fra consanguinei, solitamente data dal papa, viene data dal re.
Sostanzialmente il re è il papa, quindi la Chiesa è molto meno autonoma, avendo il re una serie di
prerogative solitamente papali. Dall’altra parte, e questo sarà un elemento di debolezza, il re di
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Sicilia è tale perché è stato nominato re dal papa, quindi il Regno di Sicilia è un feudo del papa.
Ciò comporta che il re di Sicilia sia un vassallo e come tale esegue simbolicamente una serie di
atti. Deve essere particolarmente fedele al suo signore e se si dimostra infedele (diventa fellone)
può perdere il Regno, che viene ripreso dal papa e dato ad altri. Il re di Sicilia ha dunque una
doppia obbedienza nei confronti del papa, quella legata alla Chiesa e quella legata al feudo.
L’imperatore dimostra che la sua dipendenza non viene meno con la tassa feudale, venuta meno
nel Settecento, quando viene fatto un omaggio, o chinea, definitiva che pone fine alla dipendenza.
Nella prima metà del 200, cento anni dopo l’istituzione del Regno di Sicilia, il trono è occupato da
Federico II che è al tempo stesso re di Sicilia e imperatore: tutta l’Italia è unita sotto il medesimo
sovrano. Federico II entra in contrasto con il papa, in quanto era un sovrano molto moderno
perché molto autoritario, e da esso viene scomunicato. Il papa dà dunque il Regno agli Angioini
che scendono con l’esercito, sconfiggono i figli di Federico II e prendono il Regno. Gli Angioini
vengono poi cacciati via dal popolo che si rivolta per le troppe tasse e vengono chiamati gli
Aragonesi: la Sicilia e Napoli sono ora divisi e sono due regni diversi. Il Regno di Sicilia rimane
caratterizzato da un governo centrale forte con un parlamento medievale caratterizzato dai tre
stati, mentre quello di Napoli sviluppa delle autonomie con un parlamento indipendente.
Successivamente i due regni vengono riuniti sotto la stessa dinastia degli Aragonesi (perché
l’ultima Angiò muore senza eredi), nonostante rimarranno sempre due regni distinti. Si sviluppa
una burocrazia centrale (apparato di uffici di governo) molto forte, specializzato ed efficiente.
Questo organismo ha anche un riflesso architettonico, in quanto si sviluppano molti edifici in cui si
esercitano le varie funzioni. Tutto l’apparato ha delle forme eclettiche, perché influenzato da
diverse tradizioni, araba, francese, greca: per esempio capo dell’esercito si chiama grande
ammiraglio, dall’arabo emiro; il gran logoteca, termine di derivazione bizantina (quindi greca) è
colui che si occupa dei calcoli matematici. Il Sud Italia è stato molto più avanzato e molto più simile
a quello che è successo nel resto del territorio europeo, rispetto al Nord e Centro Italia.
Lo Stato della Chiesa
Anche lo Stato della Chiesa ha delle caratteristiche che anticipano con delle riforme di governo gli
stati del Cinquecento. La posizione del prototipo del potere universale lo rende l’equivalente
dell’imperatore ma con dei poteri ancora più importanti e pieni: l’imperatore per poter governare
deve essere infatti legittimato dal papa. Questo si riflette nella posizione del papa come capo della
Chiesa in tre momenti importantissimi: quello della riforma gregoriana, ovvero la reazione degli
ambienti monastici che porta al primato della chiesa sull’imperatore, quello del Dictatus Papae, che
porta alla vittoria della Chiesa nella lotta alle investiture e afferma l’assolutismo papale, infine
quello della fine della cattività avignonese con cui si rafforza il potere della Chiesa. All’epoca delle
riforme albornoziane riforme con cui si ottiene che i signori feudali facciano un atto di
sottomissione al papa, dunque che regnano grazie a una concessione del papa. Questi grandi
feudatari della campagna laziale vengono chiamati vicari papali. Il papa inizia poi a stabilire una
corte cui chiama di esercitare dei compiti altamente retribuiti per distoglierli dal costituire nuclei di
potere che vadano contro il papa. Questa è una cosa che il re Sole fa soltanto nel Seicento,
dunque il papato è stato il modello degli stati moderni. Al tempo della cattività avignonese viene
perfezionato il modello di giustizia con l’istituzione della Sacra Rota: per la prima volta è
necessario avere la competenza per poter amministrare la giustizia, dunque il tribunale è
composto da giuristi che abbiano competenza. Oggi la Chiesa su questo sta tornando indietro: c’è
una riforma in atto dei processi di nullità canonica nei quelli i tribunali composti da giuristi vengono
sostituiti dal vescovo. Il Tribunale della Sacra Rota è il modello di tutti i tribunali supremi europei
successivi: in Francia ci saranno i grandi tribunali francesi che hanno il nome di parlamento (sono
a livello provinciale), in Italia gli stati sviluppano i propri tribunali (in Piemonte e a Milano ci sono i
senati, in Toscana le rote). Ogni stato elabora un supremo tribunale, che è un miscuglio fra
cassazione e Corte d’appello. Nasce quindi l’esigenza che la giustizia sia amministrata da giudici,
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che sono comunque nominati dai signori feudali, ma scelti fra i giuristi (prima amministrare la
giustizia era fonte di introiti per il feudatario). Lo Stato della Chiesa ha un altro tribunale, il tribunale
di grazia, perché il sistema di governo dell’antico regime prevede anche la possibilità di derogare
al diritto; dunque il papa ha il suo consiglio di esperti che gli dicono se è possibile derogare. Mentre
la Rota produce le proprie sentenze in via autonoma, i tribunali di grazia danno un proprio parere
al papa, che poi da esso viene firmato. I poteri di grazia sono talmente speciali e personali che
soltanto lui può firmare le relative decisioni.
Il Concilio di Trento rafforza nuova