Anteprima
Vedrai una selezione di 3 pagine su 10
Appunti di Storia Architettura Contemporanea: Parte Terza Pag. 1 Appunti di Storia Architettura Contemporanea: Parte Terza Pag. 2
Anteprima di 3 pagg. su 10.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di Storia Architettura Contemporanea: Parte Terza Pag. 6
1 su 10
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

MATT SUURONEN

L’idea di capsula abitativa trasportabile, continuò ad affascinare molti architetti. Nel 1968 l’architetto finlandese

Suuronen progettò la Futuro House, una capsula abitativa realizzata per un’industria chimica, che doveva avere un

uso prettamente pratico: una piccola dimora per le vacanze o un rifugio per sciatori con una capiente di massimo 8

persone. La Futuro House fu predisposta fin dall’inizio per la produzione seriale, realizzata con materiali plastico

rinforzato con fibre. Per questo motivo il suo peso totale era piuttosto basso, rendendo possibile il suo trasporto anche

in elicottero. In Finlandia ne furono realizzate 20 esemplari. Il prodotto fu lanciato nel mercato per una produzione di

massa, pubblicizzata nella stampa come prodotto molto versatile e combinabile (per realizzare abitazioni, bungalow..).

Tra il 1968 e il 1972 ne vengono realizzate 60, ma con la crisi petrolifera e il rincaro della materia plastica, il prodotto

divenne antieconomico e la società produttrice chiuse.

YONA FRIEDMAN (Budapest, 1923) è un architetto, designer e urbanista ungherese naturalizzato francese.

Divenuto celebre fra la fine degli anni cinquanta e i primi sessanta, cioè nella cosiddetta età della megastruttura.

Anche l’architetto ungherese Yona , si dedicò alla fine degli anni ‘ 50 a

Spatial City (58-59) è una città

progetti di città utopiche. La sua

sopraelevata su enormi strutture metalliche, in risposta alla necessità

della crescita demografica e urbana. Determina una griglia infrastrutturale

e qui la città viene letteralmente appesa in forma di blocchi sospesi con

diverse funzioni. Secondo tale progetto la città poteva sorgere ovunque,

anche sopra un’altra città. Inoltre la liberazione del suolo, determinava

inedite possibilità di mobilità e integrazione tra città e campagna.

INDIPENDENT GROUP (IG) . si è riunito presso l'Istituto di arte contemporanea (ICA) di Londra, in Inghilterra, nel

1952-55. L'IG consisteva di pittori, scultori, architetti, scrittori e critici che hanno voluto sfidare il moderno prevalente

per avvicinarsi alla cultura. Hanno introdotto la cultura di massa in dibattiti sulla cultura alta, il modernismo rivalutato

e creato l’ estetica dell’oggetto d’uso comune. A questo contesto appartiene anche l’Indipendent Group, un variegato

gruppo di artisti affascinati dal futurismo e dalla cultura popolare anti artistica, composto da:

Lo scultore Edoardo Paolozzi

- L’artista Richard Hamilton

- Gli architetti Alison e Peter Smithson

- Il fotografo Nigel Henderson

- Il critico d’arte Lawrence Alloway

- L’artista John Mchale

-

Ciò che accomunava le diverse personalità del gruppo era la presa di distanza da una visione artistica modernista. I suoi

componenti propongono mostre e conferenze che vertono sui temi scientifici e filosofici non accademici, legati ad una

lettura dinamica della realtà. Da questi incontri emerge un’attitudine avanguardistica: il recupero e l’assemblaggio dei

materiali deformi, tratti per lo più dalla pubblicità del repertorio scientifico e tecnologico e da contesti non convenzionali.

Introdussero all’interno della cultura e dell’arte gli oggetti (e lo stesso concetto) di uso comune quotidiano, dalla definizione

del critico Bauham, sostenitore del gruppo, tutto ciò che è sintetizzabile come ‘’ new brutalism’’ o ‘’imageability’’ (ossia

traducibile in immagini). Per questo sono considerati i precursori della Pop Art. L’attività del gruppo culmina nel 1956 con

l’evento This is Tomorrow, una mostra allestita alla White chapel Art Gallery di Londra, organizzata in realtà come 12

mostre autonome di diversi gruppi in compartizioni. Già dal titolo è chiaro l’ambito a cui la mostra intende rivolgersi:

l’esplosione di un futuro che bussa ormai alla porta. La mostra si concentra sui temi legati alla tecnologia, alla fantascienza

e un’ironica considerazione delle pubblicità e del consumismo. Tra le immagini proposte ,le più emblematiche sono quelle

del robot Robbi del film ‘’il pianeta proibito’’, che come un moderno King Kong tiene tra le braccia la bionda Arwe Francis,

e il graffiante collage di Hamilton dove in un salotto bianco di una tipica casa inglese, viene perturbato dalla presenza delle

icone della mitologia quotidiana: un body building, una pin up, una grande confezione di carne in scatola, un aspirapolvere

e magnetofono a bobine. Il domani che avanza si ammirava come prodotto di un lungo consumo a basso costo transitorio;

in esso profeticamente scompare qualsiasi distinzione gerarchica tra cultura alta e bassa. Alla mostra gli Smithson

realizzano il PATIO A PAVILION, un padiglione assemblato con elementi industriali, assi in legno, lastre in plastica

ondulata, fogli di alluminio, una capanna che emblematizza il bisogno umano del riparo (una capanna primitiva).

Idealmente connessa ai temi della mostra del ’56,è la House of the Future, realizzata dagli Smithson alla mostra realizzata

dal giornale del Daily Miail. L’allestimento era costituito da soli interni della casa, con curve superfici modellate da resina

plastica. Le stanze fluivano una dentro l’altra, come compartimenti di una grotta con al centro dello spazio un giardino.

CEDRIC PRICE (34-2003) Cedric Price era un eccentrico. Immaginava opere smontabili e temporanee quando ancora

l'architettura non si chiamava pop-up. La sua soluzione al problema del buon costruire era il saper non costruire. Pensava

l’architettura come impermanente, temporanea e flessibile al cambiamento, in onda con le esigenze variabili del benessere

sociale. Si dice che era un tipo giocoso, irriverente e anche spiritoso, spesso preso poco sul serio per questo. Le sue

provocazioni avevano invece solidi fondamenti teoretici nel far passare un messaggio di forte impatto sociale: comunicare

l’architettura come azione liberatrice che migliora la vita dell’uomo; far pensare l’impensabile alla gente comune; stimolare

l’oltre anche nelle abitudini della vita di tutti i giorni; mostrare l’architettura come mezzo per alimentare il cambiamento, la

crescita intellettuale e lo sviluppo sociale. Negli anni Sessanta, Price immagina l’architettura a impatto zero, quella che

oggi chiamiamo sostenibile. Nel 1964 progetta la Potteries Think Belt, una specie di Università mobile per 20.000 studenti,

localizzata sul nodo ferroviario di un’area industriale dismessa, con le sale nelle carrozze dei treni, aule gonfiabili e un

programma finalizzato all’apprendimento democratico diffuso e alla crescita economica. Nel 1985, nella proposta per la

riqualificazione di South Bank a Londra, penserà, in tempi non sospetti, a una ruota panoramica sul Tamigi, o a un ponte

pedonale temporaneo di connessione con la stazione.

Price era un visionario, utopico quanto Archigram o Buckminster Fuller, suo amico e mentore. Radicale nelle proposte,

spesso troppo ambiziose e vaghe da poter essere realizzate. Architetti e artisti come Richard Rogers, Rem Koolhaas o

Rachel Whiteread si dichiarano ispirati da Price nelle intuizioni rivoluzionarie dei primi lavori.

Quanto tutto ciò sia riconducibile alla potenzialità di Fuller, è evidente anche per i protagonisti delle avanguardie

architettoniche britanniche. Cedric Price, estimatore e collaboratore di Fuller, progettò un edificio denominato FUN

PALACE (59-65) uno studio mai realizzato che ebbe grande successo. Si trattava di una grande struttura metallica, in

un’impalcatura reticolare contenente al suo interno gru e

carrucole, che permettevano di muovere pareti, pavimenti,

soffitti scorrevoli mentre ascensori, scale, mobili, tapis

roulant e display luminosi completano la complessa

apparecchiatura architettonica, fondata nell’organizzazione

di attività potenziali che di spazi e funzioni reali.

Il progetto nacque dall’incontro dell’architetto con un regista,

Joan Littlewood, che si occupava di teatro sperimentale, e

che desiderava uno spazio altamente flessibile per le sue

performance. Un luogo dove gli spettatori si sentissero parte

dello spettacolo, un centro di intrattenimento flessibile che funzioni 24 ore su 24, spazio concepito letteralmente come una

macchina, concetto altamente innovativo degli anni ’50. Si trattava di un enorme edificio capace di ospitare 55.000 persone

e costruito secondo la visione di un tempo pragmatico, per auto distruggersi nel corso di un decennio. Lo stesso Price si

definì un anti architetto, che voleva costruire un anti edificio.

ARCHIGRAM

In Inghilterra questa visione futuristica ed utopica dell’architettura, viene ereditata da Archigram, un gruppo di giovani

architetti il cui nome deriva dall’unione delle parole architettura e telegramma (o fotogramma), ed esprime l’urgenza

comunicativa del fare architettura. Gli Archigram raccolsero le sollecitazioni dell’utopia tecnica e la riconvertirono in utopia

ludica, come nel caso del Fun Palace di Price, insieme a diversi stimoli provenienti dalle profonde trasformazioni sociali e

culturali che caratterizzano gli inizi degli anni ’60. Il gruppo è composto da:

David Greene

- Peter Cook

- Michael Webb

- Warren Chalk

- Dennis Cropton

- Ron Herron

-

Nel 1961 il gruppo creò l’omonima rivista Archigram, di cui uscirono in totale 9 numeri, uno all’anno; e alla cui grafica

informale e pullulante di riferimenti pop e underground, affidarono le loro dichiarazioni di intenti. ‘’Deve sorgere una nuova

generazione architettonica, con le forme e gli spazi che sembrano rispettare i precetti del moderno, malgrado di fatto li

mantengono. Noi abbiamo scelto di andare al di là dell’immagine del Bauhaus in rovina, che è un insulto al funzionalismo’’.

La rivista in cui convergono risonanze futuristiche, fantascientifiche e fumettistiche, dà voce alla loro polemica contro la

banalità dell’International Style degli anni ’50 e ’60, definita ‘’ architettura delle buone maniere ma senza fegato..’’.

Contro il repertorio banale dei modelli degli anni ’30, fanno quindi qualcosa di simile agli Smithson, anche se il tipo di

architettura e rappresentazione è ben diverso. Giocano molto con le immagini dei fumetti, hanno una visione positiva della

del consumismo e hanno un ottimismo, tipico della cultura pop. Si ispirano ai lavori di Lichtstein e affidano al fumetto il

compito di spiegare la loro visione. Il linguaggio espressivo adoperato nel loro disegni è un misto tra immagini fumettistiche

e raffigurazioni inglesi di fine ‘800. Nel 1963 vengono invitati ad allestire una mostra denominata LIVING CITY, all’istituto

di arte contemporanea di Londra, lanciati da Bauham come promotori di una nuova architettura; suddivisa

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
10 pagine
1 download
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/18 Storia dell'architettura

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher archifra di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia e metodi dell'architettura e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università della Sicilia Centrale "KORE" di Enna o del prof Baglione Chiara.