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DECOSTRUTTIVISMO

Nel 1988 il MOMA organizza la mostra ‘’decostructisvist architecture’’, curata da Philipp Jonhnsons e dallo storico

e critico Mark Wigley. Nella prefazione al catalogo, Jonhson sottolinea che il decostruttivismo non è uno nuovo

stile ma un movimento, esso è legato alle forme della stagione avanguardistica sovietica del costruttivismo degli

anni ’20 e ’30. Secondo Wigley, invece, l’architettura decostruttivista non rappresenta solo una distinzione formale

ma un interrogazione sulla forma, che a partire dai volumi puri della tradizione architettonica moderna ne fa

emergere le impurità. Nel fare ciò tutti i progetti della mostra impiegano strategie formali sviluppate

dall’avanguardia russa dei primi decenni del XX secolo. Per Wigley il costruttivismo russo costituì un punto di

svolta in cui la tradizione architettonica venne sovvertita così radicalmente da opporre un varco attraverso il quale

alcune possibilità progettuali divennero per la prima volta visibili , ma la possibilità radicale non fu poi proseguita.

Questi progetti e i loro architetti riaprono ora quel varco.

-PETER EISENMAN Sono i 7 autori, le cui opere selezionate da

-FRANK O GEHRY Jonhson e Wigley, riprenderebbero e

-ZAHA HADID

-COOP HIMMELBLAU porterebbero alle estreme conseguenze le

-REM KOOLHAAS potenzialità inesplorate delle avanguardie

-DANIEL LIBESKIND storiche.

-BERNARD TSCHUMI

Le diversità delle loro provenienze non deve far perder di vista ciò che li accomuna : Koolhaas, Hadid e Tschumi

sono legati alla Architecture Association School di Londra; Eisenman, Libeskind e lo stesso Tschumi sono in

rapporto con la Cooper Union di New York. In entrambi i casi le scuole forniscono il terreno fertile per una

riconsiderazione in chiave progettuale delle avanguardie degli anni ’10 e ’20. Come nel caso dei Five è evidente

che la mostra sia più una manovra strategica architettata da Jonhson per porre sotto i riflettori alcuni architetti a

lui cari, più che una costruzione critica vera e propria. Le differenze tra le opere degli architetti prescelti sono

infatti di gran lunga maggiori delle somiglianze. C’è tuttavia un altro aspetto che si sovrappone ai precedenti e

che fruisce per acquisire un’importanza inattesa : l’uso del termine decostruttivismo in relazione/contrapposizione

con quello di costruttivismo, ma evidentemente connesso al termine decostruttivismo usato dalla critica letteraria

e filosofica. Il suo primo impiego risale all’inizio degli anni ’70 da parte di filosofi come Jacques Derrida e Jean

Francois Lyotard, e si riferisce alla constatazione dell’impossibilità di interpretare in modo univoco un testo; nel

medesimo testo possono emergere stati di significato molteplici, anche in contraddizione tra loro, tutti comunque

ugualmente possibili. I primi contatti tra decostruttivismo critico-filosofica e architettura sono stabiliti da Beranrd

Tschumi, per il qaule Derrida scrive un testo in occasione della realizzazione del Parc de La Vilette a Parigi, e da

Peter Eisenman che con Derrida collabora al progetto per un intervento nello stesso parco di Tschumi.

Per Tschumi, architetto franco-svizzero, l’architettura ha una spiccata matrice concettuale e letteraria. I suoi primi

lavori costituiscono una verifica delle condizioni in cui essa può sussistere esclusivamente nella dimensione della

rappresentazione autonoma rispetto ad ogni riferimento. Al centro di questa operazione ipotizza una

fondamentale distinzione tra forma, uso, evento e significato. La sua architettura accoglie così il disordine, le

collisioni e l’imprevedibile. Nel concorso del Parc De La Villette a Parigi (1982-98) il suo programma prevede la

sovrapposizione di tre sistemi indipendenti : 1) i punti, padiglioni cubici disposti secondo una griglia regolare e

sottoposti a molteplici operazioni e combinazioni volumetriche; 2)le linee, un sistema di percorsi rettilinei e curvi

che si intersecano tra loro e collegano le varie

aeree del parco; 3)le superfici, figure

geometriche piane che definiscono zone con

differenti funzioni. Le citazioni di linee ,punto e

superficie di Kandiscki e il riferimento per i

padiglioni a certi edifici temporanei del

costruttivismo russo, costituiscono i punti di

partenza del progetto. Il parco si configura

come un teatro di eventi che solo nella

dinamica del loro uso possono compiere la loro

funzione. Il Parco della Villette, in francese

Parc de la Villette, è uno dei più grandi parchi

di Parigi, che si estende per 55 ettari tra la

Porte de la Villette e la Porte de Pantin. Situato

in posizione periferica, nella zona orientale di Parigi, il parco fu progettato dal famoso architetto svizzero Bernard

Tschumi e inaugurato nel 1991. Questa meravigliosa area, che sorge in una zona in cui originariamente si trovava

l’unico mattatoio della città, rappresenta una interessante attrazione sia dal punto di vista architettonico che

culturale e scientifico, infatti, include: Cité des Sciences et de l'Industrie, il più grande museo della scienza in

Europa; Géode, la celebre sala di proiezione semisferica; Cité de la musique, un museo di strumenti musicali con

una sala da concerto e sede del Conservatorio; lo Zénith, un’arena con 6300 posti a sedere; la Grande Halle,

spazio dedicato a fiere ed eventi; la Philharmonie de Paris, una sala da concerto sinfonico con 2.400 posti a

sedere. Questo modernissimo parco comprende dei magnifici giardini a tema abbelliti da originali opere e aree

destinate ai bambini. Tra i giardini tematici, ideali per chi vuole trascorrere qualche ora all’insegna del relax e del

gioco, risaltano il Jardin du Dragon, molto amato dai più piccoli, con un grande drago d'acciaio che dispone di

uno scivolo di 80 metri, e il Jardin de Bambou, progettato da Alexandre Chemetoff, vincitore nel 2000 del Grand

Prix de l'urbanisme. Il ricordo alle geometrie frastagliate, irregolari, squilibrate che mette in crisi la coerenza

dell’edificio è alla base dell’intervento della Coop Himmerblau all’ultimo piano dell’Edificio in Falkestrasse a

Vienna (1983-88); all’interno dell’edificio ottocentesco, Prix e Swiczinsky , operano una sorta di distinzione e

reinterpretazione della copertura, sotto la quale è collocata la sala riunione di uno studio legale. Il tentativo

attraverso la disarticolazione della continuità dei diversi

elementi e l’esplosione delle parti del tetto, è di

mostrare la relatività della consueta verità

architettonica, fondata sull’ortogonalità, complanarità,

regolarità e simmetria. Con tale drammatizzazione

della frammentazione del testo-tetto il decostruttivismo

architettonico si limita tuttavia ad assumere gli aspetti

più superficiali della decostruzione filosofica; un gesto

più provocatorio che non analitico o critico. Durante la

progettazione, abbiamo immaginato un fulmine

invertito e un arco teso. Questo arco teso creazione è

sia la spina dorsale d'acciaio del progetto che la sua

postura. Le superfici vetrate aperte e le superfici

chiuse, piegate o lineari del guscio esterno controllano

la luce per consentire o limitare la vista.

Entrambi i sensi di vista, dall'esterno che dall'interno

definiscono la complessità delle relazioni spaziali della

costruzione. Il sistema costruttivo differenziata e di

differenziazione, che è un incrocio tra un ponte e un

aeroplano, traduce l'energia spaziale in realtà

costruttiva. Il progetto è costituito su due piani, con

un'altezza di 7,80 m, e con una zona pianeggiante di

400 m². Ciò che emerge dal lavoro della Coop

Himmerblau è lo sforzo di adottare un linguaggio fatto di frantumazione di forme e di scivolamenti di volumi ad

ogni contesto, alla disperata ricerca di un quarto d’ora di celebrità. Ben più fondato è il discorso di Peter

Eisneman; a partire dagli anni ’80 le speculazioni concettuali da lui condotta nel corso dei 20 anni precedenti sui

linguaggi del primo modernismo, vengono fatte interferire con altre griglie teoriche che si sovrappongono alle

prime, disturbandone la logica. E’ rilevante come ciò avvenga in coincidenza con l’apertura del suo studio

professionale, in un significativo passaggio dall’attività teorica, che può anche avere esiti costruttivi, ad una attività

costruttiva che produce anche teoria. Interessante è il rapporto che egli instaura tra teoria e progetto, se il progetto

è spesso presentato come emanazione diretta della teoria, esso però non manca al tempo stesso di rivendicare

la propria autonomia nei confronti di questa.

Wexner Center For The Visual Arts a Columbus (1983-89) compaiono per la prima volta i segni di interazioni

Nel

apparentemente incontrollate e casuali tra griglie non congruenti tra loro. E’ stato realizzato su progetto di Peter

Eisenman . Il nome del centro deriva da Harry Wexner, presidente e fondatore della Limited Brands oltre che

suo principale benefattore. Il Wexner Center contiene laboratori di ricerca per vari ambiti artistici, alloggi per gli

artisti, sale per le esposizioni e per le arti connesse ai media (per il montaggio di film e video). All’interno del

campus dell’università di Columbus, il nuovo edificio destinato all’esposizione di arte contemporanea, rifiutati i

lotti disponibili e l’arretramento del campus, si insinua nello spazio ristretto tra gli edifici preesistenti, allineandosi

alla maglia stradale della città. Il tridimensionale reticolo metallico che ne segna l’andamento (trasposizione di

quello impiegato da Terragni

in casa Giuliani-Frigerio)

forma una sorta di Galleria

aperta di connessione tra i

volumi costruiti. Le

sconnessioni profonde che

Eisenman impone alle

forme, è ulteriormente

sottolineato nell’inserimento

ad un’estremità

dell’intervento dell’elemento

storico del bastione in

mattoni della vecchia armeria, sezionato e frammentato secondo una logica che ribadisce la volontà di

contestualizzare e spiazzare. Nel 1988 Eisenman ha concluso il suo progetto di ampliamento dell'Aronoff Center

di Cincinnati, cercando di rispondere ad una doppia esigenza: riorganizzare gli spazi della facoltà e poi edificare

altre attrezzature (biblioteche, sale mostre, teatri e così via). Il discorso di Eisenman compie un ulteriore

avanzamento nell’Aronoff center for design and art all’Università di Cincinnati (1988-96), dove la configurazione

dell’edificio è generata individuando lo spazio interstiziale che si crea tra le ripetizioni dello schema planimetrico

del fabbricato esistente, progressivamente ruotato su se stesso secondo una serie di operazioni che discendono

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Publisher
A.A. 2017-2018
37 pagine
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SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/18 Storia dell'architettura

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher archifra di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia e metodi dell'architettura e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università della Sicilia Centrale "KORE" di Enna o del prof Baglione Chiara.