vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
GOFFMAN E LA SOCIOLOGIA COME METAFISICA DELL’OVVIO
Erving Goffman è stato un sociologo canadese naturalizzato statunitense. La
sua produzione è ASISTEMATICA ma c’è un filo conduttore che attraversa le sue
rituale
opere = interesse per la costruzione del SE. Nelle sue opere sono
1
evidenti molte influenze ma vani sono stati i tentativi di racchiudere il suo
pensiero in un unico modello teorico.
Quello di Goffman è un APPROCCIO COSTRUTTIVISTA = per lui la società non è
un’entità astratta ma un insieme dei processi internazionali parziali.
Elemento fondativo della religione per Durkeim.
1 DALLA SCUOLA DI CHICAGO = riprende il metodo naturalistico (osservare
la realtà)
DA SIMMEL = riprende l’attenzione al dettaglio e l’approccio costruttivista
del sociale. Hanno in comune alcuni elementi teorici che potremmo
racchiudere nell’espressione APPROCCIO COSTRUZIONISTA AL SOCIALE.
DA DURKHEIM =Egli riprende da Durkheim non la metodologia ma il
CULTO DELL’INDIVIDUO il quale riguarda l’effetto che provoca l’elemento
rituale conferendo sacralità all’individuo. Hanno però un piano analitico
differente:
-Goffman è un MICROSOCIOLOGO e analizza l’ORDINE INTERAZIONALE, ovvero
le relazioni che si svolgono in maniera regolare. Definiva il suo interesse per
l’interazione umana come un’INTERAZIONE SENZA AGGETTIVI. Sostiene che
le singole interazioni si costituiscono attraverso una combinazione di regole
indipendenti dai fattori macrostrutturali. L’interazione diventa un luogo dove
esibiamo e costruiamo il nostro sé, secondo dinamiche rituali precise che
l’individuo percepisce come fatti sociali esterni.
-mentre Durkheim analizza i MACROFENOMENI e L’ORDINE SOCIALE.
Goffman andava contro le convenzioni suscitando polemiche fra gli
intellettuali. Il suo stile mostra un disinteresse per gli aspetti rituali dell’essere
intellettuale , mentre mostra un interesse per la RUOTINE QUOTIDIANA; in
poche parole a lui non interessano i grandi rituali ma la banalità della vita
quotidiana. Il suo obiettivo è quello di individuare le dinamiche rituali tipiche
dell’interazione, che l’individuo tenta di gestire al meglio per offrire
un’immagine di sé idonea al contesto. Per D il SENSO COMUNE è oggetto di
studio indiretto, per G è una fonte diretta da cui attingere informazioni quindi
non abbiamo uno scienziato impegnato nell’analisi dei grandi fenomeni ma
immerso nell’osservazione della realtà Goffman quindi decontestualizza il
METODO NATURALISTICO inserendolo per osservare la vita quotidiana. Il
Everett Hughes
sociologo fu il suo maestro e da lui riprende la TEORIA DELLA
PROSPETTIVA DELLE INCONGRUENZE = possibilità di accostare le categorie
incongrue; non tener conto dei macroelementi della società. Riprende una
strategia volta a decontestualizzare l’oggetto di studio dal suo contesto
naturale negando le gerarchie sociali. Hughes lo fa nell’ambito della
SOCIOLOGIA DEL LAVORO, effettuando un’analisi dei cicli professionali
considerando allo stesso modo occupazioni di prestigio e degradanti.
Goffamn invece utilizza questa prospettiva per creare uno straniamento
rispetto a ciò che viene dato per scontato. “LE FORME ELEMENTARI
Goffman tenta di inserire l’ipotesi fatta da Durkeim nel
DELLA VITA RELIGIOSA”, rielaborando quindi in modo creativo la tradizione
durkeimiana in quando rielabora il CONCETTO DI CULTO DELL’INDIVIDUO che
ricercherà nelle regole di DEFERENZA e CONTEGNO, negli attributi cerimoniali
della quotidianità. Per Goffman il confine tra SACRO e PROFANO è inerente alla
nostra identità; L’IO per lui non esiste, non è presente nell’Ordine Interazionale.
DEFERENZA = riguardo che abbiamo nei confronti degli altri.
CONTEGNO = regolamentazione del proprio corpo, comportamento
cerimoniale effettuato per dimostrare di possedere qualità desiderabili.
Ogni RUOLO è un insieme di AZIONI TIPICHE. Goffman non è un
INTERAZIONISTA SIMBOLICO ma crede che L’ATTORE SOCIALE faccia propri,
altri particolarizzati,
attraverso la socializzazione, una serie di ovvero un
gran numero di comportamenti e norme che fungono da guida per le singole
interazioni. L’ordine quindi si basa su ciò, cioè su qualcosa di particolare e
diffuso che diamo per scontato. Noi possediamo un Sé e siamo continuamente
costretti a dimostrarlo attraverso diritti, doveri, obblighi morali e impliciti nel
Ruolo. È per mezzo del ruolo che ci presentiamo al mondo perché esso ci
conferisce l’appellativo di PERSONE. la socialità riveste di coerenza le nostre
passioni, le organizza in schemi e strutture aventi un senso. È quindi la socialità
che ci rende individui particolari e ci crea una personalità. Studia inoltre le Il
pratiche cerimoniali della vita quotidiana che conferiscono sacralità al SE.
soggetto senza la società non è altro che un ammasso di istinti contraddittori.
Per l’Interazionista Simbolico invece il RUOLO è un insieme di diritto e doveri.
LA VITA
METAFORA TEATRALE presenta nell’opera “
QUOTIDIANA COME RAPPRESENTAZIONE ” Facciata
Per G più un interazione è occasionale, più intenso sarà il lavoro di “ ”
che terrà impegnato il soggetto affinchè essa vada a buon fine. Il problema
morale diviene un problema di adeguatezza situazionale, di mantenere in vita
ciò che comunemente crediamo sia la normalità di un incontro, rapporto o
cerimonia. G crea nel lettore un senso di straniamento nei confronti di una
realtà ovvia, dove il soggetto sembra muoversi ma della quale ignora gli
elementi costitutivi. Cerca di tematizzare il processo di costruzione simbolica e
rituale del Sé. In quanto soggetti interagenti, siamo tutti trafficanti di moralità.
Il Sé è come frutto di una costruzione scenica dove il soggetti si muove. La
metafora teatrale non è un’analogia ma un approccio alla realtà, in quanto
chiarisce le discordanze tra gli elementi spontanei della vita vera contrapposti
alla finzione del teatro, volta a compiacere il pubblico. Nella vita vera le parti
che siamo obbligati a rivestire non son ben preparate e il pubblico spesso è
inesistente o fittizio perché non è seduto a godersi lo spettacolo, ma è
anch’esso sul palcoscenico come parte integrante della commedia.
Quello di G non è un HOMO OECONOMICUS, incline al calcolo ed abile stratega;
il suo intento è quello di evidenziare quanto anche la nostra espressione più
sincera abbia la necessità di accordarsi con ciò che viene inteso come
SINCERITA’. Insegniamo quotidianamente le nostre verità e pretendiamo che
siano percepite come tali e le MASCHERE che utilizziamo per farlo fanno parte
dell’IO. Salta quindi qualsiasi contrapposizione tra APPAENZA DEL RUOLO e
REALTA’ DELL’IO.
Ogni sistema di azioni è una rappresentazione di ciò che vogliamo o crediamo
di essere. Nell’osservazione di tutti quei meccanismi relazionali G non vuole
solo dimostrare che le cose molto spesso non sono come sembrano, ma vuole
anche dimostrare che la ritualità non è un’esclusiva delle cerimonie ma si
trova anche nell’ordinario. Tutto, dall’ambientazione al set espressivo,
contribuisce a far si che l’Attività svolta e l’attività Tentata non si
contraddicano. È dalla necessità di adeguare il nostro comportamento in
pubblico e di accordare di continuo la nostra facciata che nasce la ricerca di
risolvere il dilemma esistenziale tra ESSERE e APPARIRE.
Il SENSO COMUNE quindi per Goffman è il terreno solido su cui ognuno di noi
cammina quotidianamente ed è ciò che rende prevedibile agli altri il nostro
modo di vestirci, parlare ecc…è quella base che conferisce un grado di
immediatezza alle nostre consuetudini giornaliere (SCHUTZ = “SOSPENSIONE
DEL DUBBIO”).
La normalità di una routine è un costrutto sociale prodotto dal WORKING
CONSENSUS (CONSENSO OPERATIVO) prodotto localmente.
Goffman spoglia la realtà dalle false ovvietà che interferiscono nella nostra
percezione del mondo, attraverso un metodo di ricerca del naturalismo della
scuola di Chicago.
Il ricercatore diventa uno SPETTATORE IMPEGNATO delle regole e dinamiche
delle situazioni ordinarie:
Rifiuta metodi della sociologia accademica
È in linea con l’etnometodologia
Evidenzia come il concetto di scientificità non sia legato all’attendibilità dei
risultati ma all’uso di metodi rappresentativi specifici di quel contesto d’azione.
Per G l’utilizzo di un’OSSERVAZIONE ETNGRAFICA e NATURALISTICA consente di
mantenersi il più possibile fedeli al fenomeno studiato, mantenendo una
posizione intermedia che eviti un eccessivo distacco dagli eventi in corso ed un
eccessivo coinvolgimento.
Egli preferisce guardare il fenomeno studiato per poter poi effettuare delle
interpretazioni che tengono conto non solo di ciò che è scientificamente
provabile , ma anche della conoscenza presente in ogni situazione sociale.
Mette in discussione il concetto di scientificità e replicabilità dei risultati.
Questo spiega l’utilizzo strumentale che fa dei suoi concetti e che non
serviranno per creare una teoria ma per effettuare spiegazioni volte a chiarire
aspetti di un fenomeno. Goffman raramente riprende i suoi concetti nei lavori
successivi ma ciò non implica il loro abbandono.
UN FATTO SOCIALE è ANCHE MORALE.
COERCITIVITA’ = Data dalle norme, obbliga togliendo la libertà.
DESIDERABILITA’ = persone che cercano di comportarsi in modo idealistico,
cioè adeguandosi alla norma, per sembrare “normali”.
La nascita del CONCETTO DI INDIVIDUO è legata alla NASCITA DELLA
MODERNITA’ (‘500 fino ai primi del ‘900, termine utilizzato come
CONTEMPOANEITA’ legato alla Rivoluzione industriale, alla nascita degli Stati
Nazione , del diritto e della riforma protestante).
Il soggetto ha una credenza ben radicata e si muove nella società come se
possedesse un IO, che in realtà non è altro che un emersione della società.
RAPPRESENTAZIONE NON è FINZIONE = DILEMMA TRA ESPRESSIONE e AZIONI.
Chi ha il tempo di effettuare azioni non ha il tempo di rappresentarle.
Tutte le regole strumentali hanno qualcosa di CERIMONIALE, proprio per cercare
di rappresentare l’azione nella maniera più credibile. Ma non tutt