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Il contributo di Weber alla religione
Weber pubblica nel 1905 "L'etica protestante e lo spirito del capitalismo". È uno dei grandi classici del pensiero di Weber, una ricostruzione storica della revisione della nascita del capitalismo. Weber va a vedere quali sono le radici del capitalismo, e le trova indietro nel tempo, esattamente nell'Umanesimo. Le trova in particolare nell'epoca protestante.
La tesi di fondo è che ci sia un'attività elettiva tra due elementi che non sono necessariamente affini, che ha consentito al capitalismo di affermarsi nel Cinquecento, Seicento e Settecento cambiando pelle. Indica un rapporto prevedibile ma fortemente cooperativo tra due elementi che sembravano lontani. Prendendo le distanze dal pensiero di Marx, Weber va a rivedere le radici dello spirito del capitalismo, qual è il ruolo che viene giocato dalla religione. Per cosa si intende spirito del capitalismo? Weber riprende da saggi, manuali,
Diari pubblicati come il testo di Benjamin Franklin (filosofo, economista, pensatore del Settecento, uno dei padri del capitalismo, che razionalizza nel suo pensiero economico alcune leggi di fondo che avremo chiamato poi capitalismo): "ricordati che il tempo è denaro", il denaro è buono, che genera qualcosa di buono, la borsa di uno è la borsa di tutti.
In quest'opera mette al lavoro il suo metodo, è prima di tutto werstehen, cioè comprensione del capitalismo occidentale moderno come tipo ideale di agire sociale a carattere razionale rispetto allo scopo (che è il guadagno), formalmente pacifico (sta alle leggi), orientato all'aumento costante del capitale (è l'accumulo quello che spinge il capitalista a guadagnare), e basato sull'organizzazione razionale del lavoro libero (non schiavista).
Poi dà una spiegazione storica, cioè le condizioni storiche che spiegano la nascita del capitalismo.
occidentale moderno: hanno disponibilità di lavoro formalmente libero, lo sviluppo di mercati aperti (la merce che riesco a vendere), la separazione tra famiglia e impresa (scompare la figura tipica di bottega), e lo sviluppo di un diritto formalmente statuto (le leggi che regolano il sistema).
Se andiamo alla spiegazione sociologia, non basta quelle pre-condizioni, quelle cause o quei tratti di agire. Qui entra in gioco l'immaginazione sociologica, cioè la capacità di cogliere delle affinità tra fatti che sembrano separati, ma che invece si rivelano coerenti, collaborativi. L'affinità ideale tra lo spirito del capitalismo e l'etica calvinista: spirito del capitalismo è inteso come attitudine alla razionalità rispetto allo scopo applicata all'economica (l'ethos razionale, un certo modo di comportarsi, non perdere tempo e denaro, non sprecare parola che è denaro, finalizzato allo scopo, al guadagno) ed
è coerente con un nuovo sentire religione, un nuovo sistema di credenze, è fecondato dall’etica calvinista. Ci sono due principi di fondo:- La concezione di Beruf (= lavoro/professione), cioè l’esercizio mondano (=profano), dentro la logica profana del mondo, di una vocazione (laica), a cui sono chiamato in quanto realizzazione della mia vita, forma attraverso la quale si compie la mia chiamata, ciò per cui sono fatto. È l’indizio, è il segno della predestinazione.
- Quella vita mondana con il Beruf non è per il godimento, c’è invece una ascesi tra la forma di esercizio spirituale che è anch’essa intramondana, ma che ha orizzonte.., e quindi investo. Il surplus di ricchezza deve essere investito nel surplus stesso, non devo spenderlo per il godimento, l’ho prodotto per me, devo investirlo. Non devo accumularlo per me, per il piacere, per la bellezza, ma per quell’opera mondana che
corrisponde al Beruf.Accumulo e investo nell'impresa. Questo è il capitale.L'INDUSTRIA CULTURALE COME OGGETTO DELLA CULTURA
Riprendiamo alcuni autori come Marx, i pensatori della Scuola di Francoforte.Marx ha distinto struttura e sovrastruttura: nel materialismo storico sviluppato da Marx, la struttura è gestito dal rapporto dai modi e dai rapporti di produzione. La struttura determina secondo Marx la sovrastruttura, l'idea che morale, norme, regole, cultura, tutto ciò che è immateriale sia determinato dalla struttura materiale economica produttiva, che dipenda da essa. Questa sovrastruttura è secondo Marx, l'ideologia. Con il termine ideologia borghese Marx ha indicato quel modo di pensare, la forma complessiva di pensiero che giustifica i rapporti sociali esistenti, prodotti da un certo modo di produrre, tipicamente capitalismo e giustifica facendoli apparire normali, naturali, come dei dati di fatto, occultandone le loro
contraddizioni del sistema capitalista. Sono un modo posizionato per nominare la classe sociale, il modo in cui detiene il potere politico-economico, ma che viene sfacciata come oggettiva, senza alternative, l'unica possibile interpretazione del mondo. Quando anche le classi subordinate, il proletariato condivide l'ideologia di questo mondo, si determina quel modo che Marx chiama come falsa coscienza, l'adesione, il modo di interpretare che è contradditorio rispetto ai propri interessi della propria classe e che agisce come una coscienza che è falsa, esito di un inganno. Quando Horkheimer e Adorno cercano di capire da dove viene la falsa coscienza, come fa l'ideologia a costruire la falsa coscienza: hanno una serie di spiegazioni. La prima risposta era la personalità autoritaria come esito di un processo di socializzazione, indica una repressione del desiderio. Con Marcuse avevamo visto l'idea di una repressione delle pulsazioni legate allasensualità che trovano nella società liberale una forma di desublimazione, cioè una repressione sociale che agisce dando appartenente maggiore libertà e deprivando la sensualità personale.
Infine avevamo citato la nozione di industria cultura, con cui Horkheimer e Adorno descrivono un processo di industrializzazione della cultura, e mettevano in connessione questo processo di industrializzazione con l'aspirazione alla felicità, anche quelle masse popolari e borghesi che cercavano nell'industria cultura qualche illusione di felicità.
E ultimo pezzettino, avevamo visto come questo lavoro di analisi dell'industria cultura spostava l'attenzione sulla produzione capitalista, al consumo come un luogo analogo di alienazione, un luogo di una pseudo-felicità, di una falsa felicità, di un'illusione felicità. C'erano alcune condizioni che rendevano possibile ciò: un crescente materiale anche
Daparte dei ceti, quindi una disponibilità economica, disponibilità di tempo libero e quindi consumo come luogo tipico di questa pseudo-felicità. L'industria culturale come l'industria dell'intrattenimento. Con Horkheimer e Adorno vediamo la "Dialettica dell'Illuminismo": contiene 37 saggi, e uno di essi analizza i modi di consumare la cultura, che Horkheimer e Adorno hanno sotto gli occhi in America. Dagli anni 30 agli anni 40: osservano il momento storico della cultura della società americana. Sviluppano questa critica nei confronti di quella che definiscono l'industria culturale. Il termine dice che la cultura è nelle società capitaliste avanzate una branca dell'industria capitalista: è una produzione di simboli, storie, racconti, riti. Non è una forma di produzione artistica, non vede come soggetto principale l'uomo rinascimentale, cioè per eccellenza l'artista, ma
vede come soggetto il capitale che attraverso l'industria produce dei consumi, dei beni. Tutto ciò che veniva creato attraverso l'arte diventa un processo meccanico industriale che si iscrive dentro il regime. Cosa c'è dentro questo processo? C'è la tecnologia, autore delle creazioni, non ci sono più i pittori, i musicisti, gli artisti. Il gesto artistico perde il suo valore a riproduzione della meccanica. Ad esempio: la macchina fotografica. La riproduzione meccanica riproduce quante volte vuole. La sintonia di Beethoven è stato prodotto una volta, ora c'è la registrazione della sintonia che diventa una merce, sotto un prezzo. Non è una questione di valore del prodotto, ma il prezzo: la musica è diventata un bene di consumo. Tutto ciò svuota la nozione stessa di gusto: qui non serve più gusto, basta la moda. Non ha più rilievo i testi della letteratura, tutto quello che viene pubblicato.non è altro che un pre-testo dei messaggi pubblicitari. Si parla del profitto dell'editore, non è più una pratica volta all'elevazione spirituale ma volta al profitto. Il ruolo del pubblico in questa logica ha senso, ma dall'altra produce quel tipo di pubblico. Un pubblico di massa, che non ha gusto, deve semplicemente consumare quello che è di moda, che non deve essere in grado di produrre arte ma deve consumare, possibilmente in una logica escapista, la logica che mi fa fuggire dalla realtà, è frutto di evasione. Qui comprendiamo il nesso della falsa coscienza e l'industria cultura. L'evasione è quella falsa felicità che consente di non pensare ai beni, alle vere contraddizioni, alle vere questioni. Aderiscono all'ideologia che passa attraverso i prodotti dell'industria culturale, che sono prodotti dallo stesso capitale. Le caratteristiche dei prodotti dell'industria culturale. Produrrecultura è economicamente economico, bisogna paragonare il gesto creativo della vista nella lettura, al modo con cui gli sceneggiatori in batteria producono le sceneggiature dei film. Cosa molto meno e produce di più. Alcune caratteristiche:
- Gli standard, la standardizzazione dei prodotti culturali, ci sono dei tratti caratteristici che vengono ripetuti costantemente: ad esempio la durata di un film o di una musica sono standard. Le sceneggiature adottano dei standard. Tanto che sembra essere una catena di montaggio, produzione di film in serie.
- Un alto elemento tipico è l'happy end: ci spostiamo sul messaggio di consumo, l'amore romantico che porta felicità individuale. L'elemento tipico è lo spettatore sogno, che si identifica nei personaggi, che alla fine trovano l'amore della vita, si unisce al racconto pensando che esista la felicità.
Le conseguenze sociali dell'industria culturale:
- L'industria venga