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CODEX ALIMENTARIUS
Il gestito dalla FAO e dall’OMS (organizzazione mondiale della sanità)
stabilisce alcuni standard per i residui di tale sostanze, per le importazioni alimentari e i metodi
di campionamento alimentare.
Hazard Analysis Critical Control Point- analisi dei pericoli e dei punti critici
L’HACCP (
di controllo) è stato introdotto nell’ordinamento giuridico italiano dal Decreto Legislativo n
155/97, anche se di fatto è operativo solo dal 1999.
Il principio base dei criteri contenuti nella direttiva è l’eliminazione della possibilità che
vengano posti in commercio degli alimenti potenzialmente dannosi per la salute dell’uomo. Ciò
comporta, da parte di tutti gli anelli della catena produttiva una seria di misure per la
prevenzione e il controllo. Questa direttiva è riferita a tutti gli ambiti di produzione eccetto le
attività di produzione primaria, riguardando la preparazione, la trasformazione, la
fabbricazione, il confezionamento, il deposito, il trasporto, la distribuzione e la vendita al
consumatore di tutti i cibi e bevande.
I BENEFICI per l’industria alimentare che derivano dall‘applicazione del metodo HACCP sono:
La dimostrazione di tutte le precauzioni prese per prevenire una situazione di pericolo
per il consumatore
Approccio orientato alla prevenzione per la produzione di prodotti alimentari sicuri
L’applicazione del concetto di HACCP è efficiente sotto il profilo dei costi
Focalizza le risorse su quelle parti del processo che sono critiche per garantire prodotti
sicuri
Può ridurre le perdite di prodotto dovuti a sprechi
Fiducia nel commercio alimentare e stabilità negli affari
Può facilitare la progettazione e la costruzione di nuovi impianti ed apparecchiature per
la produzione alimentare, mediante la previsione dei pericoli potenziali e il suggerimento
di misure di controllo
I 7 PRINCIPI definiti nel Codex Alimentarius
1. Effettuare un’analisi dei rischi
2. Identificare i punti critici di controllo CCP
3. Stabilire i limiti critici per ogni CCP
4. Stabilire un sistema di monitoraggio che permetta di tenere sotto controllo i CCP
5. Stabilire le misure correttive da prendere quando il monitoraggio rileva che un CCP è fuori
controllo
6. Stabilire ed applicare delle procedure di verifica per accertarsi che il sistema HACCP
funzioni efficacemente
7. Costruire un dossier nel quale figurino tutte le procedure e tutti i dati pertinenti con questi
principi e la loro messa in pratica
Punto Critico di Controllo CCP- è una qualunque operazione, passo o procedura dove è
necessario predisporre un controllo al fine di eliminare, prevenire o ridurre a livelli accettabili un
pericolo per la sicurezza dell’alimento. Per l’individuazione dei punti critici di controllo si
suggerisce l’applicazione della tecnica ad albero delle decisioni. In genere vengono distinti due
tipi di CCP
CCP 1: in corrispondenza del quale le misure di controllo sono tali da eliminare
completamente il pericolo
CCP 2: le misure di controllo sono tali da minimizzare il pericolo senza però garantire
necessariamente una sua eliminazione.
In genere sono 5, come minimo, i punti critici di base da controllare
Ricevimento delle materie prime
Temperatura di stoccaggio degli alimenti deperibili
Tempi di stoccaggio
Igiene delle superfici degli ambient e delle attrezzature
Controllo del prodotto finito
LE FASI DI REALIZZAZIONE DI UN SISTEMA HACCP
FASI PRELIMINARI
Costruzione dell’HACCP team
o Descrizione dell’alimento e della sua distribuzione
o Identificazione dell’uso e del consumatore
o Sviluppo del diagramma di flusso
o Verifica del diagramma di flusso
o PRINCIPI/AZIONI
Identificazione dei pericoli potenziali (rischio chimico, biologico e fisico)
o Determinazione dei CCP del prodotto
o Determinazione dei limiti critici per ogni CCP
o Determinazione del sistema di monitoraggio dei CCP
o Determinazione delle azioni correttive in caso di rischi
o Determinazione delle procedure di verifica del sistema
o Determinazione della documentazione dei dati del sistema
o FASI ATTUATIVE
Realizzazione del piano HACCP
o Riesame del piano HACCP
o
I SETTE STRUMENTI STASTICI
1. Il foglio raccolta dati: è il modulo che permette di disporre dell’esatta fotografia della
situazione di cui i dati forniscono oggettiva evidenza. Esso contiene tutti gli elementi
necessari per la rilevazione: chi, chi, come, quando e la griglia dove disporre i dati. La
struttura del foglio raccolta dati dipende dalla situazione che si deve rappresentare. La
raccolta dei dati deve essere fatta con estrema cura. Solitamente i dati raccolti
appartengono ad una di queste categorie: dati numerici discreti (numero di difetti,
percentuale difettosità ecc); dati di misura continui (lunghezza, peso, diametro ecc), dati
derivanti da ordinazioni in sequenza, dati derivanti da scale di punteggio e dati di merito
relativo.
2. L’istogramma: è uno strumento grafico che permette di avere una visione completa e
sintetica dei dati raccolti. Esso associa ad ogni classe la sua frequenza. Le classi sono
rappresentati attraverso rettangoli di egual base le cui altezze sono proporzionali alle
frequenze. L’aspetto più comune dell’istogramma la cui variabile presenta un
comportamento corretto, è quello a campana o la c.d. distribuzione gaussiana in cui: la
media della variabile si trova in posizione centrale rispetto ai dati e corrisponde alla classe
che presenta la frequenza maggiore; la frequenza decresce in modo simmetrico verso le due
estremità. Alcuni istogrammi che presentano delle anomalie e dunque delle non- conformità
del sistema sono: pettine, bimodale, asimmetrico, a precipizio.
3. Il diagramma causa-effetto: chiamato anche diagramma di Ishikawa o diagramma a
lisca di pesce, permette di avere una visione chiara e precisa delle relazioni esistenti tra una
caratteristica qualitativa (effetto) e i fattori (cause) che la determinano o che ne hanno
influenzato i valori. Questo diagramma trova la sua massima utilità non solo per le attività di
prevenzione e le attività di ricerco all’indietro delle cause di un problema ma anche ogni
volta che si vogliono scoprire le cause a monte di un effetto.
4. Il diagramma di Pareto: è una metodologia di tipo grafico (o numerico) messa a punto
per aiutare a individuare i problemi più importanti e ha come presupposto l’osservazione
empirica basata sul fatto che, mediamente, solo il 20% dei problemi che si presentano è
importante e risolvendo questa percentuale viene ad eliminarsi l’80% delle difficoltà
riscontrate. Il diagramma di Pareto è composto da 2 strumenti: l’istogramma e la curva dei
valori cumulati (spezzata) che somma la classe e la frequenza. La linea parallela rappresenta
le percentuali. Secondo pareto è possibile individuare la classe con il maggior numero di
errori e la somma degli errori. Il diagramma di Pareto può essere applicato in tutti gli stadi e
a tutti gli aspetti del processo di miglioramento al fine di individuare quali sono le aree
prioritarie di intervento. Infatti lo stesso fenomeno deve essere confrontato prima e dopo
l’intervento per verificare l’efficacia dei programmi compiuti.
5. L’analisi per stratificazione: per stratificazione si intende la suddivisione dei dati raccolti
in una serie di gruppi omogenei, che permettono una migliore comprensione dei fenomeni
che si stanno analizzando. I dati posso essere stratificati rispetto a fattori quali, il tempo, gli
operatori, i lotti, i fornitori, i materiali ecc.
6. La correlazione: mostra il legame che intercorre tra 2 variabili, fra 2 grandezze o fra
coppie di dati. Questo diagramma è utile per ed efficace per verificare l’esistenza di
eventuali relazioni positive, negative o nulle tra una caratteristica qualitativa ed un suo
effetto. L’indice di correlazione r ha un valore compreso tra -1 e 1. Nel caso in cui sia uguale
a -1 e 1 vi è forte correlazione; se uguale a 0 vi è assenza di correlazione. Nel caso in cui si è
vicini ad 1 vi è correlazione positiva; vicino a -1 correlazione negativa.
7. La carta di controllo
IL CONCETTO DI RISCHIO AMBIENTALE NELLE AZIENDE
Gli individui si trovano spesso a dover prendere decisioni in situazioni di incertezza sul futuro. Per tenere
conto di queste incertezze nel momento in cui si prendono decisioni di consumo o di investimento, si deve
essere in grado di quantificare il rischio, in modo da poter confrontare la rischiosità di scelte alternative.
Rischio= probabilità di un evento X dimensione del danno
Quando si parla di rischio ci si può riferire in maniera più precisa al rischio d’impresa, che è possibile
affrontare con lo strumento del Risk Management. L’attività di identificazione ha l’obiettivo di gestire il
fabbisogno informativo di tutta l’attività di Risk Management, ricercando e strutturando informazioni
necessarie per una chiara ed esaustiva descrizione del profilo di rischio dell’azienda indagata al fine di poter
avviare i processi di gestione e valutazione. Il processo di valutazione ha l’obiettivo di selezionare il piano di
gestione ottimale; il processo di gestione ha un duplice obiettivo: individuare tutte le possibili alternative di
gestione dei rischi emersi durante la fase di identificazione, e realizzare in concreto quelle selezionate.
Fig. 5 Le esigenze del processo di identificazione pag. 33
LA DIRETTIVA SEVESO- il problema di emanare una normativa di prevenzione degli incidenti
industriali causati da un avvenimento accidentale, si è posto all’attenzione del legislatore, per la prima volta
nel 1976 con l’”incidente di Seveso”. Veniva posta in evidenza la necessità di prendere in considerazione
anche “il rischio di incidente rilevante”, presente nelle attività chimiche in quantità predeterminate.
Il Parlamento Europeo approvò cosi la Direttiva 501/1982 “Direttiva Seveso”, recepita in Italia con il D.P.R
175/1988. Entrambe definiscono come incidente rilevante un avvenimento, quale un’emissione, un incendio
o un’esplosione di rilievo, connesso ad uno sviluppo incontrollato di attività industriale che dia luogo ad un
pericolo grave, immediato o differito, per l’uso e per l’ambiente, all’interno o all’esterno dello stabilimento,
e che comporti l’uso di una o più sostanze pericolose. Per rientrare nell’ambito di applicazione del DPR
175/1988 occorre:
Svolgere determinate attività industriali indicate nell’allegato del DPR
Utilizzare almeno una sostanza pericolosa ed una determinata quantità min