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MODELLI MUSCOLOSCHELETRICI
La Chirurgia Ortopedica Funzionale è un tipo di chirurgia volto al recupero della
funzione motoria mediante modificazioni dell’anatomia e delle caratteristiche
meccaniche di componenti dell’apparato locomotore. Oggetto di intervento sono: ossa,
articolazioni, muscoli, tendini, legamenti, nervi. L’ambito di applicazione elettivo è
quello delle malattie di origine neurologica (emiplegia, diplegia, paralisi cerebrale
infantile). Per intervenire efficacemente su un sistema fortemente alterato occorre
analizzare attentamente le alterazioni funzionali del paziente e cercare di individuare e
quantificare la presenza dei principali fattori fisiopatologici tipici della patologia. Da ciò
dipenderà la decisione di intervenire e di quale intervento adottare: farmacologico,
ortesico, chirurgico, o una combinazione di questi.
In modo abbastanza schematico ma significativo si possono distinguere i seguenti fattori
fisiopatologici:
• Paresi, o ridotta capacità di reclutamento muscolare (la paralisi è l’assoluta
mancanza di contrazione, muscolo flaccido). La paresi si manifesta con ridotta
attività volontaria, debolezza muscolare, segnali EMG molto deboli;
• Spasticità: esagerata risposta di contrazione, velocità dipendente, allo stiramento
muscolare. Comporta attività EMG rinforzata nelle fasi di allungamento
A.A. muscolare, presenza di bursts clonici nei segnali;
• Distonia: alterazione del tono muscolare e difficoltà di coordinamento muscolare
(contrazioni incontrollate, attività EMG non fasica con il movimento, spasmi
muscolari, co-contrazione di muscoli antagonisti)
• Componenti NON neurali: alterazione delle caratteristiche meccaniche passive
del muscolo (sostituzione di materiale contrattile con tessuto connettivo
fibrotico, retrazioni muscolari).
Con l’analisi del movimento si possono analizzare le diverse componenti. Nella figura 1 si
ha un esempio di componente spastica molto accentuata, manifestata dalla presenza di
cloni sui muscoli componenti il tricipite surale. Un quadro più convincente si ha
mettendo in relazione l’attività elettromiografica con la lunghezza muscolare e la velocità
di variazione della lunghezza muscolare (Figura 2). Nel caso riportato in figura, la
lunghezza di riferimento è quella corrispondente alla postura ortostatica del soggetto
(standing). Quindi, durante il cammino, i muscoli del tricipite surale appaiono
tendenzialmente accorciati, e si allungano durante la fase d’appoggio al terreno,
raggiungendo e superando di poco la lunghezza di standing verso la fine della fase
d’appoggio. Questo comportamento denota una retrazione muscolare che dà luogo ad un
atteggiamento in flessione plantare denominato: piede equino. La chirurgia (funzionale)
può essere un potente alleato della riabilitazione. I suoi effetti sono però difficilmente
reversibili, e quindi richiede una attenta valutazione dei fattori fisiopatologici e una
1
quantificazione del danno, oltre naturalmente ad una conoscenza dell’eziogenesi, delle
condizioni generali del paziente, e una previsione di evoluzione dell’alterazione
funzionale.
La decisione di effettuare un intervento chirurgico e la sua pianificazione necessita quindi
metodologie specifiche per:
Valutazione funzionale (quantificazione del danno e delle capacità residue);
• Progettazione dell’intervento;
• Valutazione del risultato dell’intervento;
•
A.A. Figura 1. Esempio di attività clonica nei muscoli del tricipite surale in un soggetto emiplegico
durante il cammino: GAM (gastrocnemio mediale), GAL (gastrocnemio laterale), SOL (soleo).
Sovrapposti ai segnali EMG sono: la componente verticale della reazione d’appoggio, e gli stick
diagram relativi ad alcuni istanti del passo. In rosa i vettori della reazione d’appoggio. Si veda la
corrispondenza dei numeri (da 1 a 7) tra stick diagrams e istanti temporali corrispondenti (linee
verticali) 2
A.A. Dal punto di vista bioingegneristico per la valutazione funzionale, sia in fase pre-
operatoria, sia in post intervento per quantificare il risultato ottenuto, si usano: test
clinico-funzionali e analisi del movimento. Per la progettazione dell’intervento abbiamo a
disposizione le tecniche di modellizzazione biomeccanica e di simulazione virtuale
dell’effetto dell’intervento. I test clinico-funzionali vengono eseguiti generalmente al
lettino e consistono in manovre volte a determinare quali sono i limiti di movimento
delle varie articolazioni (range articolari), e a determinarne le possibili cause: fibrosi o
rigidità articolari, retrazioni muscolari, spasticità. Qui di seguito vengono
schematicamente rappresentati i test clinico-funzionali più comuni per quanto riguarda
l’arto inferiore. Spesso si cerca di rispondere alla domanda: quali muscoli sono troppo corti?
Quali troppo lunghi? Il significato di questo test si può facilmente comprendere se si
considera lo schema della disposizione anatomica dei principali muscoli coinvolti, come
illustrato nel modellino seguente (Figura 4).
3
A.A. Figura 4. Schema della disposizione dei principali muscoli dell’arto inferiore. La loro funzione
rispetto alle varie articolazioni risulta evidente se immaginiamo che le linee rosse che li
rappresentano applichino delle forze in direzione concentrica alle due estremità.
4
Gli interventi di chirurgia funzionale si eseguono sia sulle ossa, sia sui tessuti molli
(muscoli e tendini). Secondo alcune scuole alcuni interventi vanno eseguiti in tempi
diversi, secondo altre è conveniente eseguire in una unica operazione tutte le correzioni
che si ritengono necessarie. Tra gli interventi che si eseguono sulle componenti ossee ci
sono le ‘derotazioni femorali’, sia a livello prossimale (sottotrocanterico), o livello distale
(sopracondilare) per riportare l’orientazione del piede in allineamento con la direzione di
progressione. Altri frequenti interventi sono quelli di correzione del varismo o del
valgismo eccessivo del ginocchio (non rappresentati in figura). In questi casi il femore
viene tagliato a livello sopracondilare e viene inserito un cuneo osseo mediale o laterale,
per correggere rispettivamente il varismo (gamba inclinata verso l’interno, gambe a ‘O’) o
il valgismo (gamba inclinata verso l’esterno, gambe a ‘X’). Il cuneo osseo può essere preso
dalla cresta iliaca, oppure venire realizzato da materiale artificiale. Secondo una tecnica
differente, anziché inserire un cuneo osseo da un lato si può togliere un cuneo osseo dalla
parte opposta. Simili interventi possono riguardare la tibia. Spesso si consiglia intervento
sopracondilare al femore per correggere il valgismo (osteotomia varizzante di femore) e
intervento di tibia prossimale per correggere l’eccessivo varismo (osteotomia valgizzante
A.A. Figura 5. Esempi di interventi di chirurgia funzionale sulle ossa (a sinistra) e sui muscoli (a destra)
5
di tibia). Operazioni correttive ossee si possono effettuare anche all’estremità distale della
tibia.
Riguardo agli interventi sui tessuti molli, in generale si tratta di allungamenti o
addirittura di distacchi di tendine qualora il muscolo corrispondente sia troppo
accorciato o troppo forte (muscolo spastico o ipertonico). A volte si agisce
sull’aponeurosi del muscolo per permettere al ventre muscolare di acquisire una maggiore
lunghezza di lavoro; a volte si esegue una ‘trasposizione tendinea’, utilizzando perciò un
muscolo in modo differente da quello fisiologico (esempio attribuendogli una funzione
flessoria anzicchè estensoria). Più raramente si effettuano degli accorciamenti muscolari,
mediante ripiegamenti e suturazione del tendine corrispondente. In figura sono
rappresentati i muscoli più comunemente trattati con chirurgia funzionale dell’arto
inferiore. Si osserva: il release (allungamento) dell’ileo-psoas per riguadagnare l’estensione
dell’anca; il release degli ischiocrurali (semitendinoso, semimembranoso) per permettere
una completa estensione del ginocchio; il trasferimento del retto femorale sul tendine del
semitendinoso: questo può servire nel caso in cui il retto femorale eccessivamente
contratto impedisca la flessione di ginocchio durante la fase di volo del cammino. Il suo
trasferimento sul tendine del semitendinoso gli attribuisce un’azione flessoria al
ginocchio. Altri interventi riportati in figura sono: l’allungamento degli adduttori
(spesso eccessivamente attivi o accorciati, che impediscono il cammino facendo
A.A. Risultati della chirurgia ortopedica funzionale.
6
ginocchia), l’allungamento del tendine d’Achille, o meglio
‘incrociare’ le
dell’aponeurosi del gastrocnemio, per permettere una fisiologica flessione dorsale. I
risultati possibili di una chirurgia ortopedica funzionale sono rappresentati nella
figura seguente. Il bambino presentava il tipico atteggiamento del cammino
accucciato (crouched gait), con eccessiva flessione di anca e ginocchio, ed eccessiva
flessione plantare delle caviglie.
Dopo l’intervento multiplo gli arti appaiono ben allineati. Alle caviglie è necessario
l’applicazione di ortesi gamba piede (dispositivi che impongono una certa angolazione
della caviglia) perché i flessori plantari allungati con l’intervento chirurgico non hanno
una forza sufficiente a permettere la spinta del piede al terreno. Alcune tipiche tecniche
di allungamento tendineo sono le seguenti:
A.A. Tecniche chirurgiche di allungamento del tendine d’Achille.
7 N e l l a p i a n i fi c a z i o n e
dell’intervento di allungamento
di un tendine, occorre in via di
principio tener conto degli
effetti biomeccanici che si
intendono ottenere. Ciò va
fatto considerando la curva
forza-velocità del muscolo (si
veda figura).
In condizioni fisiologiche la
maggior parte dei muscoli ha
una curva forza-lunghezza con
la componente attiva (curva a
campana) all’interno del range
di movimento tipico
dell’articolazione considerata.
La componente viscoelastica passiva (elasticità in parallelo) è di solito posizionata al
margine del range di movimento, e interviene sensibilmente solo quando l’articolazione
viene forzata verso un estremo del movimento consentito. In tal modo la forza muscolare
è controllabile mediante la variazione del livello di attivazione alfa.
A.A. In condizione di retrazione muscolare, il ventre muscolare si è accorciato, e quindi,
ammesso che la curva forza-lunghezza mantenga lo stesso andamento, essa si troverà
spostata a sinistra rispetto al range di variazione di lunghezza corrispondente al
movimento fisiologico dell’articolazione. Quindi