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Tecnica Professionale) come in tali occasioni venga richiesto ad un soggetto che come detto può
essere anche un revisore di ricoprire il ruolo di attestatore, indicando come dai piani aziendali risulti
possibile la soddisfazione dei creditori in una certa misura, piuttosto che il pagamento dei debiti,
ecc.
Si parla dunque anche in questo caso non di valutazione d'impresa, ma di analisi di piani prospettici.
Linee guida di riferimento
Come detto nello scorso paragrafo, per le attività sin qui descritte il revisore non può contare sul
supporto di specifici principi; cercheremo dunque di seguito di capire quali debbano essere le linee
guida cui deve ispirarsi il suo agire.
Come visto sinora, vi sono due famiglie di attività diverse dalla revisione richieste al revisore dalla
legge: attività di valutazione del capitale economico di un'impresa, e attività che hanno a che vedere
con la proiezione futura dei piani.
Ciascuna di esse fa riferimento ad una specifica disposizione normativa, che ci apprestiamo ad
analizzare.
[N.B.: Su BlackBoard sono disponibili esempi di relazioni che i revisori di varie società hanno
emesso con riferimento alle operazioni che abbiamo descritto].
Il riferimento per le attività relative alla proiezione futura dei piani
Tra le due, l'attività di proiezione poiché al riguardo è disponibile un principio di riferimento,
l'ISAE 3400, che (pur non essendo un vero e proprio principio di revisione, ma uno standard di
assurance) riguarda l'esame dei dati prospettici.
Da tale principio è possibile desumere le basi (es. assunzioni, assunzioni ipotetiche, metodi di
valutazione, ecc., come descritto nel paragrafo precedente) su cui si deve fondare il piano, e le
regole che permettono di esprimere una forma di giudizio sulla proiezione.
Come intuibile, la necessità di uno standard è dovuta al fatto che (anche in conseguenza del fatto
che le operazioni di finanza straordinaria coinvolgono generalmente grossi importi) qualora qualora
andasse storto, il revisore (in quanto attestatore della correttezza e della sicurezza dell'operazione) si
vedrebbe sicuramente “tirare la giacca” dalla Procura della Repubblica, dal curatore fallimentare,
dai creditori, ecc., e l'unico modo che egli ha per chiamarsene fuori è dimostrare di esser stato
adeguatamente diligente, operando secondo lo standard previsto ed utilizzando la migliore tecnica
di cui fa professione; cosa che sarebbe certamente complessa se non ci fosse un principio di
riferimento. Il riferimento per le attività di valutazione del capitale economico di
un'impresa
Come anticipato, l'attività di valutazione risulta più complessa dell'attività di proiezione, e ciò altro
non è che la conseguenza del fatto che al riguardo manca un principio (sia di revisione che di
assurance) di riferimento.
A tale assenza supplisce la comunicazione CONSOB 73063 del 5 Ottobre 2000, con la quale tale
autorità è intervenuta da un lato per risolvere un problema relativo alle società italiane quotate
anche all'estero, e dall'altro definendo uno schema dei compiti del revisore con riferimento alla
fattispecie in analisi.
Il caso che ha stimolato l'intervento della CONSOB è stata la riorganizzazione societaria del gruppo
FIAT, che prevedeva alcune fusioni intragruppo: a tal fine, come visto, risultava necessario secondo
la legge italiana l'intervento del revisore in qualità di attestatore, ma ciò era fortemente contrastato
dalle auothority americane, interessate all'operazione in conseguenza del fatto che la FIAT era
quotata anche al listino di New York.
Ad avviso di tali autorità, che avevano già molto chiaro come il revisore dovesse essere un soggetto
particolarmente indipendente (nonostante ai tempi non fossero ancora scoppiati i grandi casi quali
quello che ha coinvolto Enron), l'intervento del revisore avrebbe comportato un caso di self review,
dal momento che la società si sarebbe trovata nei bilanci a venire il valore attestato dal revisore, che
non avrebbe dunque potuto smentirlo; e poiché ciò risultava per loro inaccettabile minacciavano di
cancellare FIAT dal listino di New York.
Data la delicatezza della situazione e la forza contrattuale sia di FIAT che dell'allora revisore
(Arthur Andersen), CONSOB ha prodotto in temi eccezionalmente rapidi la comunicazione di cui
stiamo trattando, evidenziando come l'attestazione del revisore debba essere un ausilio, un elemento
che arricchisce l'informativa dei soci che approvano l'operazione, ma che i valori dell'operazione
sono approvati dagli amministratori, e non dal revisore, che si limita a farne analisi di
appropriatezza metodologica, con conseguente insussistenza di problemi di self review.
Il documento (per la prima ed unica volta nella storia di CONSOB) è peraltro stato scritto in doppia
lingua (italiano e inglese), proprio per convincere gli esponenti della SEC (Security Exchange
Commission, corrispondente americana della CONSOB) che l'obbligo ad esprimere un'attestazione
sul rapporto di cambio individuato dal Codice Civile italiano (in modo tanto bizzarro quanto unico,
poiché nessun altro ordinamento del mondo coinvolge il revisore legale in simili situazioni) non
comporta una situazione di rischio di self-review.
Come anticipato poche righe fa, l'argomentazione, che diviene il punto principale della
comunicazione CONSOB, è stata condotta interpretando il testo del Codice Civile nell'ottica che il
revisore non debba esprime un giudizio di correttezza, ma verificare che i ragionamenti e le
tecniche adottate dal management nella determinazione dei valori coinvolti nell'operazione siano
coerenti con quanto scritto nel bilancio ed applicate in maniera adeguata.
[In parole più semplici, è compito del revisore attestare che gli amministratori, applicando
appropriate tecniche di calcolo a dati oggettivabili sono giunti ad un certo risultato, e che dunque
non è stato fatto il contrario, costruendo ad hoc un processo più o meno ragionevole per giungere ad
un risultato predeterminato che il management aveva interesse ad ottenere].
Ovviamente, affinchè il rischio di self review sia davvero scongiurato, quanto detto si fonda
sull'assunto che i dati oggetto di attestazione da parte del revisore (es. rapporto di cambio) siano
stati determinati dagli amministratori in autonomia, e non suggeriti dal revisore, ossia che non ci sia
contenuto di gestione da parte del revisore. In tal modo, quando il revisore si troverà a fronteggiare
il bilancio contenente tali dati nel ruolo di revisore (e non più di attestatore) potrà valutare dati su
cui non ha inciso minimamente, rimanendo esente da colpe qualora gli amministratori dovessero
averlo ingannato (es. frode) e lui scoprisse di aver pur legittimamente (ossia avendo fatto ricorso a
tutta la diligenza, le precauzioni e le procedure necessarie) attestato dati inesatti.
Ricapitolando quanto sin qui detto, secondo la comunicazione CONSOB 73063 del 2000:
Il revisore non effettua una valutazione economica.
• Il revisore guarda la completezza dei dati utilizzati per fare la valutazione, la ragionevolezza
• del procedimento e dei metodi seguiti dagli amministratori (es. se l'operazione coinvolge
società quotate, devono essere state utilizzate le loro quotazioni, non quelle di altre società
comparabili), e la congruità logica dei parametri scelti ad ogni snodo del percorso descritto
nel precedente paragrafo (descrivendo il metodo finanziario/reddituale).
Il revisore, facendo ciò, assicura all'assemblea un'adeguata informazione, strutturata come
• segue:
Sintesi dell'operazione
◦ Tale sezione spiega in termini non elementari, ma sintetici e precisi, di cosa si sta
parlando.
Documentazione utilizzata
◦ In tale sezione il revisore indica quali documenti ha avuto a disposizione in prima
persona, e quali documenti hanno avuto a disposizione gli amministratori per fare le
valutazioni, sottolineando altresì quanto la documentazione sia “fresca” (recente,
tempestiva) ed opportuna.
Metodi adottati dagli amministratori
◦ In tale sezione il revisore spiega perchè gli amministratori hanno usato un certo metodo
di valutazione piuttosto che altri (sempre che ne sia stato usato uno soltanto), e se tale
scelta è ragionevole.
Difficoltà di valutazione riscontrate dal CdA e risultati emersi dalla valutazione
◦ effettuata dal CdA
In tale sezione il revisore evidenzia i dubbi che si sono posti gli amministratori
nell'approcciare la stima spiegando esattamente perchè si è arrivati ad un certo valore
(es. tal rapporto di cambio, costruito confrontando i capitali economici* delle società
coinvolte rispetto al numero di azioni delle società stesse).
*[Si tenga conto che la spiegazione del revisore risulta necessaria poiché gli
amministratori sono generalmente restii ad indicare esplicitamente dati sensibili quali il
capitale economico, che non è né l'equity, né il CS, né la capitalizzazione di Borsa].
Lavoro del revisore
◦ In quest'ultima sezione il revisore spiega che documenti ha utilizzato (es. atto notarile;
bilancio ante-fusione, per determinare il PN contabile; verbale dell'assemblea
straordinaria; ecc.), che analisi ha fatto, quali osservazioni può fare sul metodo di
valutazione utilizzato dagli amministratori, quali sono i limiti e le difficoltà incontrate
(es. ci si è basati su proiezioni che potrebbero non essere più vere perchè ci sono rischi
imminenti sull'industry, o perchè la Borsa è totalmente indipendente dalla vita
economica delle aziende, ecc.).
Il revisore, in un breve paragrafo di conclusioni, sentenzia poi se il modo in cui si è
giunti al calcolo è corretto e quindi attesta che il risultato di tale metodo corretto porta ad
un valore (es. rapporto di cambio) corretto.
Il sistema dei controlli nelle imprese cooperative
[Dott. Luca Saccani]
Il mondo delle cooperative, apparentemente di nicchia, ha in realtà un peso molto rilevante nel
nostro Paese, sia in termini numerici (es. circa 80'000 aziende per 1'300'000 posti di lavoro), sia in
termini di incidenza sul PIL nazionale (circa 8%).
Ciò, unitamente al fatto che la revisione delle cooperative segue regole parzialmente diverse da
quelle sin qui viste, rende opportuno dedicarvi un breve approfondimento, che sviluppiamo di
seguito.
Per ragioni storiche, la dislocazione geografica del fenomeno cooperativo in Italia non è uniforme,
ma concentrato in specifiche zone del Paese (es. Regioni quali Emilia, Toscana, in parte Lombardia,
ecc.); per contro, le imprese cooperative rivestono ruoli di eccellenza in svariatissimi se