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Il Castello di Astelvecchio a Erona Arlo Carpa e Eter Isenman
Il castello sorge su un luogo dove erano già presenti preesistenze architettoniche. Il complesso ha la sua rifondazione tra il 1354 e il 1356 quando Cangrande II della Scala, signore di Verona, decide di realizzare un castello che abbia come funzione quella di difendere la città dagli attacchi di nemici esterni, ma anche da eventuali rivolte degli abitanti di Verona. Il complesso si colloca in una posizione interessante dove scorreva un canale chiamato l'Adigetto, realizzato sul sedime del vecchio corso dell'Adige, sul corso del quale era presente una fortificazione. La realizzazione del castello prevede anche la realizzazione di un ponte per far sì che gli abitanti del castello potessero, in caso di assedio, guadagnare la sponda opposta dell'Adige e fuggire. Si possono identificare tre parti all'interno del complesso fortificato: la prima parte, che occupa una porzione irregolare,è definita dalla manicaprincipale dove Cangrande aveva progettato la residenza;
- a latere di questa prima corte ne è presente un’altra che è una piazza d’armi, circondata da blocchi che fungevano da depositi.
La prima corte ha un’unicatorre, d’ingresso alla reggia; la seconda corte presenta invece 4 torri, una dellequali è la torre dell’orologio che sarà demolita e ricostruita;
- l’ultima parte è quella compresa tra le due corti è in realtà la fortificazione antica, che verrà fortemente modificata quando verrà realizzato il grosso mastio che è l’ultimo punto d’arroccamento di una qualsiasi popolazione interna alla fortificazione.
Questa struttura contiene anch’essa una specie di spazio franco in mezzo, sul quale verranno realizzati altri edifici settecenteschi.
Il castello e la città di Verona sono luogo conteso di successive dominazioni.
Poiché dal 1300 in poi c'è un continuo cambio di famiglie e città. Dal 1405 Verona entra a far parte dei possedimenti di Venezia e il castello perde il ruolo di residenza, trasformandosi in un castello militare. Nel 1797 c'è una grossa rivolta anti francese e il castello diventa ruolo di scontri per chi riesce ad appropriarsene. Napoleone quando conquista l'Italia capitozza le torri di Castelvecchio (come per il castello di Abbiategrasso), in modo da privarlo del suo ruolo militare, e realizza nella corte d'arme due maniche per le guarnigioni; c'è poi una fase di dominazione austriaca, durante la quale il castello mantiene un ruolo prevalentemente militare. Bisognerà aspettare il 1923 perché la proprietà del complesso venga ceduta dal demanio al comune di Verona, che pensa di trasformarlo in una sede museale per dare una collocazione ad un'importante raccolta di opere d'arte. Vengono incaricati
Gli architetti Ferdinando Forlati e il responsabile delle collezioni Antonio Avena si occupano della realizzazione di questo nuovo museo. Forlati, soprintendente di Verona e personaggio che fa parte della corrente dei restauratori storici, fa un'operazione tesa a ricostituire un'immagine trecentesca, immagine che sicuramente non possedevano le due maniche della corte d'armi di impianto settecentesco. Per fare questa operazione vengono inserite all'interno delle facciate di questi edifici napoleonici delle monofore, dei balconi, dei portali di edifici che intanto venivano demoliti dal centro storico della città di Verona (sventramenti di inizio secolo). Nel 1925 il castello viene aperto al pubblico e diventa ufficialmente museo delle collezioni veronesi. Durante la seconda guerra mondiale il castello torna ad essere usato per funzioni militari e le opere vengono stipate nelle parti più protette dell'edificio. Verona viene bombardata circa 30 volte.
con 490 fabbricati distrutti e durante questo bombardamento che ha luogo nel 1945 una bomba colpisce la parte nord-est del castello, mentre il ponte verrà fatto saltare dai tedeschi in ritirata. Il sovrintendente Pietro Gazzola lavorerà sulla ricostruzione del castello ma soprattutto del ponte, che verrà realizzato dov'era ma non proprio com'era, perché l'esterno è in mattoni e l'interno in calcestruzzo armato. Oltre al tema della ricostruzione c'è quello del nuovo allestimento del museo che deve rispondere alle rinnovate posizioni della museologia contemporanea degli anni '50. Nel 1956 il comune di Verona ha come curatore del proprio museo Vicisco Magagnato che chiede al comune di poter riallestire la collezione, ma anche di fare un intervento sulla distribuzione interna delle sale per il percorso di visita: per fare questa operazione chiede al comune l'intervento di un architetto, Carlo Scarpa. Quando Scarpainterviene sull'edificio la situazione non è quella di un'opera primigenia intonsa, ma è quella di un edificio che ha subito molteplici alterazioni, non soltanto materiche ma anche di lettura (pensiamo alle maniche settecentesche riportate ad un'immagine trecentesca mai esistita). Il progetto di Scarpa è assolutamente coerente con le questioni teoriche finora affrontate.C SARLO CARPA Scarpa lavora estraendo dal progetto complessivo alcuni problemi, che vengono studiati ad una scala molto particolareggiata. Questi problemi vengono poi anche sottoposti a più soluzioni attraverso la realizzazione di fogli trasparenti che l'architetto poi sovrappone l'uno sopra all'altro: in questo modo la soluzione finale sarà unica, ma avrà memoria di tutte le altre soluzioni a cui l'architetto aveva pensato per risolvere il problema. Il lavoro fatto dall'architetto è quindi un lavoro fatto in trasparenza e il
foglio utilizzato diventa unaspecie di feltro, perché il progetto finale si tira dietro pezzi dei progetti precedenti. L' spazio che viene a realizzarsi su quel foglio, apparentemente bidimensionale, è invece un spazio topologico, denso e profondo. Anche l' esito del progetto, non solo il metodo, si porta dietro queste caratteristiche di feltro, strati e trasparenza. Il progetto di Scarpa può essere letto come una specie di piano topologico che si insinua tra tutti i piani che sono già presenti. Un' altra dinamica molto interessante è l' attenzione al dettaglio, che a volte serve per risolvere problemi più grandi. Il progetto si confronta sempre con il frammento, poiché è incoerente e mai unitario. L' impianto di Cangrande è il punto catastrofico (che guarda verso il basso) di tutto il castello, poiché è il punto nel quale sono sommati molteplici strati. In questo punto passa la cinta muraria delperiodo medievale e viene ritrovata durante i lavori di restauro la porta del Morbio, che è la più antica porta del complesso fortificato medievale, che precede le trasformazioni di Cangrande. Sempre in questa zona in periodo francese era stato realizzato un piccolo edificio, successivamente demolito, di cui però rimangono delle tracce. Questo luogo lo possiamo definire come il luogo feltro di tutto l'edificio (come la passerella di Descombes), un luogo didattico archeologico. Scarpa demolisce l'ultima campata di un edificio realizzato in periodo napoleonico, lasciando solo la trave di colmo che va ad appoggiarsi all'antico muro comunale, e realizza un nuovo sistema di percorsi. La prima operazione che fa è la realizzazione di un sostegno per la statua di Cangrande della Scala, opera medievale quasi unica nel suo genere, che doveva essere posizionata all'esterno come era stata pensata originariamente. La statua viene così posizionata
sotto il tetto dellacampata della manica francese che viene completamente svuotata. Questo spazio "vuoto" è in realtà densissimo: Scarpa lavora con piccolissimi gradini costruiti da piani che si stratificano e differiscono l'uno dall'altro di pochi centimetri. Ogni piano è costituito da lastre, diverse le une dalle altre, in pietra di Prun, tipica dell'area veronese. C'è un gioco di livelli continuo e punti di vista sempre differenti, lo sguardo in questo spazio non è mai fermo. Il supporto per la statua è una specie di estruso in cemento, come un foglio piegato che viene volutamente lasciato aperto. Questo spazio è totalmente giocato su frammenti, su piani e sul movimento. La copertura corrispondente alla campata smontata viene sostituita con un ulteriore piano in rame. Non fa nulla sull'esistente che non sia una rilettura attraverso l'esposizione. Il percorso nella parte museale diventa fluido e
continuo tra il piano terreno e sovrastante e quindi il tema dei percorsi è perfettamente riuscito; in realtà però i due piani della manica sono sì in sequenza tra loro, ma sono autonomi. Il piano terreno è giocato con dei piani autonomi che non toccano i muri, non c'è coerenza tra il muro antico e la pavimentazione nuova, che si presenta come uno strato aparte. Le statue stanno su dei piani che presentano il supporto al centro, in modo da far sembrare che la lastra galleggi nello spazio. Questa decisione di avere la statuaria come galleggiante, questo gioco di piani sospesi è come se richiamasse la realtà del fiume e più in generale della terra, con la quale l'architettura deve sempre fare i conti. La caratteristica del piano superiore è invece differente: Scarpa divide con dei muri lo spazio, che gli consentono di appendere i quadri e che non toccano mai i muri d'ambito. La manica è storta e alpiano terreno non si nota perché il passaggio è centrale; tuttavia al piano di sopra la distorsione è fortemente presente e Scarpa decide di accentuarla ancora di più realizzando un pavimento perfettamente dritto che corre lungo il muro storto. Questa anomalia viene dalla forma della terra, dalla presenza del fiume. Questo richiamo forte alla geomorfologia dà un valore aggiunto al progetto.
PETER ISENMANAd inizio 2005 Castelvecchio è sede di un'installazione di Peter Eisenman che prende il nome di Il giardino dei passi perduti. Eisenman si pone il problema del tempo che attraversa questo luogo. Cosa tiene insieme Scarpa e Eisenman? Forse la trasparenza, gli strati, il movimento, il frammento, traslazioni, rotazioni, ovvero una serie di meccanismi attraverso cui si leggono i progetti di Eisenman, come quelli di Scarpa. Eisenman crede che l'architettura sia capace di dispiegare l'architettura, sia in grado di farsi didascalia, senza
ricorrere a disegni, modelli, fotografie. L'installazione viene pensata per il cortile grande, nella parte francese, e consiste nella creazione di cinque stanze che costituiscono la struttura della manica francese, che sono le gemelle delle stanze interne. La prima operazione di progetto