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Carta del restauro
Il nome di Camillo Boito viene associato al documento detto la carta del restauro. Boito è una figura
rilevante, fondò e diresse una rivista che forniva dei modelli per orientare e ispirare l’attività artigianali
(siamo agli albori del design). Boito era anche un letterato (secondo ‘800), faceva parte della scapigliatura.
Era inoltre un uomo di cultura, aperto alla conoscenza non solo relativa all’ambito italiano ma anche
all’estero (scuola di Chicago, America). Si tratta dunque di un contesto culturale importante (rapporto che
bisognerebbe avere con le preesistenze).
Ci sono sempre state resistenze fortissime per quanto riguarda le leggi sulla tutela dei manufatti. Vengono
approvate nei primi anni del ‘900. Una volta approvate però erano difficilissime da approvare nella realtà.
Quando si tentava di far passare la normativa sulla tutela, senza però ottenere risultati, si provarono altre
vie.
Nel frattempo, si discuteva anche su come si dovesse operare quando si interviene su un monumento.
Questo argomento è stato affrontato dalla categoria professionale.
Nella carta del restauro è contenuta un’idea diversa da quella che aveva Violet le-Duc.
- 1 Bisogna intervenire solo quando è necessario farlo
- 1 Il restauro è considerato come una sorta di “estrema ratio” nel momento in cui ci si accorge che
consolidare e riparare non sarebbe sufficiente.
Conservazione e restauro
Si pensa che la conservazione sia un fatto propedeutico al restauro ma in realtà non è così.
- 2 Se non si può fare a meno di intervenire bisogna intervenire (a quel tempo le tecniche costruttive
e i materiali non erano diversi da quelli che erano usati nell’edilizia storica. Non c’erano i nuovi
materiali di cui disponeva Violet le-Duc)
- 2 L’aggiunta deve essere riconoscibile ma non deve alterare la percezione. Non deve essere un
impedimento alla lettura dell’oggetto. In Violet le-Duc invece questo problema non si pone.
- 3 Se possiamo ricostruire in modo preciso l’elemento mancante (in Violet le-Duc la ricostruzione di
un elemento mancante è l’esito di un ragionamento logico) dobbiamo basarci su dei dati
documentari certi. È difficile però sapere se quei dati siano stati seguiti, se non ci siano state
modifiche durante la realizzazione del progetto.
- 3 Il principio della distinguibilità delle aggiunte deve essere sempre garantito, anche se si conosce
certamente com’è fatto l’elemento mancante (se per esempio si trovano documenti risalenti
all’epoca oppure tracce nell’edificio). Il principio della differenziazione è molto importante perché
significa che si è acquisito un principio storico (la copia non potrà mai essere l’originale, anche se
perfetta perché quello che è prodotto in un certo periodo ha una sua vicenda storica).
In Boito quando si parla di archeologia non si fa riferimento solo all’antichità classica.
- 3 C’è l’idea del completamento attraverso forme semplificate.
- 4 Ci sono modalità di intervento diverso a seconda del monumento (per esempio, il monumento
archeologico non deve essere modificato). Queste differenziazioni non possono essere l’esito di
una valutazione aprioristica; non si possono operare giudizi di valore ma giudizi tecnici. Il
monumento deve essere valutato e considerato nel contesto in cui è stato prodotto.
- 5 (principio più importante) Le stratificazioni storiche, cioè le modificazioni che l’edificio ha avuto
nel tempo, devono essere valutate criticamente come dei valori assestanti. Violet le-Duc invece
ricostruisce quello che non c’era, ma lo fa in modo corretto (ricostruisce una guglia mancante in
una chiesa, ma lo fa con un’apertura per ritardare il degrado del monumento).
- 5 Il restauratore è l’interprete, lo studioso che decide quali valori trasmettere e quali no. Rispetto a
le-Duc c’è una concezione totalmente diversa; si occupava soprattutto di cattedrali gotiche.
- Anche dove si decide di rimuovere la stratificazione, quegli elementi vanno conservati nel contesto
dell’edificio da cui sono state rimossi. C’è la presa di coscienza che non si può cancellare la storia di
un edificio.
- 6 È importante documentare tutte le parti del processo di restauro. Inoltre, bisogna registrare tutte
le modifiche fatte sul monumento. (Spesso sono più documentati gli interventi fatti prima
dell’Ottocento rispetto a quelli fatti dopo la Seconda guerra mondiale).
- 7 Bisogna avere documentazioni sui restauri realizzati per facilitare possibili interventi successivi.
I punti della carta del restauro furono rispettati? Questa è una carta del restauro, non una legge. Vincola
non dal punto di vista politico o legale ma dal punto di vista tecnico, etico e personale. Questi punti
affrontano il tema del restauro da un punto di vista molto pratico.
Luca Beltrami è stato un allievo (poi disconosciuto) di Boito. Era un architetto formalmente titolato
(laureato al politecnico come architetto civile). È stata una figura rilevante nell’Italia dell’epoca (da fine ‘800
fino alla Prima Guerra Mondiale). Beltrami è autore di molti edifici che caratterizzano ancora adesso il
centro di Milano. Piazza della Scala è stata tutta disegnata da Beltrami (prima la Scala dava su una via; era
nata per essere vista lateralmente non per essere vista da una piazza). Beltrami, progettando questi edifici,
completa palazzo Marino (cosiddetto per il nome del suo costruttore, Tommaso Marino; veniva da Genova
e faceva il finanziere). Marino però non riesce a sostenere le spese troppo ingenti del palazzo. Il palazzo
rimane incompiuto, soprattutto dalla parte di piazza della Scala (perché ancora non esisteva). In realtà la
facciata più importante del palazzo Marino è quella che ora si vede meno. Beltrami realizza architetture,
ispirate tra il neoclassicismo e il tardo rinascimento, anche in modo abbastanza invasivo. Palazzo Marino
viene progettato da Galeazzo Alessi (architetto molto importante). Beltrami infatti demolisce la chiesa di
san Giovanni Battista, tutto viene plasmato (contraddizioni con l’idea della carta del restauro). Fra la
demolizione e la ricostruzione della chiesa molti pezzi andarono persi.
Beltrami sostiene che non si possa scrivere sulla teoria del restauro perché il restauro non è una teoria ma
si pratica. Fa un apprendistato collaborando alla realizzazione dell’Opera di Parigi. È tra i fondatori per la
tutela del patrimonio nazionale. Per alcuni anni dirige anche l’attività di tutela della Lombardia (al tempo
non esistevano le regioni). Diventa primo preside della facoltà di architettura. Nonostante abbia demolito la
chiesa di san Giovanni Battista, molti interventi di restauro furono stati pagati da lui. Beltrami è importante
come figura di tecnico, molto preparato. È stato anche tra i fondatori del corriere della sera (ha infatti
progettato la sede e l’ampliamento).
Beltrami riesce a sventare la demolizione del castello sforzesco. Si voleva infatti lottizzare un’area molto
appetibile, situata nel centro di Milano. Si voleva demolire perché si diceva fosse il simbolo dell’oppressione
della tirannide. Beltrami sostiene che quelle argomentazioni sono funzionali solo alla speculazione e alla
volontà di edificare nuovamente quell’aria. Alla fina si riesce ad evitare questa operazione: il castello non
viene demolito. Il castello viene conservato integralmente. Ciò accade perché c’è stata una mediazione; se
non si costruisce qui si costruisce da un’altra parte (ampliamento della città).
Il castello ha avuto molte modificazioni rilevanti. La torre del castello non esisteva già all’epoca (era stata
fatta saltare in ara; non esisteva più dal 1521) e non c’erano indicazioni per ricostruirla. In relazione a ciò, si
parla di restauro storico perché si acquisiscono dati certi dallo studio rigoroso dei documenti. C’è come
presupposto l’idea che si può ricostruire tutto quello che è accertato ed accertabile. La ricostruzione della
torre era così necessaria? Secondo la mentalità dell’epoca il restauro non era considerato completo se non
restituisce la completezza dell’opera.
Eclettismo metodologico di Beltrami. Beltrami fa riferimento a documenti storici, a rappresentazioni
iconografici, a edifici simili e dove questo non è possibile applica il principio analogico. Il castello viene
dunque riconfigurato. Quell’idea di restauro stilistico è stata poi superata.
25/03/2019
La carta del restauro non è stata prodotta con questa intitolazione. Il documento in realtà è un voto che è
stato emesso in occasione del congresso di ingegneri ed architetti che si erano riuniti a Roma.
John Ruskin (1819-1900)
In Europa si evidenziano tendenze contrapposte rispetto a quelle formatasi in Francia e in Italia. In
Inghilterra succedono cose diverse. Per le-Duc il restauro significa portare l’edificio ad uno stato di
perfezione (che potrebbe anche non avere mai avuto). Per Ruskin il restauro è il peggiore delle distruzioni.
Violet le-Duc era un tecnico (ai livelli più elevati), aveva una grande conoscenza di carattere pratico e
operativo, era un grande studioso di architettura.
Vedi: Le-Duc – Boito – Ruskin
Ruskin non ha fatto studi di carattere omogeneo né tantomeno di tipo scientifico. È stato uno dei fondatori
della moderna critica d’arte.
Nella tradizione architettonica inglese il gotico non è mai stato abbandonato del tutto.
Ruskin è un importante critico d’arte. Ciò che contraddistingue Ruskin è che le-Duc e Boito operano in un
orizzonte culturale che è quello dello storicismo (dalla storia si posso dedurre delle leggi costitutive) mentre
egli non è minimamente interessato ad una ricostruzione di carattere storico (non ha neanche una cultura
storica). La sua formazione è stata diversa (sin da piccolo in famiglia doveva leggere la bibbia ogni giorno);
non cerca la razionalità nell’arte, non fa valutazioni che costruiscano categorie concettuali, l’evoluzione
delle forme. Ruskin ha un’idea della natura come supremazia. Per lui non è l’uomo che sta “al vertice della
piramide”, su cui si basa ogni paragone. Per lui è la natura che prevale (e l’uomo ne fa parte). Ruskin vive
mentre in Inghilterra si intensificano le industrie, durante il periodo di sviluppo tecnologico (che produceva
fenomeni già stati considerati negativi, come l’urbanizzazione, l’inquinamento). Ruskin non aveva una
formazione di carattere tecnico o disciplinare. Era una persona che aveva una sua