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VARIABILI INTERNE E ANALISI DELLA POLITICA ESTERA
Per studiare i fenomeni politici tendenzialmente lo studioso si pone il problema del livello di analisi (sistemico, meso o micro), problema che si è posto nelle relazioni internazionali, dove si individuano tre livelli:
- livello sistemico (macro), come quello di Kennet Wolf e il neorealismo, che generalmente prevale, in cui gli Stati vengono trattati come una sorta di scatola nera, guardando al sistema e come si comportano i principali Stati ma non sempre guardando cosa succede all'interno di questi Stati;
- livello nazionale (meso), in cui gli studi di relazioni internazionali guardano alla conformazione del regime politico interno di uno Stato, come la teoria della pace democratica (mette in contrapposizione i sistemi democratici e quelli non democratici), le teorie che spiegano la Prima guerra mondiale come contrapposizione tra le Repubbliche e gli Imperi centrali;
- livello sub-nazionale (micro), che indaga come alcuni individui o gruppi influenzano la politica estera di uno Stato, come ad esempio i gruppi di pressione o le organizzazioni non governative.
Decisionali spesso anche molto particolari. Tre dei grandi classici che hanno dato vita ai tre filoni delle relazioni internazionali di analisi della politica estera sono:
- Il decision making di Snyder, che parte dall'idea che le relazioni internazionali possono essere studiate tramite i processi decisionali della politica estera che stanno all'interno degli Stati. Dietro alle decisioni ci sono una serie di individui, gruppi, organizzazioni. È il filone maggiore, sostengono per esempio che dietro alla scelta degli Stati Uniti del containment in Corea, in Vietnam e poi in Afghanistan ecc. non c'è un'America che ai fini della teoria può essere identificata come un attore unitario ma una serie di individui, gruppi, organizzazioni, e quindi indagando a monte di quelle decisioni si può ricostruire in maniera più accurata quel risultato di politica internazionale.
- L'analisi comparata della politica estera di Rosenau: non può
Esistere una teoria onnicomprensiva della politica internazionale perché è un oggetto di studio talmente vasto che pretendere di costruire un modello teorico che la spieghi nella sua totalità è un'impresa destinata al fallimento, e quindi per uscire da questo problema il teorico della politica internazionale deve concentrarsi su teorie di medio raggio o pre-teorie, che possono essere propedeutiche alla costruzione della teoria della politica internazionale, che spieghino fenomeni più circoscritti (a partire dal comportamento degli Stati nelle situazioni analoghe, per fare delle comparazioni);
Il contesto psicologico e sociale delle decisioni di politica estera di Harold e Margaret Sprout, hanno cercato di mettere insieme i fattori materiali e immateriali della politica internazionale, cercando di capire come quello che pensiamo siano attori razionali (gli Stati) è in realtà irrazionale, quindi propongono di far tesoro di una serie di
Gli assunti utilizzati principalmente in sociologia per capire come i fattori immateriali, sociali, psicologici possono dire qualcosa degli attori delle relazioni internazionali, bisogna studiare gli individui e i gruppi ai vertici di uno Stato e che studiano la politica estera, attraverso anche altre discipline come la sociologia ecc. Il LIVELLO SUB-NAZIONALE si concentra di solito sullo studio dei leader politici. La letteratura si è concentrata in primo luogo su come e quanto i leader contano sul serio, perché non sempre è possibile ricondurre la scelta di politica estera dello Stato alla scelta del singolo, e quindi ci si può concentrare sui leader in alcuni casi. Queste condizioni sono diverse, come il tipo di regime politico: si ritiene che tanto più il regime politico è aperto tanto più le decisioni di politica estera siano scelte di tipo deliberato, ovvero non è il singolo che prende le decisioni (quanto è più o meno).accentrata la decisione di politica estera). Ci sono per esempio leader autoritari che si sono trovati nelle circostanze di avere pieno dominio, e quindi in quel caso possono diventare il centro della ricerca per capire la politica estera del loro Paese. Se poi un leader politico ha una certa expertise di politica internazionale si ritiene che a parità delle altre condizioni favorisca l'accentramento delle decisioni di politica estera rispetto a leader che non ne sanno niente e che quindi si rifanno alla delega. C'è anche l'interesse personale, se il leader è interessato è più coinvolto nelle decisioni (per esempio Hitler, Stalin, Putin). Ma è importante anche il carattere del leader, per esempio se è diffidente alla delega o si fida dei suoi collaboratori, se è caratterialmente più incline alla delega della raccolta di decisioni ecc. C'è poi un ampio spettro di studi di relazioni internazionali e della
politica estera che si è concentrato sui gruppi collettivi che concorrono a determinare o influenzare i processi decisionali in politica estera. I più famosi sono: - Il modello organizzativo si concentra su gruppi ristretti: ogni Stato ha delle organizzazioni che si occupano di politica estera, come il Nation Security Council degli Stati Uniti. Nella maggior parte degli Stati le decisioni di politica estera vengono prese da un gruppo ristretto di persone, che va dalle 12 alle 20 persone; chi ha evidenziato questo dato si è concentrato prevalentemente sulla ricostruzione delle dinamiche interne dei gruppi. Una delle teorie più famose è quella del groupthink, che si occupa di come le dinamiche interne ai gruppi interni rendono più o meno disfunzionale il gruppo che si occupa di politica internazionale (per esempio l'excomm durante la crisi dei missili di Cuba, l'unità di crisi istituita da Kennedy). In sociologia e psicologia.è stata quella di creare un clima di paura e minaccia costante per giustificare le sue azioni militari. Questo è stato possibile grazie alla stretta collaborazione tra l'amministrazione, i servizi segreti e i media, che hanno contribuito a diffondere un'immagine distorta della realtà. Inoltre, le organizzazioni possono anche influenzare le decisioni politiche estere attraverso il controllo delle informazioni e la manipolazione dell'opinione pubblica. Ad esempio, possono presentare solo le informazioni che supportano una determinata politica e nascondere quelle che la contraddicono. In questo modo, possono influenzare l'opinione pubblica e spingere il leader a prendere decisioni che altrimenti non avrebbe preso. In conclusione, le organizzazioni hanno un ruolo fondamentale nel processo decisionale di politica estera e possono avere una grande influenza sulle scelte dello Stato.Seguito dell'11 settembre di creare un nuovo organo portò ad una serie di conflitti burocratici interni che causarono delle scelte disfunzionali di politica estera.
Il LIVELLO NAZIONALE guarda alle caratteristiche interne dello Stato. La teoria della pace democratica è fondata sulla proposizione teoria che sostiene che le democrazie non si fanno mai o quasi mai guerra tra di loro: è il tipo di regime politico a spiegare il comportamento degli Stati a livello internazionale.
I primi teorici tra gli anni '80 e '90 rilevano che esiste una vera e propria regolarità nella politica internazionale, una "legge empirica" che dice appunto che le democrazie non fanno guerra tra di loro, che è il dato che le distingue dai regimi non democratici. La teoria spiega questa dato empirico secondo tre tipi di spiegazioni in qualche modo derivate da La pace perpetua di Kant (per raggiungere una pace perpetua è necessario che i regimi diventino repubblicani,
le cause strutturali, i regimi democratici sono organizzati in modo da essere più pacifici. Le istituzioni democratiche, come le elezioni periodiche e il dibattito pubblico, costringono i leader politici a tenere conto dell'opinione degli elettori e a essere responsabili delle loro azioni. Queste restrizioni istituzionali impediscono ai leader di fare la guerra con la stessa facilità di un dittatore o di un sovrano assoluto. Inoltre, in una democrazia, il popolo ha voce in capitolo nelle decisioni politiche, il che riduce la possibilità che le guerre vengano combattute per capriccio.Kant se al popolo viene dato il potere di influenzare la decisione, lo Stato non entrerà in guerra.
La federazione di repubbliche e le cause normative: le democrazie riconoscono un terreno culturale comune e tendono alla risoluzione pacifica, tendono a esternalizzare la propria cultura politica liberal-democratica, che fa sì che tendano ad evitare i conflitti e risolvere le controversie pacificamente. Tutti i regimi politici quando si affacciano sulla scena internazionale tendono a esternalizzare la propria cultura politica, il cui effetto fa sì che le democrazie tendano ad evitare le guerre tra di loro.
Le cause economiche: le democrazie liberali, a differenza di altri regimi, sono organizzate economicamente intorno all'idea del libero mercato, del libero scambio. Nulla di più lontano dall'autarchia. Le liberaldemocrazie oggi sono il motore della cosiddetta interdipendenza economica, perché sono i regimi che più aprono le loro economie al
commercio con gli altri Paesi. Questi autori sostengono che l'interdipendenza economica è più forte nel