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Vi sono anche delle caratteristiche di un gruppo che possono essere utilizzate
come indicatori:
- L’ampiezza : cioè le dimensioni che possono andare da minimo 3 persone, anche se
solitamente questi “gruppi” si trasformano in coppie con l’esclusione del terzo, ad un
massimo di 10/12 persone.
- Per creare un gruppo ci vuole una interazione prolungata e significativa: cioè
prolungata vuol dire lasciare il tempo perché emerga il sé di ognuno e significativa perché
solo le esperienze e a volte i conflitti rendono il rapporto significativo.
- Obbiettivi condivisi : un gruppo si riconosce come un tutto perché delle persone si
ritrovano nel condividere una certa prospettiva. Questi obbiettivi a volte possono essere
generati all’interno del gruppo, a volte sono assegnati dal contesto in cui il gruppo si
muove (ES: un èquipe di lavoro in cui vi sono delle figure istituzionali che assegnano
compiti).
- Norme
:la creazione di norme è di solito il risultato di una situazione di conflitto in cui
le varie persone portano la loro interpretazione di una data situazione. Molte norme sono
spesso informali, non tutte le norme che conosciamo in un gruppo sono totalmente
conosciute ne sconosciute. Esse sono collocabili in quell’area intermedia del pre-conscio
ed emergono nel corso della vita del gruppo quando queste norme non vengono
rispettate, allora si produce disagio e vissuto negativo.
- Mente gruppale : il gruppo dev’essere visto da un punto di vista psicologico come
una grande ed unica mente che funziona come un organismo a se stante.
- Ruoli : significa “aspettative di comportamento che un gruppo ha nei confronti di un
suo membro per il fatto che costui occupa una certa posizione”
- Relazioni affettive : che in psicologia dei gruppi vengono chiamate CLIMA, dicono
che ogni gruppo è caratterizzato da un proprio clima emotivo.
Il gruppo è il vero snodo importante nel rapporto tra individuo e mondo: un conto è
affrontare il mondo con una persona e basta, un conto è affrontarlo con una
squadra. Dal gruppo si può passare ad un livello ulteriore di socializzazione che
TRENTINI chiama comunitario di squadra (ad esempio in una scuola c’è un corpo
insegnanti e non una singola insegnante che seguirà il mio bambino). Si parla di
squadra anche come gruppo di lavoro perché è uno strumento importante per
arrivare al livello di socializzazione comunitario o organizzativo. C’è un altro livello
di interconnessione che è quello dell’intergruppo , è un organizzazione fatta da
diverse squadre le cui dinamiche fra i diversi gruppi costituiscono un passaggio,
una messa alla prova del gruppo stesso.
L’individuo che compie questi passaggi accede a quella dimensione comunitaria -
organizzativa in una posizione ben diversa dal singolo individuo che si affaccia al
mondo con tutti i timori e pericoli che deve affrontare. La possibilità di essere
efficaci nel mondo passa attraverso queste fasi: un individuo con esperienza di
coppia si apre all’esperienza di gruppo,successivamente all’insieme della comunità
e successivamente ancora si apre alla dimensione organizzativa che trascina in se
nella sfida tra individuo e società una posizione molto efficace. Il comunitario e
l’organizzativo, attraverso le tappe fondamentali del gruppo, sono una grande
possibilità di azione e intervento anche sul sociale.
Famiglia e comunità: la famiglia è presente come luogo gi affetti, il luogo della
soddisfazione dei bisogni primari e secondari, è in famiglia che ognuno di noi
esprime anche il lato peggiore di sè stesso. Gli obbiettivi della famiglia sono
generativi, educativi, economici, di sostegno, di solidarietà reciproca. Le norme,
ossia le leggi del codice civile, attualmente di sono andate estendendo anche per la
famiglia, tutelandola come gruppo o tutelando i membri che ne fanno parte (minori,
coniugi). Per quanto riguarda i ruoli identifichiamo quello di padre/madre e della
moglie/madre, dei figli. Per inquadrare la famiglia come gruppo, dobbiamo tener
presente che la famiglia si distribuisce su due assi: un asse orizzontale, dove
troviamo quei rapporti tra membri che appartengono ad una stessa generazione
( marito e moglie, figli e fratelli) e un asse verticale: costituito dalle diverse
generazioni (nonni, figli, genitori).
Il gruppo famiglia è l’incontro anche di tre differenze: la differenza sessuale tra uomo e
donna, la differenza generazionale, in cui la coppia da origine ad una nuova generazione,
e la differenza delle culture familiari perché ogni coniuge porta dietro di se un bagaglio
culturale sulla sua interpretazione della famiglia, dei figli e della vita in generale che dovrà
trovare un compromesso con il bagaglio diverso che l’altro partner porterà con sé.
La famiglia si mette in atto per l’educazione dei figli e il risultato dell’azione educativa si
vede dopo molto tempo; capita spesso che da giovani ci si dica “quando avrò figli non farò
mai questo e quello” ma si rivede spesso che si è destinati a ripetere gli stessi o simili
comportamenti appresi dai genitori forse tramite il meccanismo di apprendimento sociale,
è da qui che si dice che la famiglia è incontro delle tre grandi differenze sopra esposte. La
famiglia è il primo luogo dove nasce il conflitto, la parola crisi indica il fatto che una
persona si trova davanti ad una scelta che comporta una riorganizzazione. Ci sono eventi
ciclici, a cui tutte le famiglie vanno incontro, che sono portatori di crisi perché inducono ad
una riformulazione o di nuove regole di comportamento.
Seguendo una coppia troveremo che il primo evento critico l’hanno nella loro formazione,
anche il decidere di sposarsi crea forti tensioni n quanto il fatto di dichiararsi ed assumere
responsabilità producono effetti psicologici non sempre affrontati positivamente, cosa che
non accade invece nella convivenza.
L’elemento critico e il compito di sviluppo vanno visti insieme, nel senso che l’elemento
critico costituisce quel momento di riorganizzazione che può essere superato nel momento
in cui alcuni compiti di sviluppo li mettiamo in atto per il superamento del momento critico
stesso.
Un elemento critico può essere la nascita di un figlio e nel momento in cui non si è più figli
ma si diventa anche genitori si vedrà in modo diverso i propri genitori. Un altro elemento
può essere la prima scolarizzazione di un figlio oppure la sua adolescenza. Altro momento
difficile è quello del “nido vuoto” , quando i figli se ne vanno di casa e la coppia ritorna tale
e deve ristabilire il suo equilibrio. Altro evento sono i genitori anziani, le loro cure ed infine
la loro morte. Ciascuno di questi momenti della vita pone le persone
davanti a compiti di sviluppo dei coniugi rispetto alle generazioni dei figli, dei coniugi
rispetto ai genitori, dai coniugi rispetto ad una ridefinizione dei loro legami di coppia. Tutto
questo è la complessità della famiglia.
• Il conflitto: non esistono organizzazioni esenti da conflitti o momenti di vita ne
rapporti umani esenti da questi. Il conflitto può essere ciclico, cioè ripresentarsi
regolarmente oppure seguire dinamiche andando verso un escalation o una escalation
(controllo,risoluzione). Il conflitto può poi risultare maligno o benigno.
Tutti sappiamo ed intendiamo il termine conflitto come negativo, e sappiamo fin dove si
può spingere la malignità dell’essere umano, fino a punti che fanno rabbrividire. Meno
facile risulta pensarlo in termini positivi. Per essere positivo il conflitto si deve rivolgere
al fare e non all’essere di una persona. Se si vuole mantenere il conflitto dentro argini
di un confronto anche forte e acceso ma alla fine benefico si dovrà porre attenzione a
non attaccare l’essere della persona che si ha di fronte.
È in famiglia che si apprende il primo
atteggiamento nei confronti del conflitto: esso può essere qualcosa dal grande potere
distruttivo, oppure può essere la tempesta che si abbatte ma che anche passa e
sempre lascia il passaggio trasformato e a volte anche migliore di prima. Regola prima,
per un conflitto che vuole andare verso una buona soluzione, è di non attaccare
l’autostima del coprotagonista del conflitto. Un buon modo per mantenere nei limiti il
conflitto è poi quello di circostanziare a fatti ben precisi l’orizzonte del conflitto stesso;
in questo modo si eviterà ancora una volta di trascinare nella tempesta la persona per
intero. Tenendo presente queste piccole regole potrebbe succedere che proprio dopo
un acceso conflitto si amerà ancora di più la persona con la quale ci si è scontrati;
questa è una possibile conseguenza relazionale ed emotiva di una dinamica che
permette l’emergere delle proprie parti migliori, combattive ed assertive.
Ecco allora una serie di effetti positivi apportati dal conflitto stesso:
- Il conflitto accresce la tendenza al rinnovamento: nulla di nuovo può avvenire senza
uno scontro di elementi che ne producono le condizioni di nascita;
- Il conflitto permette di far chiarezza circa le proprie convinzioni e a far prendere
meglio le proprie posizioni: per sostenere una convinzione occorre che il suo sostenitore
abbia chiaro argomenti ed idee di fondo e che le argomentazioni siano per lui valide, il
conflitto può aiutare a ridefinire i valori della persona perché se uno ci tiene ad una cosa è
nel momento del conflitto che si metterà alla prova motivando ed attaccandosi alla
convinzione stessa comprendendo che questo attaccamento ha un prezzo.
- Il conflitto fa aumentare la consapevolezza della propria identità: nel conflitto si
possono scoprire lati di noi che non conoscevamo.
- Il conflitto accresce la reciproca motivazione a migliorare i rapporti: lo scontro-
confornto in cui due posizioni divergenti mirano ad affrontarsi e le persone ad affermare se
stesse, non deve essere per sopprimere l’altro ma per confrontarsi con esso. Il conflitto
accresce in tal mondo l’autenticità del rapporto.
Con queste affermazioni non si vuole negare la valenza negativa che il conflitto ha in sè
anche perché con esso scaturiscono emozioni negative: odio, rabbia, frustrazione, che se
non espresse portano ad effetti temibili, ma che se invece affrontati possono sfociare in un
salto in avanti del rapporto in termini positivi,anche se non senza difficoltà.
Il conflitto non può però sempre essere espresso perché a volte ci sono o “esigenze di
lavoro”: cioè non vi è lo spazio adatto per scontrarsi, e non è bello farlo in pubblico perché
si potrebbe sp