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IL COLLOQUIO CLINICO – EMOZIONI, DIFESE E CONDUZIONE DEL COLLOQUIO
• Nella conduzione del colloquio non si può prescindere dalle caratteristiche del paziente che abbiamo
difronte:
- Il paziente è sufficientemente attendibile a fronte della gravità della sua condizione psichica?
- È necessario l’intervento di un altro specialista?
- Il paziente è in grado di una compliance sufficiente?
- Il nostro paziente è un minore d’età? 12
- Se è un minore è accompagnato dai suoi genitori, da genitori affidatari, da operatori di comunità?
Il paziente che arriva dalla famiglia è un po’ più complicato perché non ha consapevolezza, e magari la sua patologia fa
modo che il suo pensiero sia poco attendibile, quindi bisogna trovare delle strategie per raccogliere delle informazioni.
• Accade che le caratteristiche della psicopatologia del paziente o della situazione che si presenta possono
interferire pesantemente sull’assetto mentale del clinico e sulla sua operatività inducendolo ad agire
comportamenti o distorcendo le sue capacità di comprensione e di ragionamento
MECCANISMI DI DIFESA
Sono delle strategie destinate a proteggere la persona da un’esperienza emozionale troppo forte, in particolare dallo
sviluppo di angosce intollerabili.
Divengono disfunzionali quando il loro utilizzo è prevalente e/o esclusivo e quando avviene al di fuori della
consapevolezza. [27/11/2017]
L’assetto emotivo del clinico può essere influenzato da diversi elementi, tra cui:
- Le emozioni che la patologia gli suscita
- La risonanza emotiva dovuta all’esperienza di ‘’rispecchiamento’’ che l’incontro determina
- Le emozioni che l’impatto con il bisogno o la sofferenza suscitano
Le possibili emozioni del clinico nell’incontro con la sofferenza dell’altro:
- Ansia/angoscia
- Depressione
- Frustrazione
- Fastidio/disgusto
- Inadeguatezza
- Inutilità
- Onnipotenza
- Indifferenza
RIMOZIONE
v
Si tende a ‘’dimenticare’’ ed allontanare la dimensione del dramma psichico dalla sfera della consapevolezza. C’è il
riconoscimento oggettivo di un problema, ma i contenuti emotivi dell’esperienza dell’altro sono rimossi.
NEGAZIONE
v
Le emozioni scatenata dall’incontro con la sofferenza possono indurre la negazione o addirittura il diniego verso
quanto espresso dall’altro.
SCISSIONE
v
Può manifestarsi a vari livelli come separazione tra parti buone e cattive di sé, dell’altro e della realtà. Si realizza
quindi una dicotomia bene/male, che può determinare una presa di posizione assolutistica.
IDEALIZZAZIONE
v
Vi è una sopravvalutazione magica e onnipotente che può essere attribuita a vari livelli:
- Al proprio ruolo
- Ad aspetti di sé
- Ad aspetti parziali della personalità dell’altro alla situazione d’aiuto
RAZIONALIZZAZIONE
v
È il tentativo di giustificare attraverso spiegazioni, argomenti e ipotesi logiche. Può evolvere in una posizione di attesa
passiva volta all’evitamento del contatto emotivo
IDENTIFICAZIONE DI RUOLO
v
Il clinico può identificarsi con l’altro entrando in risonanza emotiva ed affettiva con i suoi vissuti di sofferenza. Con
l’immagine di un genitore buono e riparatore. Con una funzione giudicante e punitiva.
ATTEGGIAMENTO DISFUNZIONALE
v
Sul piano comportamentale il risultato può essere un irrigidimento di atteggiamenti difensivi che entrano in campo
nella relazione condizionando l’approccio, l’atteggiamento, il linguaggio, l’interazione, in una parola la qualità
dell’incontro e i suoi esiti. 13
DISTANZIAMENTO
v
Ostentare freddezza come espressione di neutralità. Si traduce, ad esempio, nella tendenza a burocratizzare la
relazione, in un eccessivo ricorso a procedure e a protocolli.
Non consente un’interazione partecipe e una attenzione empatica.
SEDUZIONE
v
Cercare di mostrarsi intelligente, sforzarsi di capire tutto, cercare di conquistare l’ammirazione del paziente ad ogni
costo o essere suscettibili alla seduzione dell’altro. ostentare amichevolezza eccessiva e vicinanza caricaturale.
FOCALIZZARE SUL FARE
v
Il ricorso al fare, come difesa rispetto alla possibilità di sentire e pensare e come antidoto al senso di impotenza. Ad
esempio ci si può ritrovare ad agire continuamente eliminando la possibilità di riflettere, ‘’inventando’’ e
moltiplicando gli interventi. Avere fantasie salvifiche ed onnipotenti.
SOTTOVALUTARE
v
Può capitare di sottovalutare la sintomatologia del paziente perché il clinico ne è spaventato o perché è talmente
frequente nella sua esperienza che arriva a considerare normale.
SOVRASTIMARE
v
Un clinico meno esperto può invece sovrastimare i comportamenti patologici quando non ha conoscenza del fatto che
possono prodursi in momenti di particolare crisi o stress.
COINVOLGIMENTO ECCESSIVO
v
Lo psicologo clinico, se non riesce a mantenere un confine chiaro tra sé e l’altro può ‘’confondersi’’ in un rapporto
simbiotico con il paziente, rischiando di sperimentare:
- Senso di colpa
- Senso di impotenza e fallimento
- Senso di onnipotenza secondo il modello ‘’io ti salverò’’
…LE CONSEGUENZE
le differenti reazioni descritte hanno in comune le medesime conseguenze sul piano operativo:
- L’impossibilità di stabilire un contatto interpersonale reale con il paziente.
I rischi correlati possono essere:
- Ritardo o non attivazione degli interventi opportuni
- Realizzazione di interventi inappropriati e non efficaci
STRUMENTI PROTETTIVI ED EVOLUTIVI
- Gruppo di lavoro: sano viene a costruire un contenitore che assicura confronto, condivisione di conoscenze
ed esperienze, organizzazione in riferimento ad una cultura condivisa. È quindi essenziale avere cura
dell’équipe dedite alla cura
- Supervisione: si connota come luogo protetto, di contenimento e di ascolto. Grazie alla supervisione è
possibile arrivare ad una maggiore conoscenza di sé stessi anche nelle relazioni con gli altri, alla
consapevolezza dei propri vissuti emotivi, delle risposte comportamentali che si attivano di conseguenza,
delle dinamiche che si sviluppano nel gruppo di lavoro
- Formazione: consente di collocare il proprio lavoro all’interno di quadri teorici di riferimento, sostiene la
costruzione e il mantenimento di una struttura organizzativa contenitiva, aiuta a sviluppare capacità
individuali e nel riconoscere, analizzare ed elaborare le situazioni che di volta in volta si verificano
[28/11/2017]
IL COLLOQUIO CLINICO – IL PROCESSO DIAGNOSTICO
‘’Il processo diagnostico è l’iter che il clinico percorre insieme al paziente, allo scopo di rilevare e circoscrivere
l’ampiezza e l’entità del/dei disturbi lamentati, attribuire loro un significato ed individuare le possibili strategie di cui
avvalersi per ridurre, modificare, laddove possibile, la causa che ha provocato la sofferenza che lui e/o i suoi familiari
lamentano’’
LA DIAGNOSI
v 14
Dal punto di vista psicologico, è innanzitutto un processo conoscitivo che si realizza all’interno di una relazione
interpersonale, che ne è la base e la influenza; processo che può dare luogo (non necessariamente) all’individuazione
di una psicopatologia.
È all’interno della relazione interpersonale che si collocano tutti gli atti psicologici del percorso diagnostico:
- Il colloquio
- L’osservazione
- La somministrazione dei test
Per quanto riguarda i test occorre non dimenticare che, anche nella loro somministrazione, assume rilevanza clinica la
relazione tra esaminatore ed esaminato, delle cui caratteristiche osservate si deve tenere conto nella formulazione
della valutazione testistica.
• Il processo conoscitivo che chiamiamo ‘’diagnosi’’ assolve molteplici funzioni e compiti a più livelli:
1. conoscenza delle modalità di funzionamento psicologico del soggetto, siano esse normali o patologiche
2. (nel caso in cui sia stata individuata una psicopatologia) categorizzazione delle informazioni, secondo un
sistema di classificazione riconosciuto e condiviso dalla comunità scientifica, allo scopo di facilitare la
comunicazione fra addetti ai lavori, anche di indirizzo teorico diverso
3. facilitazione della comunicazione con il paziente
4. orientamento delle scelte terapeutiche, ovvero la diagnosi come atto preliminare indispensabile per
formulare qualsiasi indicazione di intervento
Pertanto per diagnosi psicologica intendiamo: ‘’sia il processo per mezzo del quale (dia-) cerchiamo di conoscere
(gnosis) il funzionamento psichico di un determinato soggetto sia la denominazione, basata su una terminologia
condivisa dalla comunità scientifica, che attribuiamo a tale funzionamento’’
Si tratta di un processo che si snoda tra due polarità:
- la conoscenza idiografica si propone di studiare i fenomeni secondo individualità, cercando solo elementi
specifici. Si concentra sulle peculiarità di un singolo individuo, sulla sua specificità e irripetibilità
- la conoscenza nomotetica si propone di studiare i fenomeni secondo regolarità e cercando solo gli elementi
generali. Cioè in riferimento all’individuazione di leggi e ricorrenze che accomunano il funzionamento delle
persone nelle diverse situazioni
DIAGNOSI PSICOLOGICA
v
È un giudizio clinico teso a valutare aspetti e processi della personalità, modalità relazionali, livelli di competenze
cognitive, struttura della personalità, e in genere a descrivere le funzioni psichiche del soggetto, normali e
patologiche. È una sorta di ‘’mappatura’’ del funzionamento psichico che si traduce in una descrizione narrativa il più
possibile sistematica e deve rispondere sia a requisiti di specificità sia di generalizzabilità. Tale diagnosi è effettuata
unicamente con strumenti tipici della professione di psicologo, quali il colloquio clinico, l’osservazione, la
somministrazione di test di personalità o di livello.
DIAGNOSI PSICHIATRICA
v
Per diagnosi psichiatrica si intende invece il giudizio clinico consistente nel riconoscimento o nell’esclusione di una
condizione morbosa dell’apparato psichico, tendente a un inquadramento nosologico della patologia, riscontrata,
secondo i criteri stabiliti dalle classificazioni internazionali. Tale diagnosi è effettuata attraverso il collo