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Se quindi ci chiediamo cos’è in pratica la psicologia istituzionale si potrebbe dire che è lo
di organismi che hanno un’esistenza fisica concreta e una durata di un
studio di quell’insieme
certo grado in qualche settore dell’attività umana, per studiare in essi tutti i fenomeni umani
che vi si verificano. Quanto alle istituzioni Burgess ne identifica 6 tipi: culturali; commerciali;
ricreative; di controllo; sanitarie; di comunicazione.
Lo psicologo di una istituzione deve conoscere: gli obiettivi; i procedimenti che utilizza per
raggiungerli; l’ubicazione geografica e il rapporto con la comunità; le relazioni con le altre
istituzioni; origine e formazione; evoluzione nel tempo; organizzazione e norme;
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caratteristiche delle persone che ne fanno parte; valutazione dei risultati e criteri di
valutazione. Lo psicologo una volta che entra in contatto con una istituzione ed i suoi obiettivi,
deve accettarli, salvo che per motivi etici si trovi in contrasto con questi; inoltre gli obiettivi
dell’istituzione non sono i suoi obiettivi, questa puntualizzazione è importante per distinguere
e quello che opera nell’ambito della psicologia
lo psicologo che lavora in una istituzione
istituzionale, perché il primo è un impiegato che ha il ruolo di tranquillizzare, mentre il
secondo è un consulente, un professionista indipendente che analizza la situazione e si
propone di agire sui punti di criticità che lui rileva, indagando i fenomeni psicologici che
hanno luogo in quella istituzione. Per questo motivo si parla di tecniche di inquadramento
che portano a stabilire l’inquadramento stesso,
come insieme di operazioni e di condizioni
una sorta di setting allargato, che si compone di 5 tappe o tecniche:
1. Lo psicologo non deve mai discostarsi da un atteggiamento clinico
2. Deve stabilire il tipo di informazione da dare sui risultati e a chi
3. Mantenere il segreto professionale
deve rispettare il ritmo dell’elaborazione dei dati
4. Ogni rapporto o interpretazione
5. Limitare al massimo i contatti extraprofessionali o escluderli
I contatti e i rapporti che lo psicologo stabilisce con l’istituzione costituiscono fin dall’inizio
lavorerà, cominciando dal modo e perché l’istituzione lo ha chiamato, le
il materiale su cui il “grado di dinamica” di una istituzione questo non è
aspettative etc. per quanto riguarda
determinato dall’assenza di conflitti ma anzi dalla possibilità di esplicitarli, affrontarli e
risolverli nell’ambito istituzionale. Quanto più basso è il grado di dinamica, tanto più
raramente è chiamato lo psicologo; infatti perché una istituzione si rivolga a lui deve aver
raggiunto un certo grado di insight riguardo ai suoi conflitti interni, che possono essere:
individuali; interni al gruppo o all’intergruppo; a ruoli e livelli; ai compiti; alle strategie etc.
Quello che conta è la dinamica psicologica in base alla quale ogni individuo impegna la sua
nelle istituzioni sociali, vivendo l’istituzione come uno strumento anche di
personalità
regolazione e di equilibrio della propria personalità e non solo come un sistema di controllo.
Per questo ad ogni mutamento istituzionale si accompagna uno sbalzo nella struttura
psicologica degli esseri umani che vi sono coinvolti. Non dobbiamo più credere che l’uomo
appartiene all’istituzione ma è l’istituzione che deve appartenere all’uomo e non si può
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arrivare a questo risultato senza la psicologia, sebbene non sia l’unico mezzo, ma è quella che
dovrebbe spiegare come ogni istituzione è un gruppo in cui ciascun membro deve trovare il
suo ruolo e il suo livello per potervi appartenere, ad esempio: l’istituzione ospedaliera è stata
finora uno dei campi in cui si è ricorsi di più alla psicologia istituzionale, forse perché sembra
più legato alla psicologia, la vede come strumento terapeutico in una istituzione che è
terapeutica di per sé, in realtà è molto ansiogeno il compito quotidiano di medici e infermieri
nell’equipe sanitaria comportamenti
sempre a contatto con la malattia e la morte. Ciò provoca
difensivi che possono manifestarsi con tensioni, atteggiamenti onnipotenti, mancanza di
si riflettono poi nell’atteggiamento
comunicazione, frustrazione etc. Tutte problematiche che
con i pazienti, tanto che una delle richieste più comuni, o espressa o sottintesa è “comportati
bene”, con cui in realtà si incoraggia la dipendenza del paziente. Negli ospedali psichiatrici
ancor più sembra che nell’organizzazione ci sia la stessa alienazione dei pazienti, si tende a
trattare i malati come cose, per cui perdono l’identità e l’essenziale è segregarli.
L’azienda
L’azienda è l’istituzione che pone problemi più gravi per quanto riguarda il chiarimento degli
obiettivi e l’accettazione dei compiti professionali, lo psicologo che viene chiamato deve
considerare la persona che lo consulta, o dirigente, o proprietario, non solo come cliente ma
come primo soggetto su cui intervenire. Non dimentichiamo che la psicologia istituzionale
deve essere applicata anche allo stesso gruppo di psicologi che nel loro insieme formano una
istituzione perché all’interno dell’equipe gli psicologi si riflettono sulle loro relazioni le
tensioni provocate dal loro compito.
In conclusione dobbiamo costruire una psicologia della prassi e una prassi della psicologia,
di cui la psicologia istituzionale rappresenta un primo passo.
Lo psicologo di comunità
L’igiene mentale tradizionalmente è legata alla malattia mentale, alla sua profilassi e alla
psicoigiene, però gli obiettivi di questa disciplina si sono modificati nel tempo, tanto che è
possibile identificare 5 tappe:
1. Fare qualcosa per il malato mentale, per cui si trattava essenzialmente di una attività
assistenziale e terapeutica 4
Intorno agli anni ’60 si comincia a dire che l’essenziale è la diagnosi precoce,
2. l’obiettivo diventa evidenziare al più presto l’insorgere della patologia
Anni ’70: si comincia a parlare di profilassi o psico-profilassi,
3. evidenziando le
situazioni a rischio
4. Problema della riabilitazione, cioè fornire un supporto psicologico al soggetto guarito
5. Obiettivo attuale è promuovere la salute di tutti, tanto che si parla di prevenzione
positiva
Nel campo della prevenzione inoltre si suole distinguere tra:
Prevenzione presuntiva: si basa sulla modifica di una condizione eziologicamente
presunta come possibile causa
Prevenzione relativa: quando il disturbo ha già fatto la sua comparsa, è possibile agire
sul piano terapeutico, sostitutivo o radicale (modifico del tutto certe condizioni)
razionale o empirica che consiste nell’annullare completamente
Prevenzione assoluta:
le cause che possono portare ad una patologia
L’attività di promozione della salute, nell’ambito della salute pubblica e dell’igiene mentale
non è mai unidirezionale, si presenta come una costellazione multifattoriale che include
problemi economici, sociali, culturali, bisogni, credenze, per cui non è possibile indicare una
strategia unica ma bisogna almeno distinguere 6 campi che a loro volta spesso si intersecano:
1. Lavoro dello psicologo nella comunità considerata nella sua totalità come consulente
dei poteri pubblici, degli organismi direttivi
Lavoro in istituzioni come famiglie, fabbriche, scuole…
2. Intervento nelle tappe evolutive (infanzia, adolescenza…fino alla vecchiaia)
3. periodi di cambiamento (nascita…)
4. Intervento nei
5. Assistenza in esperienze particolari (divorzio, lutto, adozione)
6. Periodi critici come emigrazione, rovesci economici, incidenti etc.
A questo punto viene riportato anche se non corrisponde totalmente a quanto detto il
diagramma di Blain, che mostra una classificazione della popolazione e delle istituzioni in
relazione agli interventi di salute mentale. Si tratta di una suddivisione in 4 fasce:
1°fascia=periodo pre-natale e nascita (problemi di eredità genetica, sviluppo fetale, reazione
al parto e traumi alla nascita); 2°fascia= vita normale (comprende tutti i soggetti della prima
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fascia che crescono normalmente ed esplicano le loro funzioni in un certo contesto sociale
senza particolare bisogno di un aiuto esterno); 3°fascia= area dei problemi (comprende le
persone che in situazioni particolare ricorrono agli enti pubblici, creati dalla società come
ospedali, orfanotrofi, case di riposo, infermiere a domicilio. Una volta eliminata la patologia
queste persone dovrebbero rientrare nella fascia 2); 4°fascia= malattia mentale (comprende i
malati mentali che non possono essere curati nella 3°fascia ma necessitano di servizi clinici
particolari). Secondo Blain gli sforzi della prevenzione primaria: vengono fatti nella fascia 1,
2, 3 ma non nella 4 dove si applicano misure di prevenzione secondaria. A questo punto, visto
che ancora è un campo di indagine giovane, per cui gli stessi obiettivi non sempre sono stati
precisati e condivisi da tutti vengono riportati alcuni autori e alcune pubblicazioni
particolarmente importanti:
Sierra afferma che l’assistenza sociale è
Sierra, Introduccion à la assistencia social.
la disciplina normativa che si occupa di stabilire i principi, le nore e le procedure per
aiutare individui, gruppi e comunità a risolvere i propri problemi e difficoltà.
Afferma che il servizio sociale è l’arte di fare diverse cose
Bousquet, Le service sociàl.
per diverse persone, con il concorso di queste, cooperando con loro in modo da
migliorare contemporaneamente la loro situazione e quella della società.
Un ex presidente della sezione nazionale della Legione Americana di Ausilio specifica
che con la parola servizio si indica un comportamento che contribuisce al bene altrui,
qualunque risultato di un compito che possa produrre o meno un bene tangibile.
Gonzales, Processo del servizio sociale di comunità. Afferma che per avere un vero
servizio di comunità sono essenziali due elementi: la partecipazione della popolazione
per migliorare il suo livello di vita e un’offerta di servizi che stimoli l’iniziativa, lo
sforzo individuale e l’aiuto reciproco.
Anche nell’opera di Ware, Organizzazione della comunità per il benessere, si parla di servizi
sul concetto di dignità dell’essere umano, di rispetto per l’individuo e di
sociali basati
responsabilità personale. A questo punto possiamo trarre alcune disposizioni che lo psicologo
deve rispettare e che