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NON ACCETTAZIONE O RIFIUTO DELL'INCARICO
Ai sensi dell'Art. 107 cpp, il difensore che non accetta l'incarico conferitogli o vi rinuncia ne dà subito comunicazione all'autorità procedente e a chi lo ha nominato. La non accettazione ha effetto dal momento in cui è comunicata all'autorità procedente. La rinuncia non produce effetti fino a quando la parte non risulti assistita da un nuovo difensore - di fiducia o d'ufficio - e se non è decorso il termine eventualmente concesso ai sensi dell'art. 108 cpp. Tale disposizione si applica anche in caso di revoca dell'incarico.
TERMINE PER LA DIFESA
Ai sensi dell'Art. 108 cpp quando ci si trova dinanzi ad una rinuncia, una revoca, una incompatibilità o comunque in caso di abbandono della difesa, il nuovo difensore dell'imputato, se ne fa richiesta, ha diritto ad un termine congruo - non inferiore a 7 giorni - per
prendere cognizione degli atti e per informarsi sui fatti oggetto del procedimento. Tale termine può essere ridotto con il consenso dell'imputato o dello stesso difensore o se vi sono specifiche esigenze di natura processuale che possono determinare la scarcerazione dell'imputato o la prescrizione del reato. In tal caso il termine non può essere comunque inferiore a 24 ore.376. GLI ATTI
30. INTRODUZIONE
Il processo (in generale) è una sequela di atti teleologicamente predeterminati all'emanazione di un provvedimento finale, che quasi sempre assume la forma di una sentenza.
Un atto processuale è dunque un fatto giuridico, posto in essere da un soggetto processuale e che può essere inteso:
- In senso stretto: un fatto giuridico compiuto da un soggetto prima, durante o dopo il processo;
- In senso lato: un fatto che, pur non essendo compiuto da un soggetto processuale, produce delle conseguenze all'interno del processo.
Alla
disciplina riguardante gli atti processuali è dedicato l'intero del codice. Libro II La prima norma in tema di atti processuali è l'Art. 109 cpp, il quale fa riferimento alla lingua degli atti. La lingua degli atti dev'essere quella italiana, ma il codice riporta una serie di garanzie per gli stranieri, i quali hanno diritto di avere gli atti tradotti se non sono in grado di comprendere la lingua italiana. L'Art. 110 cpp dispone invece che gli atti devono essere sottoscritti e che non è valida la sottoscrizione con mezzi meccanici; se chi deve firmare non è in grado di scrivere, il pubblico ufficiale al quale è presentato l'atto o che riceve l'atto orale, accerta l'identità della persona e ne fa annotazione alla fine dell'atto medesimo. 31. DIVIETO DI PUBBLICAZIONE DI ATTI E DI IMMAGINI (Art. 114 c.p.p.) L'Art. 114 c.p.p. dispone il divieto di pubblicazione di atti e immagini del processo. Talenorma va letta incombinato con l'Art. 329 cpp, il quale afferisce al libro delle indagini preliminari e riguarda gli obblighi di segreto che devono governare tale fase. Nella logica accusatoria tale norma risponde ad una pluralità di interessi, ma principalmente a quello di tutela della privacy in chiave di presunzione di non colpevolezza e di non stigmatizzazione della persona sottoposta alle indagini, ma anche per far sì che tutto quanto raccolto dal PM sia valutato dal giudice passando per il filtro del contraddittorio tra le parti.
La norma dunque dispone (comma 1) di come sia vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto. Gli atti coperti dal segreto sono quelli indicati dall'Art. 329 cpp, il che fa intendere come una norma sia strumentale all'applicazione dell'altra. L'art. 329 cpp statuisce che sono coperti dal segreto tutti gli atti di indagini compiuti dal PM o dalla
polizia giudiziaria fino a quando l'imputato non possa averne conoscenza e comunque non oltre la conclusione delle indagini preliminari. Nei confronti degli atti di indagine che sono segreti (art. 329 c.p.p.) è posto il divieto assoluto di pubblicazione, e cioè è vietato pubblicarne sia la riproduzione totale o parziale, sia il riassunto, sia il contenuto generico (art. 114, comma 1 c.p.p.). Il legislatore vuole evitare che la conoscenza anticipata degli atti segreti di indagine vanifichi l'attività investigativa che si sta svolgendo (34). Ma può anche accadere che la pubblicazione di un singolo atto possa agevolare l'investigazione; il caso è previsto dall'art. 329, comma 2 (35).
Ai sensi del comma 2 anche quando gli atti non siano più coperti da segreto, è vietata la pubblicazione fino a quando non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare. Un differente regime
Opera per gli atti del procedimento penale che non siano segreti. Tale è la situazione sia degli atti che fin dall'origine nascano come conoscibili dall'indagato (non occorre che questi o il suo difensore in concreto ne abbiano avuto effettiva conoscenza), sia degli atti che divengano successivamente conoscibili (artt. 364-366 c.p.p.).
Ricordiamo che il segreto cessa, di regola, quando è notificato all'indagato l'avviso di conclusione delle indagini (art. 415-bis c.p.p.) o quando le indagini preliminari si sono concluse, ad esempio, con l'archiviazione.
Per gli atti conoscibili vige un divieto attenuato di pubblicazione, nel senso che è vietato pubblicare l'"atto" (art. 114, comma 2, c.p.p.), e cioè il testo parziale o totale dell'atto stesso. Viceversa, è consentito pubblicare il "contenuto" dello stesso (art. 114, comma 7, c.p.p.), e cioè "notizie di stampa più o
meno generiche e prive di riscontri documentali riguardanti il contenuto di atti» .A tale regola è posta un’importante eccezione: è possibile pubblicare il testo dell’ordinanza che applica unamisura cautelare.
Il nostro ordinamento prevede due fascicoli all’interno del processo penale: il fascicolo del PM, il qualeconcerne le indagini e le prove raccolte dal PM e il fascicolo per il dibattimento, il quale contiene tutti gliatti che possono essere conosciuti dal giudice del dibattimento. Gli atti contenuti nel fascicolo per ildibattimento sono pubblicabili: l’udienza dibattimentale è infatti caratterizzata proprio dal principio dipubblicità. Inizialmente la norma non prevedeva la pubblicazione di tali atti se non dopo l’emanazione dellasentenza di primo grado, un limite che è stato poi rimosso dalla Corte costituzionale.
I commi 4 e 5 prevedono ipotesi eccezionali nelle quali il giudice può disporre che gli
atti restino segreti.Ai sensi del comma 6 è vietata la pubblicazione di generalità e immagini dei minorenni che siano testimoni, persone offese o danneggiati dal reato fino a quando non siano divenuti maggiorenni. Il Tribunale per i minori, nell'interesse esclusivo del minore (o lo stesso minore se ha compiuto 16 anni) può disporne la pubblicazione. È comunque vietata la pubblicazione di elementi che anche indirettamente possano comunque portare all'identificazione di suddetti minorenni. È vietata la pubblicazione di persone in vinculis, salvo che vi consenta la stessa persona. Norma di chiusura è contenuta nel comma 7, il quale dispone che è sempre consentita la pubblicazione di atti non coperti da segreto, purché avvenga per riassunto. Le conseguenze che derivano dalla violazione dell'art.114 cpp non sono chiare. Infatti l'art. 114 prevede solamente l'apertura di un procedimento disciplinare a carico del responsabile,
ma nulla più. Tale impianto sanzionatorio molto blando rende estremamente violata la norma de quo. 32. GLI ATTI DEL GIUDICE 32.1. SENTENZA, ORDINANZA, DECRETO L'Art. 125 (Forme dei provvedimenti del giudice) stabilisce che i provvedimenti del giudice possono essere: - Sentenza: emanata ha la funzione di definire un grado del giudizio. Si tratta in nome del popolo italiano, dunque della decisione finale, di quella che interviene in risposta all'esercizio dell'azione penale. La sentenza dev'essere sempre motivata a pena di nullità e deve dunque dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudice per giungere a quella specifica decisione. L'obbligo della motivazione è posto direttamente dalla Costituzione (art. 111, comma 6) e ripetuto dal codice che prevede la sanzione della nullità (relativa) per l'eventuale inosservanza (art. 125, comma 3). È il codice a stabilire quando il provvedimento del giudice debbaassumere forma di sentenza;
- Ordinanza: anch'essa è motivata a pena di nullità dell'atto. Mentre la sentenza decide un intero grado del processo, l'ordinanza ha una funzione propulsiva, cioè ha la funzione di risolvere una determinata questione che interviene all'interno del processo, la cui soluzione è prodromica alla soluzione dello stesso. Dunque, l'ordinanza risolve delle questioni che incidentalmente sorgono nel corso del processo e, una volta emessa, consente al processo di andare avanti, di svilupparsi nel suo percorso dinamico. Ad esempio, con ordinanza il giudice accoglie o respinge la domanda di ammissione di un mezzo di prova (art. 190, comma 1).
- Decreto: è un provvedimento motivato solo quando la legge richiede che lo sia. Mentre sentenza e ordinanza sono provvedimenti tipici del solo giudice, il decreto è tipico anche del PM. Il decreto è uno strumento di decisione emanato in assenza di
- Il procedimento in camera di consiglio è regolato dall'Art. 127 c.p.p.
- Il legislatore fissa i casi nei quali la deliberazione viene conservata il plico chiuso.