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La ricostruzione del paese
Con l'alibi di superare rapidamente la fase contingente della ricostruzione dei centri abitati attraverso disposizioni agili e di emergenza, fu accantonata la legge urbanistica di cui l'Italia disponeva e fu varata la legge sui piani di ricostruzione, disciplinati da norme sociali, estesi solo a porzioni del territorio comunale.
Fu uno strumento semplificato, rozzo, privo di basi analitiche, finalizzato a far presto: i comuni compresi negli appositi elenchi approvati dal ministero dei Lavori pubblici dovevano adottare entro tre mesi il piano di ricostruzione; le spese occorrenti per la sua progettazione erano a carico dello stesso ministero; la durata complessiva dei piani non avrebbe dovuto superare i dieci anni; per facilitare l'attuazione dei piani sono state abbreviate le procedure per le espropriazioni e sono state concesse particolari facilitazioni fiscali; con altri provvedimenti legislativi, venivano poi concessi indennizzi e contributi per i.
economica, c'era anche una ragione sociale. La guerra aveva causato enormi danni alle abitazioni, lasciando molte persone senza un tetto sopra la testa. La ricostruzione delle abitazioni era quindi una priorità per garantire un'adeguata qualità della vita alla popolazione. La legge sui piani di ricostruzione aveva lo scopo di coordinare gli sforzi di ricostruzione e di garantire che le risorse fossero utilizzate in modo efficiente. Questo includeva la riparazione e la ricostruzione di abitazioni danneggiate o distrutte durante la guerra. L'edilizia è stata considerata la locomotiva della ricostruzione perché offriva molte opportunità di lavoro e contribuiva alla ripresa economica. Inoltre, il settore edilizio non richiedeva investimenti iniziali costosi o una grande esperienza imprenditoriale, rendendolo accessibile anche a coloro che avevano perso tutto durante la guerra. La ricostruzione delle abitazioni non solo forniva un tetto sopra la testa alle persone, ma contribuiva anche a ripristinare un senso di normalità e stabilità nelle comunità colpite dalla guerra. La ricostruzione delle abitazioni era quindi un elemento chiave per la ripresa economica e sociale del paese.paragrafi, utilizzando i tag html appropriati:sociale era la domanda di abitazioni. Ciò fu un pretesto per alzare i prezzi, e i prezzi più alti stimolano il drenaggio di risorse da altri impieghi verso il settore degli investimenti immobiliari.
Edilizia e industria. Nella fase iniziale di questo processo il settore edilizio si è trovato in posizione di oggettiva alleanza con gli altri settori industriali, poiché come quelli si alimentava delle immigrazioni interne. Il meccanismo agisce, insomma, sulla distribuzione del reddito a favore di una classe relativamente ristretta di imprenditori, proprietari edilizi e proprietari fondiari.
In definitiva, le migrazioni interne, la convenienza all'investimento, la politica di incoraggiamento all'acquisto sono state le componenti essenziali che hanno provocato un' enfasi della domanda, hanno favorito la speculazione edilizia e, quindi, la lievitazione dei prezzi delle abitazioni. Ovviamente, questo processo ha provocato un vertiginoso innalzamento nei
industriale del paese si consolida. I settori produttivi più avanzati raggiungono soddisfacenti livelli di competitività sul piano internazionale. Viene alla luce la contraddizione fra il settore dell'edilizia speculativa e quelli industriali più avanzati. Questi ultimi avvertono l'esigenza di un più razionale uso del territorio ed è per questo che, a partire dal 1960, si assiste, soprattutto nel Nord, alla fioritura di innumerevoli iniziative di pianificazione grazie all'Inu (Istituto nazionale urbanistica) e alla sua proposta di riforma: il Codice dell'Urbanistica. L'Inu auspica l'istituzione delle regioni e tenta di integrare la pianificazione urbanistica con la programmazione economica attraverso l'istituzione di un Comitato nazionale di pianificazione (formato da ministri e presidenti delle regioni) e di un Consiglio tecnico centrale formato da burocratici e esperti urbanisti. Il codice dell'Inu non
prevede l'esproprio generalizzato dei suoli destinati all'edificazione, se non in casi eccezionali, ma propone il meccanismo del comparto (i proprietari di una determinata porzione di area pianificata sono obbligati a costruirsi in consorzio per l'attuazione delle previsioni del piano), oppure l'obbligo ai proprietari di cedere gratuitamente al comune una quota del 30% dell'area totale da destinare ad attrezzature pubbliche e di sostenere le spese di urbanizzazione primaria. Questa proposta riceve l'adesione dei partiti di sinistra e dei progressisti. Di riforma urbanistica si comincia a parlare concretamente anche in sede ministeriale: il Ministro dei Lavori pubblici del governo Fanfani, Benigno Zaccagnini, che insedia una 14 commissione per la riforma urbanistica. La nuova proposta non si distacca molto da quella elaborata dall'Inu, ma apporta notevoli perfezionamenti di carattere tecnico e procedurale. Anche in questa legge, però, non si risolve.Il problema. La proposta del ministro Sullo. Autore della proposta che risolve alla radice il problema della speculazione edilizia di quegli anni è Fiorentino Sullo, ministro democristiano dei Lavori pubblici, del 1962, il quale ricostituisce la stessa commissione, integrandola con giuristi, economisti e sociologi. La riforma di Sullo è impostata su basi completamente nuove e originali.
La pianificazione urbanistica si articola, sia nella fase regionale, che statale, agli stessi livelli previsti dal progetto Zaccagnini: piano regionale, piano comprensoriale, piano regolatore comunale e piano particolareggiato.
Il comune promuove l'espropriazione di tutte le aree inedificate e delle aree già utilizzate per costruzione se l'uso in atto sia differente rispetto a quello previsto dal piano particolareggiato. Acquisite le aree, il comune provvede alle opere di urbanizzazione primaria e cede, tramite l'asta pubblica (la base dell'asta è il prezzo pari
all'indennità di esproprio più il costo delle opere di urbanizzazione e di una quota per le spese generali), il diritto di superficie sulle aree destinate ad edilizia residenziale, che restano di proprietà del comune. Quando si tratta di aree richieste da enti pubblici operanti nel settore edilizio, nel caso in cui le aree siano adibite ad utilizzazioni industriali, la cessione avviene tramite trattativa privata. L'indennità di espropriazione è determinata in base al prezzo agricolo. In sintesi, lo schema di Sullo modifica profondamente il regime proprietario delle aree: di proprietà privata restano soltanto una parte delle aree edificate, le altre aree, edificate o edificabili, passano gradualmente in proprietà dei comuni, che hanno il diritto di superficie per le utilizzazioni previste dai piani. Quindi divideva il diritto di proprietà del suolo, dal diritto di usufruire di quel suolo. Ciò significa che chi compra un suolo,L'acquisito di quel suolo, di fatto, non si porta con sé il diritto di farci ciò che uno vuole, ma bisogna prima acquisire un altro diritto di proprietà. Tuttavia, nell'aprile del 1963, si scatena lo "scandalo urbanistico" in quanto il ministro dei Lavori pubblici Sullo viene accusato di voler togliere la casa agli italiani e la legge non viene emanata.
La legge 167 del 1962. A Sullo, ministro dei Lavori pubblici, si deve comunque l'approvazione della legge 167 del 1962 "per favorire l'acquisizione dei aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare". La legge 167 è una legge di settore che, per realizzare appieno i suoi obiettivi, necessita una nuova legge urbanistica come completamento. I contenuti della legge si riassumono in quattro punti principali:
- inquadramento dell'edilizia economica e popolare nell'ambito di piani inseriti e coordinati in uno strumento comunale di pianificazione
urbanistica (piano regolatore o programma di fabbricazione);
2) facoltà ai comuni di costituirsi patrimoni di aree da urbanizzare e rivendere ai privati per lo svolgimento di attività edilizia di tipo economico e popolare;
3) possibilità di acquisizione delle aree mediante esproprio attraverso un meccanismo che avrebbe dovuto assicurare un'azione calmieratrice sul mercato dei suoli;
4) coordinamento ed integrazione degli interventi realizzati dagli operanti nel settore dell'edilizia economica e popolare, con gli interventi realizzati dai privati, al fine di assicurare la formazione di quartieri socialmente equilibrati.
Gli anni di Agrigento. Gli scandali edilizi si susseguono a ritmo serrato. La speculazione edilizia, in particolare modo nel Mezzogiorno, riesce ad alimentare una rete di collusioni sempre più fitta e sedimentata. L'Inu, passata la mano ai politici sul tema della riforma, abbandona il campo dell'impegno civile e si rifugia nel campo
Delle ricerche morfologiche e, nel frattempo, il suolo italiano viene lottizzato. Le zone investite dalle lottizzazioni sono quelle di massima concentrazione abitativa ovvero quelle aree più pregiate per valori paesaggistici, soprattutto le coste. La maggioranza dei comuni italiani si trova così sottoposta alle manovre degli speculatori. L'autonomia comunale è sacrificata alle esigenze degli interessi privati. L'eccezione è, in qualche modo, rappresentata dalla realtà dell'Emilia-Romagna, dove i comuni (specialmente Bologna) riescono ad organizzare un sistema di pianificazione intercomunale, reso possibile grazie all'omogeneità politica delle amministrazioni.
Ma, nel luglio del 1966, una catastrofe naturale ripropone drammaticamente l'intera questione urbanistica: una frana di inconsuete dimensioni, causata dall'enorme sovraccarico edilizio (ben 8.500 vani costruiti negli ultimi anni in contrasto con tutte le norme esistenti,
erano stati costruiti solamente con un obbiettivo di massimizzazione diad Agrigento.sfrutto del suolo al fine della