Anteprima
Vedrai una selezione di 8 pagine su 35
Appunti di pedagogia generale e della comunicazione educativa (2° semestre) Pag. 1 Appunti di pedagogia generale e della comunicazione educativa (2° semestre) Pag. 2
Anteprima di 8 pagg. su 35.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di pedagogia generale e della comunicazione educativa (2° semestre) Pag. 6
Anteprima di 8 pagg. su 35.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di pedagogia generale e della comunicazione educativa (2° semestre) Pag. 11
Anteprima di 8 pagg. su 35.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di pedagogia generale e della comunicazione educativa (2° semestre) Pag. 16
Anteprima di 8 pagg. su 35.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di pedagogia generale e della comunicazione educativa (2° semestre) Pag. 21
Anteprima di 8 pagg. su 35.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di pedagogia generale e della comunicazione educativa (2° semestre) Pag. 26
Anteprima di 8 pagg. su 35.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di pedagogia generale e della comunicazione educativa (2° semestre) Pag. 31
1 su 35
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

LA VISTA

Il primo senso che affrontiamo è quello della vista. La vista è associata talvolta al senso intellettuale, tanto che a volte parliamo di visione intellettuale, parliamo di teoria è un modo di vedere il mondo, di contemplare. La vista è stata considerata come un senso più nobile degli altri, perché capace a cogliere di cose a distanza, e senza contatti diretti. Ogni capitolo del libro dei sensi è preceduto dai piccoli racconti, che ciascuna avessero riferimenti a un senso preciso. Il primo racconto è "Il palcoscenico": Forse, tuttavia, dobbiamo avere il coraggio e la forza di "lasciarci guardare", nelle nostre paure e fragilità, nei nostri fallimenti e nelle nostre inadeguatezze, dobbiamo osare uscire dagli schemi per sperimentare strade nuove che tengano conto e in conto dello sguardo delle persone di cui ci prendiamo cura. Questo "successo" effimero ma reale deve aprirci gli occhi su.

Nuovi mondi, nuove possibilità di pensiero e di relazione. Dobbiamo imparare a guardare dall'alto, per avere una visione d'insieme, a guardare dal punto di vista dell'altro e degli altri, per scoprire la diversità dei mondi interiori, a vedere l'essenziale, sfrondando le cose dagli orpelli dei nostri pregiudizi e delle nostre precomprensioni.

Per ogni senso vediamo anche un quadro di Mercier che riproducono i sensi. Nel primo quadro ci sono strumenti che potenziano lo sguardo, come il cannocchiale mi permette di cogliere le cose distanti che a distanza lunga potrei non vedere, lo specchio per vederci, la mappa che mi permette di farmi un'idea di vedere cose che non ho a portata di mano, vedere uno sguardo sul mondo che io altrimenti non avrei, c'è la lente, il microscopico dell'invisibile, quello che a occhio nudo non si vede.

Alberto Giacometti, scultore italiano, dice "Ci sono pochissimi occhi in cui esiste lo sguardo".

è difficile rendere lo sguardo in una pittura/in una scultura. Noi prendiamo la frase in senso educativo: tutti osservano, pochi vedono, non basta lo sguardo per capire. La vista ha avuto una predominanza come senso distale (vista e gusto) rispetto a quelli approssimativi/prossemici (tatto e gusto), forse perché la percezione “a distanza” consente di mantenere una sorta di autonomia dell’Io e una certa egemonia della mente sul corpo, rispetto alle esperienze che, invece, comportano il contatto. Già in Aristotele la vista è stata presa come metafora dell’attività intellettuale: alla conoscenza scientifica, alla base c’è l’osservazione (dando quindi primato alla vista) e dunque osservo in maniera distaccata/neutrale quello che accade. Nella nostra società la vista ha un impatto maggiore, la società della rappresentazione come dice Goffman, è una scena in cui noi mettiamo in scena tutte le nostre

vite; Sinclair l'ha chiamata società dell'immagine, o Debord ha chiamato società dello spettacolo, perché continuamente vengono allestite immagini, e sappiamo che con l'avvento dei social, tutto quasi viene messo in scena, le immagini, è ormai parte del quotidiano. La vista allo stesso tempo è "senso della superficie", che ci impedisce di vedere oltre l'apparenza o che si accontenta di una rapida occhiata, incapace di soffermarsi perché ritiene tutto ovvio o lo dà per scontato. Questo vuol dire che la vista è sicuramente potente ma anche può essere debole o fuorviante: per esempio quando cerchiamo di ricondurre quello che vediamo a quello che già conosciamo, a quello che abbiamo visto, il prevedibile. Ma questa modalità preveggente, di considerare le cose per quelle che già conosco nella loro novità, ci impedisce a volte di vedere ciò che abbiamo di fronte.

Cioè se nella mia esperienza ho visto dei fiori, e vado in un giardino botanico, e vedo fiori, questo mi impedisce di capire se sono fiori rari, esotici, etc. e questo mi impedisce anche di vedere le persone, in cosa si differenzia dagli altri. Il famoso "pregiudizio" cioè io vedo una cosa e non mi soffermo: per esempio "ne ho visti già tanti di così", cioè come se fossero tutti uguali, etichettati, categorizzati e generalizzati. Questo sguardo affrettato, vuol dire che diamo per scontato di sapere, di non soffermarci su una cosa perché si pensa di sapere, ma in realtà bisogna comprendere fino in fondo l'unicità di una persona.

CHE COSA VEDIAMO QUANDO GUARDIAMO?

  1. Una signora su una carrozzella che preme il pulsante per chiamare l'ascensore. È in difficoltà essendo su una sedia a rotelle, non può fare le scale. La descrizione oggettiva ci impedisce di capire cosa c'è
oltre l'immagineferma: se chiedessimo alla signora dell'immagine di descrivere l'immagine, ci avrebbe raccontato una storiapersonale che non possiamo vedere.

2. Un gruppo di cuochi che posano in cucina: è una descrizione oggettiva, perché dire che sono cuochi manca ladifferenza tra di loro. Ma che differenze le differenze tra queste persone? Ci sono età differenti, alcune personehanno la sindrome di Down, alcuni potrebbero essere dei professionisti e altri apprendistati (legato all'età didifferenza). Nessuno ha detto che tre di loro hanno occhiali, perché altri elementi hanno catturato l'attenzione.Nessuno ha parlato delle divise diverse, però comunque ci sono molti modi di cogliere le differenze tra lepersone.

3. La differenza tra due fotografie è la messa in fuoco, cioè bassopiano differente: c'è differenza tra mettere ilfuoco su una vittima e il fuoco sul pugno. Si seleziona ciò

Che ci sembra significativo, diamo maggior rilevanza ad aspetti rilevanti e altri meno significativi. Seleziona tra ciò che vediamo.

4. Il Papa versa l'acqua a una signora, seduta accanto. Le persone sorridono quindi si stanno divertendo: magari siamo nella casa di riposo, la gioia di questi ospiti che ricevono la visita dal Papa. Ogni cosa contiene una storia, raccontata in tanti modi diversi.

Questi esempi è per farci capire i dati intenzionali: quando guardiamo facciamo operazioni, selezioniamo, mettiamo in primo piano degli elementi, interpretiamo. Questo avviene anche nel cervello: immediatamente tendiamo a tendere una figura dallo sfondo, a tendere costanti. Ricordiamo per esempio le immagini di percezione Gestalt (dove prevalgono le forme).

Ricapitolando, lo sguardo oggettivo è impossibile, quando cerchiamo di oggettivare togliamo delle cose, sottraiamo cose soggettive, per rendere lo sguardo neutrale, più descrittivo, e non vediamo quello che dobbiamo vedere.

La generalizzazione, la classificazione delle persone è un modo di vedere quelle persone che però le riconduce senza qualcuno altro, e impedisce di vedere loro nella loro unicità. Usiamo molto spesso concetti e categorie: "lavoro con i disabili".

LA FENOMENOLOGIA

La fenomenologia dice Geiger vede principalmente le differenze, non si accontenta delle categorie. Per vedere davvero occorre fare quell'operazione, l'Epochè, cioè sospendere il giudizio proprio e predisporsi a vedere ciò che non si sa, a vedere ciò che abbiamo davanti ma che non conosciamo ancora, ciò che dobbiamo capire dell'altro, e questo ha a che fare con la meraviglia, lo stupore, la capacità di stupirsi perché qualcuno ha qualcosa di nuovo, di inedito. Il fenomenologo è guidato dalla consapevolezza che ogni soggetto è unico e diverso da tutti gli altri che pure gli somigliano. La meraviglia (in greco thauma) ed

è l’inizio della conoscenza, e allo stesso tempo è qualcosa che mi rapisce, che mi affascina e che mi intimorisce perché si ha paura del nuovo. “In verità, o Socrate, se penso a queste cose io mi trovo straordinariamente pieno di meraviglia; e talora, se mi cifisso a guardarle, realmente, ho le vertigini” (Platone, Teeteto)

Non bisogna perdere la capacità di stupirsi nel lavoro educativo. Lo stupore non finisce mai, l’insegnate che compara il ragazzo con tutti gli altri, che non ha niente di incontrare di nuovo, perde la passione per lavoro, ma se si incuriosissel’unicità dei ragazzi, avrebbe stupore e meraviglia nel suo lavoro. Lo sguardo fenomenologico, dunque, tende a cogliere esattamente ciò che di singolare c’è in una persona e per farlo si oppone strenuamente alla tentazione di ricondurre qualcuno a qualcun altro.

A volte ciò che vediamo simultaneamente, a volte si vede o l’uno o l’altro.

In base al significato che si intravede. Le cose che vediamo sono mobili, si evolvono, lo sguardo non si fonda solo su uno scatto, su un'istantanea, perché la persona può essere cambiata. Bisogna cogliere il loro divenire. A volte quando ci appaiono le cose confuse, occorre trovare un focus da cui partire per rimettere in ordine le cose. Ad esempio con le figure tridimensionali, l'occhio fatica a percepire quello che vede di fronte, e ci vuole un po': ci sono delle cose che non appaiono immediatamente, per vederla occorre osservarla, occorre imparare a vedere, richiede tempo. È importante questo nel lavoro educativo perché richiede il tempo nelle cose, occorre osservare attentamente le persone. Restare in attesa di ciò che non si vede e lasciar apparire quello che c'è. L'atto del vedere tende a catturare qualcosa da lontano e dunque noi cerchiamo di "afferrare" con lo sguardo (in tedesco greifen = afferrare con

la mano), afferrare, impossessarsi. Noi afferiamo un concetto, un qualcosa di lontano. Questo impossessarsi del concetto, ha una relazione con lo sguardo: afferro le cose, e attribuisco una categoria che conosco. Il vedere è molto imperialista, con il vedere cerchiamo di appropriarci delle cose, di impossessarci delle cose. Però ridurre l'altro come categoria, come concetto, ha qualcosa di distacco, non gli do la possibilità di diventare, lo definisco (ricordiamo ad esempio la Medusa della mitologia, che con lo sguardo pietrificava). Vedere non significa solo dominare, bensì essere esposti, recepire, accogliere, lasciarsi interrogare.

La teoria viene dal greco theorein, la teoria è un modo di vedere la realtà, c'è uno scambio tra le due. Posso avere delle teorie sullo sviluppo del bambino, ma poi con il bambino può anche differenziarsi da certi aspetti da quella teoria. Ci sono tante teorie in tutte le scienze, ad esempio la

teoria geocentrica. La teoria, quindi non è la realtà. È evidente che "nessuna teoria può sostituire un percorso di conoscenza dell'individuale". Il primo gesto di cura consiste proprio nel rivolgere all'altro uno sguardo capace di vederlo

Dettagli
A.A. 2021-2022
35 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher luciamajdancic di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia generale e della comunicazione educativa e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Bruzzone Daniele.