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DANNO CELLULARE REVERSIBILE.
Quando siamo nell’ambito del danno cellulare reversibile, la risposta che verrà attuata
dalla cellula sarà in relazione alla natura dello stimolo, alla natura e ai rapporto della
cellula stessa. Per essere reversibile, il danno cellulare non deve intaccare le membrane,
la produzione proteica e di ATP e il mantenimento dell’integrità del materiale genetica,
quindi non devono essere danneggiati le strutture adibite a queste funzioni, cioè i
mitocondri, che sono particolarmente sensibili alla carenza di ossigeno, le membrane
cellulari, le proteine citoscheletriche e il DNA. Questi elementi biochimici strutturali sono
fortemente interconnessi tra loro, quindi se un agente residuo crea un danno a uno di
essi provoca una reazione a cascata. Quando una cellula subisce un danno il primo
evento rilevabile a livello morfologico è un cambiamento interno con accumulo di
materiale di solito non presente. Di solito si ha una degenerazione di natura idroscopica
e si verifica quando si ha un’alterazione di produzione di ATP, quindi sulla funzione
mitocondriale, con minore produzione e peggior funzionamento di pompe sodio potassio
che si trovano a livello di membrana e conseguente entrata di sodio e di acqua, che
tende ad accumularsi. Nelle degenerazioni però possono accumularsi anche altre
sostanze, alcune di origine cellulare, altre biologiche che tendono a rimanere nella
cellula, ma anche sostanze inorganiche che la cellula non riesce a smaltire. Ci sono
anche degenerazioni extra cellulare, come l’amidoidosi, dovuta ad un accumulo di
proteine negli spazi extracellulari, creando un impedimento al normale nutrimento delle
cellule. Il termine deriva dal fatto che i tessuti colpiti si colorano con il colorante con cui si
individua l’amido, e che di solito hanno proteine a con struttura β-foglietto-ripiegato. Le
sostanze accumulate possono essere prodotte dalle cellule stesse, in quantità eccessiva
o in quantità fisiologica ma non la cellula stessa ha difficoltà a smaltirle, o possono
essere sostanze esterne, come materiali inorganici, che le cellule fagocitano ma non
riescono a eliminare, quindi permangono e possono essere trasportate all’interno
dell’organismo. Una forma di degenerazione diffusa è dovuta all’accumulo di lipidi, e
viene definita degenerazione grassa o steatosi, che si può verificare in più organi ma
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colpisce soprattutto il fegato perché è il principale organo che smaltisce i lipidi. La
steatosi è un evento che può vedere il ripristino della situazione iniziale, ma quella che si
verifica a livello epatico può portare a stadi precancerosi come la cirrosi epatica,
degenerazione grave che può portare a morte l’individuo. Nel tessuto, i trigliceridi si
accumulano in gocce che si uniscono poi a formare un unico vacuolo nella cellula e che
spingendo il nucleo alla periferia, portando alla morte l’epatocita. Quando esse muoiono,
il tessuto necrotico che si forma viene sostituito da un connettivo fibroso, che svolge
funzioni diverse e causa un irrigidimento e un aggravamento del danno epatico. Le cause
che a livello epatico possono causare steatosi sono molteplici, malattie metaboliche,
come il diabete di tipo uno, il digiuno, un danno tossico, una carenza di ossigeno, da
abuso di etanolo (alcool) e da malnutrizione, poiché i lipidi circolano solo se associati a
proteine. Se il soggetto non ha nutrienti per effettuare una giusta sintesi proteica, le
strutture proteiche che formano i trasportatori dei lipidi non si possono formare e quindi i
lipidi rimangono in circolo e vengono fagocitati. Un fegato steatosico è più grosso, lucido
e chiaro, quest’ultimo dovuto all’accumulo di lipidi negli epatociti. A livello morfologico nel
danno cellulare reversibili abbiamo l’ingresso di acqua, aumento delle dimensioni di una
cellula, si formano delle estroflessioni a livello di membrana e all’interno della cellula
sono osservabili le figure mieliniche, formazioni generate dagli organuli che sono
degenerati e si sono degradati. Il sistema di sintesi proteica è sofferente e si ha una
dissociazione dei lisosomi, ma finché la cellula mantiene l’integrità, siamo in una
situazione reversibile. Quando cessa lo stimolo, si ha il ripristino della situazione di
normalità, con la degradazione degli organuli danneggiati o non funzionati, con
formazione di strutture integre.
DANNO CELLULARE IRREVERSIBILE
Quando non è possibile il ritorno alla normalità si ha il danno irreversibile. Nella genesi
del danno irreversibile è coinvolto il metabolismo di calcio, importante ma allo stesso
tempo nocivo. È un messaggero e uno ione che può andare a attivare varie attività
enzimatiche. Il calcio all’interno della cellula viene mantenuto a livelli di concentrazione
veramente basso e segregato nel reticolo endoplasmatico, rilasciato in piccole dosi per il
fabbisogno della cellula. Quando aumenta il calcio intracellulare all’interno del citosol,
abbiamo l’attivazione di numerose attività enzimatiche, come la produzione di ATPasi,
che vanno a degradare le molecole di ATP, di endonucleasi, che vanno a degradare la
cromatina, di fosfolipiasi che degradano i fosfolipidi di membrana, e di varie proteasi, che
degradano le proteine del citoscheletro. A livello ultrastrutturale il danno irreversibile si
prevede alterazioni di membrane, quindi la cellula non è in grado di mantenere i propri
confini, anche dei mitocondri, danneggiamento della produzione di energia, disfacimento
del reticolo endoplasmatico e alterazione del nucleo. Le alterazioni del nucleo sono la
cariolisi, quando avvengono modificazioni a livello della cromatina, che cambia la sua
reattività ai coloranti acidi, perdendo la sua basotomia, la picnosi, quando il nucleo
diventa più scuro e piccolo e carioressi, quando il nucleo si sfalda completamente e a
questo punto la cellula tende ad esplodere. Questo morte cellulare è detta necrosi,
evento sempre irreversibile e patologica, poiché coinvolge un importante numero di
cellule e non una singola cellula. Queste modificazioni morfologiche sono dovute ad
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eventi biochimici e ciò è dovuto a qualcosa che non consente più il passaggio di sangue,
con conseguente ischemie nei tessuti per mancanza di ossigeno, nutrienti e di accumulo
di cataboliti. Per la mancanza di ossigeno, i mitocondri non producono ATP, di
conseguenza la pompa del sodio non funziona e esso entra insieme all’acqua e al calcio,
con attivazione delle attività enzimatiche precedentemente dette. Si accumula l’acido
lattico e l’ambiente cellulare si acidifica, e l’abbassamento del pH crea una serie di
problematiche poiché non viene tollerato dalla cellula, inoltre non vengono svolte alcuni
eventi di sintesi proteica. Quando il danno colpisce le membrane, vengono rilasciati
enzimi lisosomiali, attivi a pH acido, e agiscono digerendo la cellula stessa, che si sfalda
riversando il suo materiale nell’ambiente esterno. Nella zona della necrosi, si sviluppa
una risposta infiammatoria, che ha funzione protettiva, e i metaboliti, se dotati di vita
sufficientemente lunga, possono essere utilizzati a scopo diagnostico, poiché con le
analisi del sangue si possono la sede, l’entità e la cronologia del danno. Ciò viene
utilizzato per esempio in caso di sospetto infarto del miocardio. I tipi di necrosi sono
molteplici, poiché possono essere anche processi di calcificazioni, poiché i sali di calcio
possono reagire con le membrane degradate:
Necrosi Coagulativa, dove si ha tessuto duro e consistente, la struttura cellulare è
ancora riconoscibile. Il tessuto si presenta in questo modo poiché le proteine si
denaturano in maniera rapida, quindi si ha una alterazione delle strutture
secondarie e terziarie e il blocco delle attività enzimatiche.
Necrosi Colleguativa, dove il tessuto assume una consistenza fluida e le proteine
vanno incontro a digestione, tramite autolisi o eterolisi.
Quando la necrosi interessa un tessuto in contratto con un ambiente esterno o a livello
intestina, sul tessuto necrotico può essere infettato, di solito da batteri di tipo anaerobio,
e si verifica il fenomeno della gangrena. IL tessuto necrotico è un terreno ottimale per i
microrganismi, perché in seguito alla gangrena, poiché il tessuto non è più irrorato da
sangue, ogni trattamento farmacologico fallisce quindi se si verifica a un’estremità del
corpo si deve amputare. A seconda dei batteri che vanno a infettare la zona si
distinguono tre tipi di gangrena:
Gangrena Secca, quando si ha evaporazione di acqua, con una specie di
mummificazione, come per esempio accade nel piede diabetico.
Gangrena Umida, quando l’infezione dei batteri liberano tossine che idrolizzano il
tessuto e attirano acqua.
Gangrena Gassosa, se l’infezione è a carico di batteri che liberano anidride
carbonica con il metabolismo.
Un tipo particolare di necrosi coagulativa, tipico della tubercolosi, è la necrosi caseosa,
dove ci sono zone biancastre di necrosi in cui il tessuto assume una aspetto di un
formaggio a fiocchi e non mantiene una struttura riconoscibile.
Altra morte cellulare, diversa, è l’apoptosi, una specie di suicidio cellulare, per cui una
cellula va incontro a morte programmata per essere eliminata dall’organismo, per
esempio se una cellula viene infettata da un virus. Intervengono le cellule bianche del
sangue che liberano enzimi idrolitici, generando una reazione a cascata con attivazione
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di altri enzimi detti caspasi, per indurre poi la morte della cellula. Intervengono poi i
mitocondri, che liberano il citocromo C, che a sua volta attiva una proteina presente nel
citosol della cellula, con formazione di una struttura macromolecolare detta apoptosoma.
La caspasi 3 si attiva e attacca il citoscheletro, inducendo la disgregazione della struttura
cellulare, e a questo punto la cellula si stacca dal tessuto disgregandosi in vacuoli
apoptodici. Mentre nella necrosi si ha la disgregazione di una porzione di tessuto, qua si
elimina una sola cellula. È un evento che non è sempre patologico, ma al contrario ha lo
scopo di eliminare le cellule che non servono più, e richiede ATP perché nel DNA ci sono
geni che controllano ciò mediante l’impiego di enzimi che degradano il materiale. La
caratteristica principale dell’apoptosi è l’integrità della membrana cellulare che non si
disperde nell’ambiente esterno, non inducendo quindi una reazione infiammatoria.
L’apoptosi ha un ruolo fisiologico fondamentale, per esempio quando a seguito di uno
stimolo immunologico si producono linfociti. Una volta individuato l’agente microbico ed
eliminato,