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INTERDIPENDENZE
Capire quali sono le relazioni più importanti tra le attività di un’organizzazione mi
serve per costruire o capire se il modello che è stato adottato è adatto o no, e per
capire quali interdipendenze sono risolte attraverso la gerarchia e quali restano
critiche. Le interdipendenze non risolte, definite residue, mi servono per capire quali
meccanismi integrativi utilizzare per risolverle.
Una serie di attività da svolgere mi portano poi a vedere l’output: si parla di un flusso
di lavoro che mi porta ad un output, che può essere un prodotto o un servizio.
La tecnologia è un insieme di modalità che ci servono per trasformare un input in un
output, strumenti che possono aiutare l’attore a svolgere una serie di attività. La
tecnologia aiuta l’individuo a trasformare delle attività in un processo.
Con interdipendenza si intende una relazione di influenza tra due attività in qualsiasi
settore. Le interdipendenze possono essere classificate in tre macro classi: generiche,
di flusso e di costo. Con interdipendenza generica si intende una semplice condivisione
di risorse, sono le interdipendenze meno critiche che ci saranno sempre tra le attività.
Le interdipendenze di flusso sono relative ad un flusso di attività del ciclo di
trasformazione, quindi trasformazione di input in output di beni e servizi. Possono
essere sequenziali o reciproche: le sequenziali indicano tutte quelle relazioni di
influenza in cui l’output di un’attività diventa l’input dell’attività successiva, e sono
convergenti quando ci sono più attività che forniscono l’output all’altra attività, mentre
sono divergenti quando l’output di un’attività diventa input di più attività. Le
interdipendenze sono reciproche quando l’output dell’attività 2 diventa di nuovo input
dell’attività 1, quindi il processo si chiude. Capire l’importanza delle interdipendenze
mi serve per risolvere problemi organizzativi, come il coordinamento. Le
interdipendenze di costo riguardano lo svolgimento congiunto delle attività e sono
interdipendenze di scala, di raggio d’azione e di specializzazione: quelle di scala sono
legami che derivano dalle attività che, fatte insieme, producono dei vantaggi
economici (all’aumentare della scala di produzione diminuiscono i costi); quelle di
specializzazione sono dei legami tra attività simili, ma che hanno come effetto output
diversi; le interdipendenze di raggio di azione riguardano lo svolgimento di attività
insieme, anche se si tratta di attività diverse. Quest’ultimo è un concetto più generico
che non ha a che fare con l’affinità tecnica, ma affinità dal punto di vista economico o
strategico. Per le interdipendenze di costo non parliamo di attività che fanno parte
dello stesso flusso di lavoro.
Il tipo di scelta che si farà privilegerà una di queste classi di interdipendenze e le altre
saranno interdipendenze residue. Bisognerà rilevare le interdipendenze più importanti,
da cui deriverà una scelta di progettazione, e di quelle residuali dovrò tenerne conto
successivamente: bisogna usare un adeguato mix di strumenti per risolvere i problemi
di coordinamento in termini di economicità.
Le interdipendenze tra le attività portano a creare delle unità organizzative. Le unità
possono essere singoli individui, più individui, gruppi e tutto ciò che è preposto allo
svolgimento di un’attività. Le unità principali sono quelle funzionali e quelle divisionali:
quelle funzionali sono individui che svolgono un unico tipo di attività di quelle che
costituiscono il ciclo di produzione, come la produzione, marketing, risorse umane,
approvvigionamento. Quindi in questa unità abbiamo lo svolgimento di tutta una serie
di attività tecnologicamente omogenee (stesso know-how e competenze simili). Le
unità divisionali, al contrario, raggruppano tante attività del ciclo di produzione, quindi
al suo interno c’è più eterogeneità nel tipo di attività svolte. Più è complessa la
struttura più è articolata la rappresentazione grafica e più sono i livelli. L’unità
divisionale si può configurare come un qualcosa di autonomo anche a livello
economico all’interno dell’organizzazione, perché è un centro di costo e di profitto
(completa tutto il processo). Se decidiamo di raggruppare le attività in unità funzionali,
le interdipendenze più critiche e importanti saranno quelle di costo
(scala/specializzazione). Nell’unità divisionale si decide di tenere tutto il flusso, perché
vuol dire limitare i costi. Se scelgo le unità funzionali vuol dire che le interdipendenze
più critiche sono quelle di costo, quindi le interdipendenze residue sono quelle di
flusso. Se scelgo unità divisionali vuol dire che le interdipendenze più forti sono quelle
nel flusso di lavoro, quindi le interdipendenze residue sono quelle di costo. L’analisi
delle interdipendenze mi permette di scegliere qual è la base di raggruppamento più
indicata e qual è la forma organizzativa più adatta. La modalità di analisi prevede i
seguenti punti:
1. Ricostruzione del flusso di attività: capire quali sono le attività e le analizzo
2. Analisi delle interdipendenze del flusso di lavoro
3. Analisi delle interdipendenze di costo
4. Analisi delle interdipendenze generiche
5. Analisi delle interdipendenze sociali, in quando che unità sono fatte di individui
che hanno relazioni e affinità
6. Analisi comparata delle diverse possibilità organizzative
7. Scelta più vantaggiosa dal punto di vista economico
Si parte quindi con l’individuazione delle attività di base o le unità addette alla loro
esecuzione, come sono state eventualmente raggruppate e capire quali sono le
interdipendenze tra le diverse attività. Bisogna capire che tipo di analisi portare
avanti, dettagliata o meno. Si fa un’analisi delle interdipendenze tra attività elementari
e si riaggregano tutte le attività fino a formare le unità. Successivamente si analizzano
tutte le relazioni tra le diverse unità, controllando se effettivamente il tipo di forma
scelta è coerente con le interdipendenze. Tecnicamente per capire le interdipendenze
si usa la mappa degli scambi.
Si tratta di una matrice che contiene il numero degli scambi tra le attività, che ci
consente di capire le interdipendenze di flusso. In generale conviene sempre risolvere
prima le interdipendenze reciproche per minimizzare i costi. La mappa però dice solo
la quantità degli scambi ed è per questo che occorre sempre valutare
preventivamente l’intensità delle interdipendenze, che dipende dalla criticità delle
risorse scambiate, dalla frequenza dello scambio e dall’incertezza dell’attività (quanto
è soggetta a fattori esterni). L’analisi delle interdipendenze di costo implica l’analisi
delle affinità di orientamento tecnico-culturale, piuttosto che traverso scambi di beni.
ECONOMIE DI SPECIALIZZAZIONE
Il grande motore delle economie di specializzazione è l’apprendimento, in quanto la
focalizzazione su una determinata tecnica e la sua ripetizione producono nell’individuo
allenamento e destrezza. Le economie di specializzazione possono essere dinamiche,
cioè portare alla scoperta di nuove conoscenze: si tratta di un approfondimento
indefinito delle tecniche. Quanto più difficili sono le attività, tanto più lungo è il ciclo di
apprendimento, tanto maggiore è l’importanza dell’esperienza. Le economie generate
dalla divisione del lavoro non dipendono solo da un processo di apprendimento delle
tecniche rilevanti, ma anche dall’apprendimento e dallo sviluppo di tratti culturali,
orientamenti cognitivi ed emotivi adatti allo svolgimento dell’attività. In questo caso si
parla di focalizzazione. Infine, un’economia di specializzazione si manifesta anche
grazie alla specializzazione delle risorse tecniche. Però bisogna tener presente che sia
per le risorse umane, sia per le risorse tecniche, il grande limite delle economie di
specializzazione è ma mancanza di flessibilità, la capacità di adattarsi a richieste ed
esigenze mutevoli. Si tratta di una caratteristica opposta alla specializzazione: un
attore economico specializzato “scommette” su un’attività e vi impegna risorse che
limitano la sua capacità di riconversione.
ECONOMIE DI SCALA
È definita economia di scala la diminuzione dei costi unitari della produzione di beni o
servizi al crescere della scala in cui sono impiegati i fattori di produzione: quanto
maggiori sono i costi, tanto maggiore sarà la spinta a integrare le attività. La presenza
di economie di scala è quindi considerata un fattore di espansione dei confini delle
unità produttive. Ha senso parlare di economie di scala sia con riferimento a processi
di produzione materiale, sia a processi di produzione di servizi immateriali. Qualora vi
siano economie di scala su un insieme di fasi, si genera una spinta all’integrazione di
più fasi in un’unica unità economico-organizzativa. Invece se le economie di scala
sono interne a una fase o attività, esse generano spinte all’espansione di quell’attività
come attività specializzata. Nei casi di economie di scala, è necessario che le
dimensioni del mercato (nel senso di ampiezza della domanda) siano tali da poter
assorbire gli output di una produzione su vasta scala.
ECONOMIE DI SCOPE
Si tratta di economie in cui i costi unitari di produzione diminuiscono quando più beni o
servizi sono prodotti congiuntamente utilizzando le stesse risorse. Se vi sono
economie di scope o raggio d’azione la somma dei costi unitari di produzione del bene
P1 più quelli del bene P2 è maggiore della somma dei costi di produzione dei due beni
prodotti congiuntamente. L quindi la presenza di economie di scope è considerata uno
dei fattori in grado di spiegare la diversificazione della produzione di un’unità
economico-organizzativa. Anche qui l’apprendimento è fondamentale: si tratta però di
apprendere, scoprire o inventare quali altre attività potrebbero essere sinergiche con
quelle già condotte. Impiegare le stesse risorse per la produzione di più beni dipende
dal fatto che esse siano in eccesso e quindi risulterà meno costoso impieg