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Il sistema nervoso dell’embrione umano appare all’inizio una placca neurale su cui sono localizzate
le prime cellule nervose. Successive modificazioni della placca neurale porteranno prima alla
formazione di un canale e quindi alla formazione del tubo neurale. Il sistema nervoso appare
quindi come una struttura tubulare, riempita di liquido, dalla quale origineranno le varie porzioni
delle strutture nervose centrali (cervello e midollo spinale) e in seguito di quelle periferiche. Il
processo di maturazione avviene con l’emissione di neuriti dal corpo cellulare del neurone, che poi
diventeranno assoni e dendriti. Alla sesta settimana di vita embrionale cominciano a svilupparsi gli
emisferi cerebrali e alla settima settimana i neuroni cominciano a comunicare tra loro ed è
possibile registrarne l’attività elettrica. Alla fine del secondo mese sono osservabili i primi
movimenti caratterizzati da lente estensioni del capo. Verso il quarto-quinto mese di gravidanza si
verificano importanti cambiamenti della motricità, in particolare per la presenza di momenti di
immobilità fetale che preannunciano quell’alternanza di attività e di riposo presente nel neonato.
Principali tappe dello sviluppo motorio nell’età evolutiva
Nella prima infanzia si verifica un rapido sviluppo delle capacità motorie: in pochi mesi il bambino
acquisisce la capacità di manipolare oggetti, muoversi nell’ambiente ed esplorarlo. Lo sviluppo di
queste abilità e deriva dai cambiamenti che avvengono nel sistema nervoso, dai fattori ambientali
e dalle caratteristiche biomeccaniche dell’individuo. La mielina, una sostanza grassa che circonda i
prolungamenti delle cellule nervose, permetterà al cervello di controllare i movimenti del corpo in
modo sempre più efficiente e lo scambio di informazioni tra emisfero destro e sinistro. Lo stabilirsi
di efficienti connessioni nervose consente al bambino di controllare i muscoli del corpo e di
percepire sempre meglio i messaggi visivi e uditivi. Il processo di trasformazione del cervello non
cessa con la prima infanzia ma va incontro a profonde trasformazioni anche negli anni
dell’adolescenza e la maturazione cerebrale continua fino a oltre i 20 anni. La specie umana è
caratterizzata da una lenta maturazione cerebrale e da un lungo processo di apprendimento. Il
nostro comportamento non dipende infatti da un pacchetto di informazioni già determinate ma dalla
plasticità con la quale il cervello si riorganizza in base alle esperienze e agli apprendimenti
individuali.
Plasticità neuronale
Nei primi anni di vita le diverse aree cerebrali presentano una notevole plasticità nel senso che non
presentano rigide competenze ma riescono ad acquisire diverse funzioni.
Il controllo del movimento
Un movimento del nostro corpo è l’integrarsi di un insieme di vie, circuiti e informazioni. Senza di
esse un movimento perderebbe la precisione e la fluidità e risulterebbe rigido e scoordinato.
Un movimento deve essere iniziato, eseguito e controllato. Quando pensiamo di compiere
un’azione, la decisione viene presa dalle aree anteriori della corteccia frontale che attivano la
corteccia premotoria e infine si eccitano i neuroni piramidali situati sulla corteccia motoria. Da
quest’area partono i messaggi che dovranno raggiungere i vari muscoli del corpo. Questi messaggi
corrono lungo le vie nervose piramidali, giungono al midollo spinale dove prendono contatto con
altri neuroni motori i cui prolungamenti, usciti dal midollo, trasmettono il segnale ai vari muscoli
generando il movimento. Per realizzare una corretta organizzazione motoria è necessario inoltre
l’intervento al cervelletto. Sono le connessioni con i centri e le vie cerebellari che permettono la
sequenza dettagliata, fluida e coordinata delle contrazioni muscolari nei vari gruppi motori implicati
in una particolare azione. Nel controllo della motricità sono coinvolte anche aree cerebrali che
ricevono messaggi direttamente dal nostro corpo, relativi allo stato di tensione dei muscoli e alla
posizione delle varie parti del nostro corpo. Nel nostro cervello esiste inoltre un meccanismo
imitativo in grado di reagire ai movimenti eseguiti da altri esseri umani e di copiarne lo schema.
Proprio per la capacità di rispecchiare le azioni degli altri questi neuroni, localizzati nella
circonvoluzione frontale inferiore e nel lobo parietale inferiore, sono chiamati “neuroni specchio”. I
neuroni specchio sembrano essere coinvolti, oltre che nell’apprendimento attraverso l’imitazione
che è molto importante soprattutto nella fase infantile, anche nei sofisticati meccanismi di
comprensione delle azioni altrui.
Ascolto e movimento, due esperienze sensoriali
L’educazione musicale nella prima infanzia, secondo la Teoria dell’Apprendimento Musicale di E.
E. Gordon, si realizza creando contesti nei quali sia possibile un’immersione nella musica cantata,
dove si realizzi un ascolto fatto anche di movimenti e piccoli gesti, dove l’educatore sia musica con
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tutto il suo corpo per essere oggetto di imitazione e rispecchiamento del bambino e inaugurare
così il processo di apprendimento. La realizzazione di questi requisiti educativi passa per una
ricerca accurata della corporeità della voce dell’educatore. Il movimento nasce dall’ascolto
musicale e ne è un’espressione costitutiva tanto quanto il suono. Le modalità precoci del bambino
di sperimentare il mondo sono prevalentemente sensoriali perché si compiono mediante l’udito, il
tatto, la vista e tutte quelle informazioni provenienti dal mondo circostante, le quali
progressivamente parteciperanno alla costruzione del suo involucro corporeo e psichico. Solo le
esperienze sensoriali che avranno un significato affettivo relazionale lasceranno una traccia. La
definizione di ascolto come esperienza sensoriale è immediatamente evidente poiché l’udito è uno
dei cinque sensi e l’orecchio è un organo di senso. Tuttavia l’ascolto non mette in gioco solo
l’orecchio, ma tutto il corpo in quanto esperienza sensoriale complessa. Tutto il corpo partecipa
alle modificazioni che dall’esterno e dall’interno si realizzano nell’ascolto in una dinamica
relazionale, in uno scambio continuo con l’altro. Le ricerche nate dall’osservazione dello sviluppo
motorio e cognitivo del bambino hanno messo in evidenza come il movimento fin dalla primissima
infanzia costituisca lo strumento principale di cui il bambino dispone per fare esperienza sia del
mondo esterno sia del mondo interno. Mediante il movimento egli misura il proprio corpo e il
mondo che lo circonda. Esplora lo spazio, fa esperienza del tempo che lo separa dall’oggetto
desiderato, verifica e progredisce nelle sue competenze motorie e nella conoscenza del proprio
corpo. Il sistema motorio non ha a che fare con singoli movimenti, ma con azioni. La Music
Learning Theory di Edwin E. Gordon osserva il bambino nel suo processo di apprendimento
musicale. I bambini cominciano a rispondere al ritmo naturalmente, con un movimento precoce,
probabilmente perché il corpo conosce ancor prima che la mente comprenda. Questo tipo di
comprensione si realizza anche attraverso l’attivazione dei neuroni specchio. Il sistema dei neuroni
specchio è decisivo per definire che l’origine della capacità di agire in un soggetto è certamente
individuale, ma soprattutto sociale e relazionale.
Sezione V: Come favorire il processo d’ascolto nella relazione didattica
L’ascolto dell’ascolto
Come riflettere sulla funzione dell’ascolto, di quali modi di ascolto o di quali livelli? Possiamo
occuparci del livello semantico, in cui entra in gioco il nostro sapere, la nostra conoscenza che
impegna l’ intelletto, oppure del livello rappresentativo per il quale l’ascolto apre scenari, immagini
e fantasie che si intersecano con le memorie di ognuno e che spesso accompagna puntualmente il
livello semantico, o ancora del livello emotivo che risponde alle sollecitazioni di ogni tipo che
l’ascolto propone. Una considerazione però si affaccia immediata: questi tre livelli di ascolto sono
operanti contemporaneamente e hanno una attività correlata, sempre, anche quando non ne
siamo coscienti. È proprio da questo punto di vista che vorrei occuparmi dell’ascolto, tenendo
presente che non sto pensando ad una funzione spontanea del nostro esistere quanto, al
contrario, a ciò che può essere conquistato nel tempo, che è soggetto ad una continua evoluzione
e che, sicuramente, racchiude in sé la possibilità di farci vivere e provare ciò che potrebbe passare
inascoltato. Il titolo di questo mio breve contributo è stato tratto dal pensiero di Haidé Faimberg,
psicoanalista francese che si occupa della possibilità di rivelare le possibili e traumatiche
trasmissioni inconsce attraverso le generazioni, mediante l’ascolto o meglio “l’ascolto dell’ascolto”.
Quattro parole che aprono uno spazio di profondità più complesso ed articolato dello spazio
sancito da due entità che comunicano: entrambe emittente e ricevente. Nell’ambito psicoanalitico
questa modalità di ascolto, di cui la Faimberg scrive, viene individuata come funzione di ascolto
che l’analista presta alle risposte dei pazienti ai propri interventi: risposte e ascolto, quindi, dentro
una relazione dove si aprono scenari e possibili significati e ogni evento rimanda a altri vissuti e si
ricongiunge a ogni possibile senso. L’ascolto è una parte fondamentale del lavoro di ogni analista.
Fin dalla fine dell’ottocento Freud, fondatore della psicoanalisi, mise a punto il metodo della cura
mediante le parole. Associazioni libere, sogni o fantasie, tutto espresso con le parole che un
ascolto esperto poteva accogliere, rintracciando nessi e significati che la coscienza negava. Oggi
la psicoanalisi, non da sola per fortuna ma insieme ad altri settori del mondo scientifico, prende in
considerazione e promuove studi e ricerche sugli aspetti psichici che precedono la rimozione che
inaugura l’inconscio, quegli aspetti definiti anche rimozione primaria, per cui possiamo affermare
che presta orecchio a ciò che si pensa sia presente fin dall’inizio della vita, quando ancora non
esiste il pensiero, ma solo il corpo che sente e che esperisce. Nell’ambito di questo convegno,
vorrei occuparmi dell’ascolto con questa accezione più ampia, di più largo respiro, non solo quindi
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come orecchio prestato alla possibilità della nascita di un senso, ma come movimento interno
mosso dall’ascolto, movimento generato da uno stimolo sensoriale tout court. Sensazione e
movimento: già nel lontano 1895 l’innervazione motoria e quella sensoria venivano considerate da
Freud alla stessa st