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ALTRE FATTISPECIE ABUSIVE: PREZZI PREDATORI
Sono effettivamente altri casi in cui è proprio il livello del prezzo praticato dall'impresa dominante che viene considerato abusivo, come nel caso delle pratiche di vendita sottocosto.
Il sottocosto in realtà può essere in molti settori una pratica accettabile, magari anche solo per brevi periodi, se non che quello che viene rimproverato all'impresa dominante è appunto l'effetto escludente di queste pratiche di prezzi sottocosto nei confronti dei propri concorrenti. Questo soprattutto quando l'impresa, proprio perché è dominante o magari perché è integrata verticalmente o perché gode di diritti di monopolio in un certo campo, con dei sussidi incrociati può sovvenzionare le vendite in perdita con i ricavi che ottiene in altri settori della propria attività per un certo periodo di tempo.
Il tema del dibattito tradizionale nel campo dell'antitrust.
è quello di individuare il livello di prezzo che deve considerarsi predatorio, cioè quando un prezzo è da considerarsi predatorio e quando una pratica di un’impresa dominante che vende i suoi prodotti sottocosto diventa anche un abuso di posizione dominante? L’approccio nel campo del diritto comunitario a queste tipologie di pratiche deriva da un famosissimo caso nei confronti della Akzo, in cui, prima la commissione e poi anche i giudici comunitari, avevano stabilito quale fosse il test della predatorietà, cioè quali fossero i paletti che possono essere imposti all’impresa dominante rispetto alle tipologie di sconto e quindi alla tipologia di pratiche di vendite sottocosto che l'impresa poteva praticare. Questo test si basava sulla verifica della media dei costi totali e della media dei costi variabili dell'impresa con una presunzione di predatorietà nel caso di qualsiasi prezzo che fosse al di sotto della media dei costi.variabili ma al di sotto dei costi totali, potrebbe essere necessario approfondire le intenzioni dell'impresa. Il famoso test del caso Akzo è stato poi aggiornato dalla commissione in quella comunicazione del 2009, nella quale la commissione ha indicato che si considera predatorio un prezzo che sia al di sotto dei costi medi evitabili dell'impresa dominante, che poi equivalgono, in sostanza, alla media dei costi variabili, perché dal punto di vista economico è evidente che un'impresa che vende al di sotto dei suoi costi evitabili medi certamente sta sacrificando i suoi utili a breve termine: non avrebbe nessuna spiegazione economica plausibile che non sia quella di un intento predatorio ed escludente nei confronti dei suoi concorrenti. Se invece il livello dei prezzi dell'impresa dominante è al di sopra dei costi variabili ma al di sotto dei costi totali, potrebbe essere necessario approfondire le intenzioni dell'impresa.medi evitabili, ma aldi sotto dei costi incrementali medi di lungo periodo questo criterio del costo incrementale medio di lungo periodo è l'elemento che la commissione andrà a valutare per capire se quel prezzo è comunque un prezzo che un concorrente altrettanto efficiente potrebbe eventualmente battere, quanto meno per un certo periodo, e chiaramente in questo caso non c'è una presunzione di predatorietà e quindi si vanno a vedere tutte le circostanze del caso: si va a vedere ad esempio anche la durata di questa pratica, la quota di mercato che è interessata ecc. perché spesso le condotte di prezzi predatori non riguardano tutti i clienti dell'impresa dominante, ma riguardano alcuni. I costi incrementali medi nel caso di un'impresa monoprodotto equivalgono ai costi totali medi, ma nel caso di imprese che possono avere più prodotti rappresentano un parametro più preciso per stimare i costi sia variabili chefissiattribuibili a quel singolo prodotto. Dunque, nei casi di pratiche predatorie quello che rileva è il livello dei prezzi che sia certamente ad un livello tale da fare presumere intento predatorio (e quindi l'intento dell'impresa dominante di sopportare delle perdite solo perché poi nel medio periodo, una volta eliminati i propri concorrenti, ha la prospettiva di recuperare totalmente quei profitti rialzando i prezzi). Se invece le pratiche di prezzo non raggiungono, a livello di prezzi bassi, questi valori, ma si tratta sempre di prezzi sottocosto, la pratica verrà ritenuta abusiva solo se viene dimostrato l'intento anti concorrenziale: durante le indagini nel corso dell'istruttoria l'autorità antitrust va a vedere che cosa i funzionari delle varie imprese si sono detti, sì sono scritti e molto spesso trova le prove che dimostrano che queste pratiche commerciali sono state volute dai dirigenti delle imprese proprio per cercare.In sintesi, con "prezzi predatori" si fa riferimento alla vendita, da parte di un'impresa dominante, di prodotti o servizi a prezzi inferiori ai costi quando è finalizzata ad escludere i concorrenti dal mercato.
E' sufficiente provare il "rischio" di eliminazione della concorrenza.
Non occorre accertare se l'impresa dominante ha effettiva possibilità di recupero di perdite.
Quando un prezzo è "predatorio"?
- Al di sotto dei costi medi evitabili (CEM), l'impresa dominante starebbe sacrificando gli utili a breve termine, una presunzione di predatorietà.
- Al di sopra dei costi medi evitabili (CEM) ma al di sotto dei costi incrementali medi di lungo periodo (CIMLP), occorre ampliare l'analisi e identificare riscontri supplementari a sostegno della predatorietà, in particolare verificando sussistenza di volontà predatoria.
L'ART. 102 TFUE LETT.
Un'altra tipologia che leggiamo nella lettera C dell'articolo 102 è quella della discriminazione. La lettera C riguarda la discriminazione a danno dei contraenti dell'impresa dominante: la discriminazione determina per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza.
Quindi testualmente l'articolo 102 lettera C riguarda ad esempio le pratiche di discriminazione di prezzo da parte dell'impresa dominante che abbiano però un effetto di danneggiamento degli interessi dei contraenti dell'impresa dominante.
Pagina 88
C'è un caso anche recente in cui la Corte di giustizia ha spiegato (nel caso MEO) che questo significa che la pratica dell'impresa dominante crea uno svantaggio in termini di maggiori costi o diminuzione di utili o comunque un danno agli interessi delle imprese contraenti tali da creare per queste imprese uno svantaggio rispetto ai propri concorrenti.
L'articolo 102 TFUE lettera C "applicare nei rapporti"
commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza".- Vendita a prezzi discriminatori da parte di un'impresa dominante dettata dall'intento di svantaggiare i concorrenti (ad esempio, influisce sui costi, utili o altro interesse di imprese che sono in concorrenza con l'impresa dominante sul mercato a valle) (Caso MEO)
- Riduzione selettiva di prezzi a favore di certi clienti o in certe aree geografiche quando essa è chiaramente finalizzata a sottrarre clientela ai concorrenti e a escludere questi ultimi dal mercato
- Discriminazione "interno-esterno" da parte di un incumbent
clienti/concorrenti quindi anche senza che ci sia magari un’accusa dicompressione dei margini può esserci un discorso di discriminazione a danno dei clienti che sonoanche concorrenti e a favore invece delle proprie divisioni, o comunque delle società controllatedall' impresa dominante che sono attive nel mercato a valle.
Quindi tutte queste pratiche che consistono nell’applicare condizioni dissimili per prestazioniequivalenti e che hanno come effetto quello di danneggiare o i concorrenti o i contraentidell’impresa concorrente sono considerate abusive.
I PREZZI SELETTIVI
Può esserci questa discriminazione volutamente finalizzata a danneggiare i concorrentiLa differenziazione di prezzo da parte degli operatori telefonici può definirsi un caso di prezzoselettivo? Solitamente dal passare da un operatore all’altro vengono offerti prezzi più bassi.Sono pratiche commerciali, se non vengono operate da imprese dominanti fanno parte
del gioco della concorrenza. Pagina 89