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VARIAZIONI DEL PIL NEL BREVE PERIODO

IL RUOLO DELLA DOMANDA AGGREGATA: SPESA, REDDITO, MOLTIPLICATORE

I sistemi economici attraversano fasi di recessione (espansione), in cui il PIL scende sotto (sale sopra) il

valore potenziale, con riflessi sull'occupazione. Il modello base keynesiano che spiega tali fluttuazioni del

PIL si rivolge al breve periodo, con livello dei prezzi costanti e fattori produttivi dati: esso si basa

sull'interazione fra spesa pubblica e privata (beni/servizi domandati) e prodotto-reddito, affermando che

aumenti della spesa autonoma determinano ulteriori aumenti della domanda aggregata, in particolare della

domanda di beni di consumo.

L'offerta aggregata Y è il valore di quantità di beni e servizi producibili in un certo periodo (funzione di

produzione): essa dipende dai fattori produttivi, ovvero dal lavoro L, dal capitale K e dalla tecnologia T.

Y=F(L,K,T)

La domanda aggregata AD è la quantità di beni e servizi richiesta dal sistema ed è data dalla somma della

spesa per i consumi C, della spesa per gli investimenti I, della spesa pubblica G e delle esportazioni nette

NX.

AD=C+I+G+NX

Quando i fattori produttivi sono pienamente impiegati, il prodotto Y è al suo livello potenziale o di pieno

impiego (Y*).

Le ipotesi di breve periodo sono che la forza lavoro, il capitale e la tecnologia sono dati, le imprese sono

disposte a vendere qualsiasi quantità di prodotto consentita dalla capacità degli impianti e i prezzi

rimangono invariati. La curva di offerta aggregata è una retta orizzontale a livello dei prezzi correnti. Il

prodotto (e quindi il reddito) di equilibrio dipende dalla curva di domanda aggregata. Il prodotto Y si trova al

livello di equilibrio quando la quantità di beni offerta è uguale alla domanda.

0

Se la domanda aggregata non è uguale al prodotto Y offerto dalle imprese, l'effetto immediato è quello di

una variazione delle scorte (Inventories Unplanned)

IU=Y-AD

Se la condizione di equilibrio Y = AD è al di sotto del prodotto potenziale (Y<Y*) si genera disoccupazione

(L<ForzaLavoro). Se la domanda aggregata è maggiore del prodotto potenziale AD>Y*, i salari e i prezzi

tornano ad aumentare.

La domanda aggregata ha quattro componenti: la principale è la domanda di beni di consumo. La domanda

di beni di consumo cresce con il reddito disponibile YD, che è il reddito al netto delle imposte e dei

trasferimenti dello stato. In assenza del settore pubblico YD coincide con il reddito-prodotto Y. Supponiamo

che la funzione del consumo abbia forma lineare:

C = +cYD = +cY

dove >0 è il consumo non dovuto al reddito (Y=0), ma ad esempio al patrimonio, e 0<c<q è la

propensione marginale al consumo (coefficiente angolare). Questa funzione descrive realisticamente la

relazione tra consumo e reddito.

Le altre componenti della domanda aggregata sono il fatto che siano assenti il settore pubblico e il

commercio con l'estero quindi G = 0 e NX = 0 e che la spesa per investimenti sia autonoma, esterna al

modello e data: I= .

L'equazione AD=C+I+G+NX diventa: AD=( +cY)+

La parte di spesa indipendente dal reddito, detta autonoma, può essere espressa come: = +

L'equazione della domanda aggregata diventa quindi: AD= +cY

L'equilibrio del sistema si trova inserendo l'equazione della domanda aggregata AD= +cY nell'equazione di

equilibrio tra offerta e domanda Y=AD: Y= +cY

1

Risolvendo rispetto ad Y si ha il prodotto-reddito di equilibrio =

1−

0

Il prodotto di equilibrio cresce all'aumentare della propensione marginale al consumo c e della spesa

autonoma .

1

Definiamo “moltiplicatore della spesa autonoma” l'espressione contenuta nell’equazione :

=

1−

0

1

α= 1−

Il livello di equilibrio della domanda aggregata e del prodotto (=reddito) è pari ad un multiplo della spesa

α

autonoma :

= α

0

Un aumento della spesa autonoma porterà ad un aumento volte del reddito , ovvero si deve avere

∆ α ∆

un piccolo aumento dell'investimento per avere un grande aumento del sistema economico

1

∆ = ∆ = α ∆

1−

Si dice che il moltiplicatore ha un meccanismo dinamico poiché un aumento delle componenti autonome

della domanda, comporta una traslazione della curva della domanda verso l'alto, che provoca un

= +

aumento dei prodotti e di reddito per il nuovo lavoro richiesto verso l'equilibrio. A questo punto una frazione

c dell'aumento di reddito viene nuovamente spesa (indotta) per beni di consumo, accrescendo ancora il

prodotto e il reddito. Seguono quindi altre ondate di spesa per consumi, ma via via sono sempre minori: si

ha una progressione geometrica di con ragione c<1

L’equilibrio del sistema è dato dall’uguaglianza tra la domanda aggregata e il reddito-prodotto (Y=AD)

oppure dall’uguaglianza tra risparmio e investimento. Dalla contabilità nazionale sappiamo che il reddito

può essere destinato al consumo o al risparmio (in assenza dello stato e dei paesi esteri): Y=C+S.

Sostituendo Y si ottiene che C+S=C+I e quindi S=I. Nelle ipotesi del modello base infatti, in condizioni di

equilibrio, il risparmio è pari all’investimento.

Posso scrivere le formule del “moltiplicatore della spesa autonoma” anche partendo dall’uguaglianza tra

risparmio e investimento. Dall’equazione Y=C+S si ha la funzione del risparmio (complementare a quella

del consumo): S = Y-C = Y- -cY = - +(1-c)Y = - +sY dove s è la propensione marginale al risparmio

data da s=1-c. 1 1

Considerando l’equazione di equilibrio S=I, si ha = - +sY, da cui = ( + ) =

0

1 1 1 1

= ( ) = = Da cui =

α α =

1− 1−

0

Il livello di equilibrio della domanda e del prodotto (=reddito) è pari ad un multiplo della spesa autonoma

α

= + . Un aumento della spesa autonoma porterà ad un aumento volte del reddito :

∆ α ∆ ∆ = α∆

Ciò significa che maggiore è la propensione al consumo (e minore è quella al risparmio), tanto maggiore è

la variazione di PIL (fluttuazioni economiche) al variare della spesa autonoma. L’obiettivo delle politiche

economiche è proprio quello di contrastare le fluttuazioni del PIL.

Il settore pubblico influenza l’equilibrio del reddito tramite la spesa pubblica G per beni e servizi (che

ipotizziamo essere indipendente dal reddito e stabilita dal governo per un dato ammontare ), i

trasferimenti TR che accrescono il reddito disponibile (YD) delle famiglie (che ipotizziamo essere

indipendente dal reddito e stabiliti dal governo per un dato ammontare ) e le imposte TA che riducono il

reddito disponibile (YD) delle famiglie (che ipotizziamo essere proporzionali al reddito con aliquota t), per

cui TA=tY.

Il reddito disponibile diviene: YD = Y+TR-TA = Y+ -tY = +(1-t)Y

La funzione del consumo sarà: C = +cYD = +c +c(1-t)Y

La funzione della domanda aggregata diventa: AD = C+I+G = +c +c(1-t)Y+ + = ( +c + + )+c(1-t)Y =

+c(1-t)Y, cioè è dato dalla somma della spesa indipendente dal reddito con il reddito a cui viene tolta la

parte dovuta alla tassazione. L’equilibrio si ottiene dall’equazione Y=AD. Sostituendo ad AD l’espressione

1

ottenuta +c(1-t)Y da cui risolvendo per Y si ha: = , ovvero c è condizionata dall’aliquota

=

1−(1−)

0

d’imposta ( diminuisce), il che significa che la tassazione ha un effetto inibente al moltiplicatore.

α

Il livello di equilibrio del prodotto (=reddito) é pari ad un multiplo, , della spesa autonoma +c + +

α =

1

Il moltiplicatore diventa = con < (moltiplicatore senza stato) a causa di t.

α α α

1−(1−)

Le imposte t sul reddito, riducendo il moltiplicatore, sono uno stabilizzatore automatico, un meccanismo che

attenua le fluttuazioni del sistema (PIL) senza interventi ad hoc. Un altro stabilizzatore sono i sussidi di

disoccupazione.

Le variazioni della spesa autonoma portano ad una variazione amplificata del reddito:

1

= = +c + + )

∆ ∆ α ∆ = α ∆(

1−(1−)

0

Il governo può attuare politiche fiscali per modificare il reddito di equilibrio, ad esempio: un aumento di G

implica un aumento di Y pari a (se aumenta la spesa pubblica ad esempio per il reddito di

α ∆

cittadinanza, riparte l'economia perché aumenta il prodotto), un aumento di TR implica un aumento di Y pari

a , un aumento di t implica una riduzione del reddito disponibile YD (l'aumento di t riduce anche il

α ∆

moltiplicatore: si ha lo stesso effetto di una riduzione della propensione marginale al consumo c)

Le politiche fiscali non hanno uguali impatti. Se un aumento di G implica un aumento di Y pari a , un

α ∆

uguale aumento di TR implica un aumento di Y minore, pari a : parte del nuovo reddito viene

α ∆

risparmiato. Una riduzione di t implica invece un aumento del reddito disponibile YD, ma diminuisce l'effetto

stabilizzatore. Tasse e sussidi hanno prodotto minori fluttuazioni nei cicli economici del dopoguerra.

Le politiche fiscali sono uno strumento che i governi possono utilizzare per stabilizzare l’economia: si

attuano politiche espansive in fasi di recessione e politiche restrittive in fasi di espansione.

Eccessi di politiche espansive rendono l’indebitamento pubblico eccessivo, con possibile contrazione degli

investimenti privati.

L’avanzo di bilancio (BS) dello Stato misura il Surplus delle entrate, derivanti da imposte e contributi,

rispetto alle uscite, costituite dagli acquisti di beni e servizi e dai trasferimenti:

BS = TA-G-TR = tY- -

Un valore negativo del saldo del bilancio pubblico (BD) si definisce Deficit (o Disavanzo) di bilancio

Una variazione di G, TR o TA non provoca una equivalente variazione in BS. Ad esempio un aumento della

spesa pubblica ΔG peggiora il BS, ma meno di ΔG: la politica fiscale espansiva fa crescere il reddito Y,

accrescendo il gettito fiscale tY (Lo stato ha un ritorno dei soldi investiti). Tutte le va

Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
44 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/01 Economia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher marsgabriella di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Macroeconomia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Bari o del prof Garavelli Claudio Achille.