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PRIMA DEL 1929: LA MACROECONOMIA CLASSICA

Quando parliamo di classica, facciamo riferimento al sistema economico del “laissez faire”. Di

macroeconomia

cosa si tratta? Si tratta di un sistema economico in cui le transazioni tra gruppi privati di persone, sono libere e

quasi esenti da ogni forma di interventismo economico: in altre parole, i sostenitori di questo sistema economico

erano convinti che i comportamenti di ciascun individuo (in ambito economico) portassero il mercato in una

condizione di equilibrio, senza la necessità di un intervento dello stato. In che modo? Se l’uomo è libero di agire,

allora sceglie la via che può consentire a sé stesso, e indirettamente anche alla collettività, di ottenere il massimo

beneficio. Tra i sostenitori, ricordiamo Smith, che, con la sua metafora della mano invisibile (1798),

Adam

racchiude il senso dell’ideologia alla base del “laissez faire”, e anche il francese Say, il quale riteneva impossibile

una crisi di sovrapproduzione e deflazione, poiché, secondo il suo pensiero, era l’offerta a generare la propria

domanda.

LA NASCITA DELLA MACROECONOMIA MODERNA: LA TEORIA GENERALE DI KEYNES (1936)

Con la (definita anche Grande Depressione), vennero alla luce tutti i limiti della politica economica

crisi del ’29

liberista, che portò, infatti, all’inizio di una e all’incombere di problemi di disoccupazione.

recessione

Fattori che spiegarono il crollo borsistico del ’29:

- Crisi da sovrapproduzione: l’incremento della produttività doveva far fronte ad una domanda che non

cresceva allo stesso ritmo, di conseguenza un’offerta tanto più grande rispetto alla domanda comportò un

aumento della quantità di merci invendute, un calo dei prezzi e conseguentemente un calo del livello

generale dei prezzi (=deflazione), e infine un calo del costo del lavoro (=salari).

- Mancanza di norme per regolamento del mercato borsistico.

Ci furono diversi tentativi di interventismo: alcuni fallimentari, ricordiamo il caso di Hoover, che ricorse a prestiti

alle imprese e finanziamenti di opere pubbliche; tuttavia, si trattò di un intervento tardivo e limitato. Altri, invece,

furono funzionali: parliamo proprio del di (1932). Il “New Deal”, tradotto in italiano “Nuovo

New Deal Roosevelt

Corso”, fu un Keynesiane:

piano di interventi pubblici finanziati dallo stato, fondato sulle teorie

1. Lo stato doveva intervenire attivamente a regolare l’economia di mercato (va contro all’idea classicista per

cui sono le azioni libere degli individui a garantire un equilibrio di mercato);

2. Necessità di una riorganizzazione del sistema bancario, per generare un senso di fiducia da parte dei

cittadini.

La crisi del ’29 aveva quindi dimostrato la debolezza delle idee liberiste, poiché, contrariamente a quanto

sostenevano le leggi di Say, non fu l’offerta a generare la propria domanda (ci fu infatti una crisi di

sovrapproduzione); il New Deal, invece, mise in evidenza l’importanza della spesa pubblica, e quindi

dell’intervento dello stato, nell’incentivare la domanda, quand’essa non è sufficiente a garantire un equilibrio di

mercato.

LA NUOVA MACROECONOMIA CLASSICA

La teoria generale di Keynes, nonostante i suoi successi nella fase

successiva la crisi del ’29, si rivelò, tuttavia, principalmente

incentrata sulla critica alla macroeconomia classica.

Si sviluppò, dunque, una nuova scuola di pensiero intorno agli

anni ’70, opposta a quella keynesiana: essa era fondata sulla

reale. Si tratta di una teoria che studia

teoria del ciclo economico

le fluttuazioni di breve periodo delle variabili economiche

intorno al loro trend di lungo periodo. L’idea di base è che le fasi

di espansione e recessione del ciclo economico sono

principalmente determinate da shock alla produttività aggregata.

Questo significa che ci fu una sorta di ritorno alla teoria del

laissez faire, poiché viene esclusa la necessità di un intervento dello stato nel sistema economico.

KEYNESIANI O NEOCLASSICI: CHI HA RAGIONE?

In realtà dipende dal contesto temporale considerato:

- Un modello keynesiano ha senso nel breve periodo, poiché consideriamo prezzi fissi e lavoriamo

esclusivamente su variazioni di domanda;

- Un modello invece neoclassico nel lungo periodo, poiché si va a lavorare sul tasso di crescita ed entrano in

gioco molte variabili macroeconomiche, tra cui appunto i prezzi.

CONGIUNTURA GLOBALE

Parliamo un po’ di attualità. La storia più recente ha visto negativi:

3 shock

- La crisi finanziaria del 2008

- La pandemia

- La guerra Parliamo contemporaneamente di questi due eventi, poiché entrambi

La crisi finanziaria del 2008 e Pandemia.

sono shock che hanno coinvolto la domanda, in particolar modo la crisi finanziaria. Questi shock si sono verificati

in modo sequenziale, infatti l’arrivo della pandemia si è verificato quando ancora si stavano vivendo gli effetti

collaterali della crisi del 2008.

Partiamo prima dalla crisi del 2008: qual era la situazione? Vi erano tassi di interesse molto bassi, quasi a zero, in

particolar modo negli Stati Uniti (zero lower bound). Questa crisi ha avuto modo di propagarsi poi in Europa,

generando un’ulteriore crisi: la 2010, sui default della Grecia prima, ma poi anche di

crisi del debito sovrano nel

altri paesi. Una crisi come quella finanziaria del 2008, evidentemente importata dagli stati uniti, si è propagata poi

in Europa e, dopo che le banche centrali hanno tagliato i tassi d’interesse a zero, è passato tutto nelle mani dei

governi. Tagliare un costo del denaro non ha un grande costo in termini di tasse, ma intervenire attraverso il taglio

delle tasse sì, poiché, grazie alle tasse, è possibile introdurre opere pubbliche e strumenti a sostegno della

popolazione per evitare, ad esempio, il dilagarsi di fenomeni di disoccupazione (per esempio la cassa

integrazione). Ma perché proprio in Europa? Perché in Europa c’erano paesi con alto debito pubblico, come la

Grecia, l’Italia, la Spagna e il Portogallo.

In seguito, è arrivata la pandemia, quando ancora si stavano vivendo gli effetti della doppia crisi finanziaria. Perciò

la pandemia è arrivata in un’epoca in cui i tassi d’interesse erano ancora a zero, quando ancora le banche centrali

non si erano riprese dalle due crisi. L’Europa in particolar modo, si è vista coinvolta in uno scenario di aumento

della disoccupazione, a differenza degli Stati Uniti dove il mercato del lavoro funziona in modo completamente

diverso rispetto all’Europa. Negli US non ci sono bandi, non c’è contrattazione collettiva, c’è solo una

contrattazione bilaterale tra datore di lavoro e lavoratore, a qualsiasi livello. Inoltre, non esiste un contratto di

lavoro a tempo indeterminato... insomma, è tutto molto incerto. Tant’è vero che c’è la possibilità di rimanere

senza lavoro da un momento all’altro, per ragioni congiunturali: nel momento in cui c’è una recessione, una fase

congiunturale di rallentamento, le imprese possono liberamente lasciare a casa lavoratori. E questo vale anche nel

mercato del lavoro anglosassone, dove addirittura la situazione è ancora più grave, poiché la percentuale di

proprietari di casa è molto bassa: questo significa che, in caso di recessione, se si rimane senza lavoro si rimane

conseguentemente anche senza un posto in cui vivere. Ma questo accade ad ogni ciclo di recessione, perciò non è

una conseguenza diretta della pandemia. In Europa, invece, il mercato del lavoro possiede delle rigidità che creano

anche una certa fisiologica disoccupazione, proprio per motivi strutturali delle nostre istituzioni. Perciò in fasi

congiunturali negative, abbiamo questo fenomeno di disoccupazione.

La Cina, in una fase congiunturale così negativa, è un blocco con alto risparmio: è uno svantaggio nel breve

periodo perché blocca la crescita della domanda, al contrario, nel lungo periodo, è un vantaggio, perché il

risparmio va a finanziare tutti gli investimenti, le infrastrutture. Per questo motivo ha creato molta fiducia negli

investitori, soprattutto stranieri, anche perché in Cina, diversamente da altri Paesi dove vi sono guerre civili e

instabilità politica (per esempio paesi dell’Africa), c’è bassa corruzione e stabilità politica.

guerra. Si è verificato un rincaro delle materie prime. Rispetto agli shock generati dalle crisi finanziarie e dalla

La

pandemia, la guerra genera un altro tipo di shock.

BLOCCO 0: LA CONTABILITÀ NAZIONALE

Lo scopo della contabilità nazionale è quello di individuare e capire il contenuto di quelle che sono le variabili

principali del breve periodo:

- PIL: produzione aggregata (considero output e prezzi)

- INFLAZIONE: tasso di crescita del livello dei prezzi

PRODUZIONE AGGREGATA (PIL)

Il è il valore di beni e servizi prodotti in un’economia (che può essere una nazione, una

prodotto interno lordo

regione, una provincia…) in un dato arco temporale.

Attenzione! Non confondere il PIL con il PNL, cioè il lordo, che considera il valore di beni e

prodotto nazionale

servizi prodotti dai residenti di un’economia, ovunque essi si trovino: si guarda perciò alla nazionalità di chi

produce, e non ai confini territoriali entro i quali viene svolta l’attività produttiva, come fa il PIL.

Per esempio, l’attività produttiva svolta da un’azienda francese avente sede in Italia, rientrerà nel PIL italiano ma

nel PNL francese.

CALCOLARE IL PIL

Esistono tre metodi di calcolo:

1. prodotti all’interno di un’economia (incluse le esportazioni a qualsiasi stadio)

Valore dei beni e servizi finali

in un periodo di tempo t, al netto delle importazioni di materie prime o beni intermedi. Per fare chiarezza:

la produzione di un bene che poi verrà reimpiegato nel processo produttivo, non è da considerare, fatta

eccezione nel caso in cui questo bene venga esportato; la produzione di un bene venduto poi al pubblico è

da considerare; l’importazione di un bene che verrà reintrodotto nel processo produttivo va considerata;

l’importazione di un bene che sarà destinato al pubblico non va considerata. Attenzione sulle importazioni:

se un bene lo importo e poi lo rivendo all’interno del mio Paese, va considerato come servizio finale

destinato al pubblico!

2. dell’economia nel periodo t. Perciò sommo i ricavi, incluse le esportazioni, e

Somma dei valori aggiunti

sottraggo il costo di materie prime importate e anche beni intermedi prodotti all’interno dell&rsquo

Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
52 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/01 Economia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher saranava023 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Macroeconomia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Dalla Pellegrina Lucia.