Anteprima
Vedrai una selezione di 21 pagine su 99
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 1 Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 2
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 6
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 11
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 16
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 21
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 26
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 31
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 36
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 41
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 46
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 51
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 56
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 61
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 66
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 71
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 76
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 81
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 86
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 91
Anteprima di 21 pagg. su 99.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di lezione di Economia e gestione delle imprese Pag. 96
1 su 99
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

PRODOTTI COMPLEMENTARI

Il modello di Porter non considera i prodotti complementari, ossia i prodotti il cui uso,

congiunto a quello del prodotto di riferimento, aumenta l'utilità per il consumatore e

determina un valore superiore al valore dato dall'utilizzo disgiunto dei due prodotti. Si

tratta per esempio delle cartucce per le stampanti o dei detersivi per le lavatrici.

Quando i prodotti complementari tendono a identificarsi con il prodotto complessivo,

essi hanno poco valore per i clienti come prodotti separati, in quanto i clienti

tenderanno a valutare l'offerta nel suo insieme. Peraltro se un'impresa è in grado di

proporre congiuntamente dei prodotti complementari, è in grado di rafforzare la

propria posizione competitiva e la propria redditività, come nel caso di Nespresso e

Illy, che propongono macchine elettriche che utilizzano capsule speciali.

In alcuni casi la maggior parte dei profitti deriva dal prodotto complementare più che

da quello di riferimento; Nintendo ha risolto questo problema rilasciando licenze agli

sviluppatori e controllando la produzione e la distribuzione del software.

Secondo i critici di Porter i prodotti complementari dovrebbero essere considerati come

una forza aggiuntiva, la sesta, rispetto a quelle considerate dal suo schema per

l'analisi della concorrenza. Essi influenzano la situazione competitiva in maniera

opposta rispetto ai prodotti sostitutivi; mentre questi ultimi riducono il valore del

prodotto, i complementari lo aumentano. In realtà appare condivisibile quanto obietta

Porter a questa critica, e cioè che il complementare influenza la domanda dei prodotti

del settore, ma l'effetto che determina sulla redditività delle imprese del settore

dipende dall'impatto che produce sulle cinque forze competitive.

INSTABILITA' DEL SETTORE

Porter sostiene che la struttura del settore determina la concorrenza; Schumpeter

(1912) e la scuola austriaca ritenevano invece che fosse la concorrenza a trasformare

la struttura di un settore. Un settore che preveda un monopolio dell'offerta è molto

appetibile e spinge le imprese a entrare, alternandone la struttura originaria.

In generale si distinguono settori consolidati in cui le nuove entrate avvengono in

maniera lenta e i cambiamenti non sono così distruttivi come vorrebbe Schumpeter; e

altri settori, detti invece “Shumpeteriani”, caratterizzati da rapide innovazioni di

prodotto e ripide curve di esperienza, come nel caso del settore dei telefonini. In

questi settori di ipercompetizione, i concorrenti devono muoversi rapidamente per

costruire i propri vantaggi e intaccare quelli degli avversari, ma il vantaggio acquisito è

transitorio e bisogna crearlo e rinnovarlo continuamente.

Le critiche al modello di Porter postulano spesso una visione statica della struttura del

settore da lui proposta, che in realtà non corrisponde a quanto proposto da Porter

stesso.

CONCORRENZA DINAMICA E TEORIA DEI GIOCHI

La principale obiezione posta allo schema di Porter è che esso non tiene conto delle

effettive interazioni tra le imprese: esse, infatti, non sempre assumono un

atteggiamento competitivo; a volte possono essere disponibili a una cooperazione,

anche tacita, o a una coalizione.

La teoria dei giochi è un modo singolare per affrontare il tema della concorrenza,

paragonandola a un gioco a cui partecipano dei concorrenti-giocatori che possono

effettuare delle azioni scegliendo tra alcune opzioni. Uno dei vantaggi di questa teoria

è la sua capacità di considerare i rapporti tra imprese concorrenti non solo sul piano

della competizione pura, ma anche sul piano della cooperazione; per questo fu coniato

il termine “co-opetition”, combinazione di “cooperation” e “competition”, a

sottolineare che i rapporti tra imprese hanno carattere dualistico, fatto di

collaborazione e competizione che spesso coesistono per spinta di natura

esogena(legate a trasformazioni regolamentari) o endogena.

Spesso le imprese realizzano che la possibilità di raggiungere un accordo è più

conveniente che competere. Infatti una guerra dei prezzi tra due concorrenti lascia

pressoché immutate le quote di mercato, ma abbassa

i profitti per tutti gli attori; in tal caso diventa più conveniente accordarsi per un prezzo

comune.

Gli ambiti competitivi si trasformano sempre più velocemente nel mondo degli affari e

questo fa sì che le relazioni inter-organizzative siano considerate un patrimonio

strategico e una fonte di vantaggio competitivo.

Capitolo 5 – Catena del valore e vantaggio competitivo

5.1 Il dibattito teorico sulle determinanti dei risultati di impresa

La teoria economica si è da sempre confrontata sui fattori che determinano il successo

di un'impresa, misurato attraverso i risultati economici realizzati nel medio termine.

L'interpretazione dominante, quasi esclusiva, era quella dell'Industrial Organization

(IO) che proponeva una spiegazione strutturale per valutare l'attrattività dei settori e,

determinando il grado di intensità della concorrenza, per predire le performances

attese dalle imprese del settore.

Dagli anni Ottanta si afferma, però, una prospettiva teorica, la “resource based view”

(o RBV) che considera l'utilizzo delle risorse specifiche, e talvolta esclusive delle

imprese, come fattore esplicativo del loro successo. Questa impostazione parte da una

critica del paradigma strutturale, stabilisce un legame con il contributo di Penrose

(1959), la quale spiegava la crescita delle imprese con le risorse da esse detenute, e

sposta la spiegazione del vantaggio competitivo e, di conseguenza, delle performance

delle imprese, sul ruolo critico di risorse scarse e difficilmente replicabili.

La RBV si è affermata con difficoltà in ambito strategico; il motivo è riconducibile sia a

un'oggettiva iniziale mancanza di chiarezza nelle basi concettuali, sia a una relativa

minore definizione delle condizioni di applicazione rispetto al modello dominante

“porteriano”. Secondo la RBV, se i risultati economico-finanziari di un'impresa sono

soddisfacenti e se sono migliori di quelli dei concorrenti è perché essa dispone di

risorse e di competenze che hanno saputo coltivare e impiegare in ambiti competitivi

favorevoli.

Una terza più recente prospettiva teorica, detta “relazionale”, a partire da Dayer e

Singh individua nelle relazioni inter-organizzative e nelle capacità organizzative

necessarie per coordinare questi sistemi complessi, una fonte primaria di rendite e

quindi di vantaggio competitivo. Numerosi contributi che si collocano in questo filone

di studio enfatizzano la rilevanza strategica delle relazioni di collaborazione inter-

organizzativa, evidenziandone il ruolo svolto nel condizionare le dinamiche aziendali

rispetto all'influenza esercitata dall'ambiente esterno e nel condizionare l'accesso delle

imprese alle risorse materiali e immateriali necessarie per competere efficacemente.

Inoltre le relazioni di collaborazione inter-organizzativa si ritengono risorse difficili da

imitare.

In questo capitolo si analizza come l’impresa configura e svolge le sue attività e quindi

come crea valore; di qui il concetto di catena del valore viene usato come strumento

per svolgere l’analisi.

L'analisi del valore si basa sul presupposto che l'obiettivo di un'attività sia quello di

creare valore per i suoi clienti e che il valore che l'impresa ha saputo creare per il

cliente si traduca in redditività.

5.2 Catena del valore

Secondo la definizione che ne ha dato Michael Porter (1985) e che adottiamo, la

catena di valore è il modo in cui l'impresa svolge le singole attività, attuando una

certa strategia che risente della sua storia e delle specificità economiche dell'attività

stessa.

La catena del valore disaggrega l'impresa nelle sue attività strategicamente

rilevanti allo scopo di comprendere cosa determina l'andamento dei costi, le fonti e

i potenziali di differenziazione esistenti. L'analisi della catena del valore diventa la

base per identificare la natura del vantaggio competitivo che l'impresa intende

perseguire e conseguentemente per sviluppare la strategia.

La catena di valore rappresenta graficamente il valore totale generato

dall'attività dell'impresa in un determinato business e mette in evidenza due

componenti:

1. attività generatrici di valore: attività fisicamente e tecnologicamente distinte,

svolte dall'impresa;

2. margine: differenza tra valore totale e costo complessivo per eseguire le

attività generatrici di valore.

Ciò che è bene tenere in considerazione per utilizzare lo strumento della catena di

valorizzazione è quanto segue:

in termini competitivi il valore è la somma che i compratori sono disposti a

- pagare per quello che l'impresa fornisce loro;

la misura è il ricavo totale;

- nel perseguire un vantaggio competitivo l'impresa deve guardare al valore e

- non al costo, che può aumentare per consentire di spuntare prezzi più elevati.

Per costruire la catena del valore di un'impresa è necessario:

identificare le attività generatrici di valore;

definire i contenuti in relazione al settore nel quale l'impresa opera;

evidenziare i legami verticali e orizzontali tra le attività della catena di

valore.

5.2.1 Identificare le attività generatrici di valore

Con la catena del valore è possibile rappresentare le attività di un'impresa

distinguendo tra:

1. attività primarie o di base, che consistono:

nella movimentazione delle materie prime e dei componenti e nella creazione

fisica del

prodotto/servizio;

nel marketing, nella distribuzione e nella vendita dei prodotti e nel loro

trasferimento al compratore; nell'esistenza post-vendita e, in generale, nei

servizi offerti alla clientela.

Si tratta quindi delle attività che consentono di creare fisicamente i prodotti o servizi

che saranno destinati ai clienti. Più analiticamente, tra le attività primarie, Porter

distingue:

la logistica in entrata, che riguarda le attività della gestione dei materiali,

della gestione di magazzino, del controllo delle scorte, della programmazione

dei vettori di trasporto, della

restituzione ai fornitori dei prodotti acquistati non conformi agli ordini;

le attività operative, che consistono nella trasformazione degli input nel

prodotto/servizio finale; la logistica in uscita, che riguarda la raccolta,

l'immagazzinamento e la distribuzione del prodotto agli acquirenti. Si fa qui

riferimento alle attività di stoccaggio dei prodotti finiti, alla gestione dei<

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
99 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/08 Economia e gestione delle imprese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher klaas95 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia e gestione delle imprese e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Baroncelli Alessandro.