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APITOLO ERZO AL EBBRAIO ALL TTOBRE
La rivoluzione del febbraio 1917 e la caduta della monarchia
La rivoluzione che scoppiò a Pietrogrado alla fine del febbraio 1917 sembrò cogliere
tutti di sorpresa. Il 9 gennaio 150.000 operai di Pietrogrado scioperarono per
commemorare l'anniversario della domenica di sangue del 1900 e il governo fece
arrestare alcuni bolscevichi e il gruppo operaio del comitato centrale delle industrie
belliche. Seguì una dimostrazione a sostegno della Duma, in occasione della
riapertura di quest'ultima. Il ministro degli interni, Protopopov, non giudicò questi
avvenimenti così gravi da consigliare lo zar di restare Pietrogrado, così lo zar tornò
al suo quartiere generale.
La sollevazione maggiore cominciò il 23 febbraio, quando la manifestazione
socialista per la Giornata della donna portò migliaia di operaie nelle strade
nonostante il gelo invernale. A queste si aggiunsero gli scioperanti delle industrie
Putilov, la forza protestò per il pane, che era stato razionato la settimana
precedente. Nei due giorni successivi il numero degli scioperanti si duplicò e ci
furono diversi scontri tra la polizia a cavallo e dimostranti. I dimostranti intonavano la
marsigliese e portavano striscioni contro l'autocrazia. Il generale Chabalov,
comandante del distretto militare di Pietrogrado, fu attento a evitare provocazioni e
proibì alle sue truppe di aprire il fuoco sulla folla.
Nulla prova che questi tumulti iniziali fossero il risultato di una cospirazione, di un
piano concertato. La celebrazione della giornata della donna aveva semplicemente
coinciso con lo sciopero delle industrie Putilov. È probabile che la mancanza di pane
fosse stata accentuata dagli scioperi dei panifici, dove bolscevichi avevano una
certa influenza, ma ciò fu dovuto soprattutto alla scelta dei contadini di non vendere
il loro grano le città.
In seguito ai fatti del 26 febbraio, lo zar aveva ordinato di far cessare
immediatamente disordini. Nel pomeriggio la folla venne attaccata e solo dopo
poche ore ci furono strane avvisaglie sulla lealtà delle truppe, e quella stessa sera ci
fu un ammutinamento di alcuni soldati. Il giorno seguente le autorità persero il
controllo sulle forze militari: la confusione aveva messo a dura prova le guarnigioni,
disgustate dalla prospettiva di dover sparare sui civili inermi. Chabalov fu costretto a
ritirarsi al palazzo d'inverno e 27 febbraio Pietrogrado era nelle mani degli insorti.
La Duma decide di istituire un comitato provvisorio che convincessero zar
d'accettare una monarchia costituzionale. Questo fu dettato dalle intenzioni dei
gruppi socialisti di formare un nuovo soviet di Pietrogrado che assumesse il
controllo della situazione. Kerenskij aveva fatto occupare la stazione, posti telefonici
e uffici postali.
Nel palazzo di Tauride quella stessa sera si riunì un soviet di circa 200 persone e
venne nominato un comitato esecutivo provvisorio. Così, due comitati - uno della
Duma e uno dei soviet di Pietrogrado - si stabilirono nel palazzo. Li univa la comune
paura che lo zar potesse reagire servendosi di truppe fresche.
All'inizio, questa sembra l'intenzione di Nicola. Egli non prese in considerazione gli
appelli a favore di una monarchia costituzionale e quando apprese che Chabalov
non controllava più Pietrogrado, mandò truppe verso la capitale per ristabilire
l'ordine (ordine che venne poi annullato). Le varie linee ferroviarie erano occupate e
il suo treno deviò per Pskov. Gli avvenimenti dei due giorni successivi furono
determinati dal comportamento dei generali, già da tempo in uno stato di grande
agitazione per la manifesta incapacità dello zar. La situazione di Pietrogrado si
poteva contenere solo garantendo riforme istituzionali, e alla fine lo zar acconsentì a
fare qualche concessione. Nelle prime ore del 2 marzo lo zar fu informato
dell’ineluttabilità della sua abdicazione, a meno che non rinunciasse all’autocrazia.
Quello stesso giorno Nicola decise che se doveva rinunciare all'autocrazia preferiva
rinunciare a tutto. Si decise di nominare il fratello Michele zar e L’vov primo ministro.
Tuttavia, Michele, dichiarò che non avrebbe accettato la corona sei non da
un'assemblea costituente. Ebbe dunque fine la monarchia dei Romanov e i liberali
scoprirono che davanti a loro c'era una Repubblica.
Il primo governo provvisorio e il soviet di Pietrogrado (2 marzo-5 marzo)
il 2 marzo il comitato della Duma istituì un governo provvisorio presieduto da L’vov è
composto da ottobristi e cadetti, con Miljukov al ministero degli esteri e Guckov al
ministero della guerra. Venne proclamata un'amnistia generale per tutti i reati politici
di religione, pieni libertà democratiche, l'abolizione della pena di morte e la confisca
delle terre della corona. Un decreto trasferì le autorità degli ex governatori zaristi
agli zemstva locali. La decisione cruciale del governo provvisorio fu di continuare la
guerra: essi avevano bisogno del riconoscimento e del sostegno degli alleati
occidentali. Questo impegno militare, però, ostacolò tutti gli altri aspetti. Era infatti
stato istituito un comitato per la riforma della terra, ma una maggiore redistribuzione
di quest'ultima avrebbe provocato il malcontento dall'esercito una volta tornato dal
fronte. Il governo provvisorio produsse poche misure concrete, tutte le decisioni
finali erano rimandate la convocazione di un'assemblea costituente (che si sarebbe
attuata dopo il ritorno delle truppe dal fronte).
Il governo provvisorio, tuttavia, non poteva condurre alcuna azione senza il
consenso del soviet di Pietrogrado, che controllava la rete ferroviaria, le poste e
telegrafi. Questo aveva già istituito commissioni militari e per l'approvvigionamento
alimentare, aveva inoltre pubblicato il Prikaz n.1, che stabiliva che tutte le unità
militari erano sottoposte al soviet.
In queste circostanze, risulta sorprendente che il governo provvisorio fosse ancora
in carica. Il soviet di Pietrogrado, tuttavia, soffriva di una mancanza di fiducia che gli
impediva di guidare la rivoluzione. Sussistevano molte divisioni tra i vari gruppi
socialisti che lo componevano. I socialrivoluzionari erano, forse, il partito più forte,
ma non disponevano di una organizzazione ben delineata. I menscevichi avevano
una leadership migliore Cceize, ma esitavano per motivi ideologici: credevano di
avere davanti agli occhi una rivoluzione borghese. Queste indecisioni e divisioni
fecero sì che soviet perseguisse una politica di cooperazione col governo
provvisorio, ma senza un'effettiva partecipazione; soltanto Kerenskij ebbe il doppio
incarico di ministro della giustizia e di vice presidente del soviet di Pietrogrado.
Questo compromesso significò che soviet dovette acconsentire alla continuazione
della guerra anche se non per annessioni di indennizzi e all'inizio anche bolscevichi
accettarono questa politica. Così, nel palazzo di Tauride dovevano convivere
forzatamente due gruppi: il gabinetto del principe L’vov, che governava senza
potere, è il soviet che deteneva il potere senza governare.
Lenin fu costretto a restare in Svizzera, finché non si aprirono i negoziati con le
autorità tedesche, per cui ebbe il permesso di passare attraverso la Germania. Il 3
aprile giunse a Pietrogrado. Il giorno seguente (4 aprile), scosse socialdemocratici
riuniti nel palazzo di Tauride con un discorso duro, pubblicato poi sulla Pravda con il
titolo Tesi di Aprile. Egli voleva nessuna collaborazione col governo provvisorio;
incessante propaganda contro la guerra; la nazionalizzazione della terra e tutto il
potere al soviet: “ non è una repubblica parlamentare a una repubblica dei soviet”.
La sua forza di persuasione ebbe la meglio all'interno del partito bolscevico; per gli
altri socialisti, invece, lei era un folle e con queste richieste il suo partito si era
relegato in una posizione di totale isolamento.
Una nuova crisi portò alla caduta del primo governo provvisorio: Miljukov aveva
insinuato che gli scopi della Russia in guerra erano ancora annessionistici e ciò
determinò una nuova ondata di violenze che solo il comitato esecutivo centrale
sembrava la fine di sedare. Fu allora che i membri non bolscevichi del soviet
pensarono che, pur non essendo preparati a prendere il potere da soli, avrebbero
potuto esercitare un controllo maggiore partecipando al governo. Il 5 maggio fu
formata la prima coalizione: il principe L’vov restava primo ministro, ma ai 10 ministri
della Duma si unirono sei socialisti.
I governi di coalizione e la minaccia della Sinistra e della Destra
partecipare alla coalizione fu fatale per gruppi socialisti: essi avevano accettato di
condividere le responsabilità di un governo nel quale l'attuazione della loro politica
era ostacolata dalla presenza di ministri della Duma. Furono obbligati ad accettare
la continuazione della guerra e vennero ritenuti responsabili dei continui rimandi
della convocazione di un'assemblea costituente, i socialisti persero la fiducia del
popolo furono sempre più considerati espressione degli interessi delle classe
conservatrici.
Tutto ciò tornava a favore di Lenin. Nelle città industriali si era sviluppata una
miriade di organizzazioni a livello locale, all'interno delle quali i bolscevichi potevano
farsi espressione del malcontento popolare. Si formarono delle milizie operaie e i
soviet erano diventati circa novecento nell'autunno. Dal ritorno di Lenin i bolscevichi
avevano goduto di maggiori risorse finanziarie, concesse in direttamente dalla
Germania. I loro membri erano attivi nelle province, nell'esercito e nelle fabbriche
mentre, contemporaneamente, Lenin stava organizzando un gruppo di Guardie
rosse, lavoratori armati.
Allo stesso tempo diventavano sempre più evidenti e divisioni nel campo socialista:
Martov si collocò all'estrema sinistra dei menscevichi, opponendosi alla guerra e alla
coalizione, soprattutto quando venne la luce che Kerenskij preparava una nuova
offensiva per l'estate. Lenin tuttavia non fece nulla per allearsi con questi dissidenti.
Quando si riunì il primo congresso panrusso dei soviet, il 3 giugno, i bolscevichi
avevano subito un'importante crescita, anche se risultavano sempre meno di
socialrivoluzionari e menscevichi: il nuovo comitato centrale esecutivo uscito dal
congresso era perlopiù formato da questi due gruppi, anche se in realtà le tendenze
presenti a Pietrogrado erano assai più radicali e bolsceviche.
Lo scontento nei confronti della leadership dello Stato raggiunse il culmine il 3 luglio,
quando operaie, soldati marinari marciarono sul palazzo di Tauride chiedendo tutto il
potere dei soviet. Questo venne considerato