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VIRGINIA WOOLF: “MRS DALLOWAY”
Nasce nel 1882. Il padre e la madre erano entrambi vedovi e si erano conosciuti, poi
sposati. La famiglia di Virginia è composta da tre gruppi di persone: i fratelli e le sorelle, i fratellastri
delle due famiglie di partenza. Vivono in una bellissima casa vicino a Hyde Park, tipica casa
vittoriana, di tre/quattro piani, più il basement. Lei conosce fin da bambina i più grandi scrittori
dell’epoca perché il padre fu un grandissimo critico letterario. Essendo una ragazza, è educata in
casa; tuttavia il padre fa prendere sia a lei che alla sorella Vanessa (grande pittrice) delle lezioni
private, di latino, poi di greco e, soprattutto, apre a loro la sua enorme biblioteca senza restrizioni.
Quindi Virginia può leggere quello che le pare, facendosi una cultura enorme da autodidatta. Della
sua infanzia un evento importante è quello che accade nel 1888, quando il fratellastro figlio della
madre, Gerald, molto più grande di lei, a un certo punto tenta di stuprarla. Sette anni dopo muore
la madre, che lei considera di un’influenza profonda nella sua vita; la definisce, una presenza
generale piuttosto che una persona specifica. E con la madre riuscirà a fare i conti soltanto quando
scriverà Gita al faro negli anni ’20. Nel 1904 muore anche il padre, per la seconda volta Virginia ha
una pesantissima ricaduta psicologica, dalla quale poi si riprende. Nel 1928, 24 anni dopo, c’è una
straordinaria pagina del suo diario in cui scrive che in quel giorno sarebbe stato il compleanno di
suo padre e se lui avesse vissuto così a lungo lei non avrebbe scritto nulla e non avrebbe
intrapreso la carriera di scrittrice. Il padre ha avuto su di lei un grande influsso, essendo uno dei
maggiori critici vittoriani della seconda metà dell’Ottocento. Morto il padre, la famiglia si scioglie, i
figli della madre vanno per conto loro, la figlia del padre malata di mente viene internata in una
casa di cura, e i fratelli e sorelle di Virginia decidono di vendere la casa di Hyde Park e si
trasferiscono a Bloomsbury, che all’epoca era un quartiere con una non grande reputazione.
Vanno a vivere lì lei, Vanessa e Tobby con una cuoca; lì incomincia l’avventura del gruppo di
Bloomsbury (Forster, Leonard Woolf, etc.), dove vari intellettuali si incontrano la sera e
chiacchierano. Questo gruppo ha una peculiarità: non ha mai prodotto nessuno scritto, nessun
manifesto, perché ha considerato sempre che i valori in cui credevano (amicizia, bellezza dell’arte,
rigoroso pacifismo) erano valori ovvi, che non richiedevano di essere messi per iscritto. Altra
peculiarità è che non è esclusivamente un gruppo letterario: vi sono numerosi pittori e critici d’arte
(due dei maggiori: Fry e Bell). È anche un gruppo che esercita un influsso enorme in campi
completamente diversi: Keynes, economista, fu il membro più influente, che ha inventato il
Welfare State. Il marito di virginia, Leonard, che aveva lavorato in Birmania, è l’architetto della fine
dell’impero britannico. È un gruppo di persone che ha cambiato la vita e la mentalità
dell’Inghilterra. Nel 1907 Virginia incomincia a lavorare al suo primo romanzo, The Voyage Out
(La Crociera), fino al 1913. Nel frattempo però, riesce a incominciare a lavorare scrivendo
recensioni di libri. Una peculiarità: prima di scrivere i suoi romanzi maggiori, ha svolto un lavoro
ventennale di critica letteraria. Nel 1910 il gruppo di Bloomsbury organizza la prima mostra in
Inghilterra dei Postimpressionisti (termine inventato da Roger Fry, creatore del Metropolitan
Museum) e questo suscita uno scandalo enorme sia per il pubblico che per la critica. La Woolf fa
partire dal 1910 un cambiamento radicale nel modo di pensare e ragionare in Inghilterra, un po’
anche per scherzo. Nel ’12 si sposa con Leonard Woolf, è un matrimonio un po’ sui generis, che
fondamentalmente è un rapporto d’amicizia. Nel 1915 la sua malattia mentale si aggrava, i dottori
le consigliano un assoluto riposo: da Bloomsbury si spostano a Richmond in una casa chiamata
Hogarth; proprio lì fondano la loro casa editrice. Rimangono lì per un certo periodo, lei
profondamente infelice. Esce il primo romanzo, poi nel 1919 esce un secondo romanzo (Giorno e
notte): romanzi abbastanza tradizionali. Sempre nel ’19 escono vari racconti, tutti molto
sperimentali. Da qui parte una seconda fase della sua carriera letteraria, molto più sperimentale.
Scrive anche un saggio che si chiama Modern Fiction. Il suo primo romanzo veramente originale è
del 1922 e si chiama Jacob’s room (La stanza di Jacob): leggendo il diario cogliamo qua una sorta
di pattern tipico della sua malattia, fatto di alti e bassi molto violenti; ad esempio quando ancora
non ha finito di scrivere Jacob’s room, nell’aprile del ’21 scrive che non riesce a continuare l’opera
e che è un fallimento in quanto scrittrice. Ha alti e bassi tra un anno e l’altro. Lei scrive un
romanzo, quando questo romanzo è arrivato a tre quarti, incomincia a pensare al romanzo
successivo, quando l’opera è finita lei sta già al romanzo successivo. È come se fosse una
persona appesa alla scrittura: più scrive, più si sente meglio. Nel momento in cui smette di
scrivere, riprecipita in uno stato d’abbattimento molto serio. Nel ’24 pubblica Mrs Bennet and Mrs
Brown, un piccolo saggio nel quale prende le difese di tutti gli scrittori più giovani e accusa quelli di
una generazione più vecchia della sua. Nel ’25 pubblica Mrs Dalloway e conosce Vita Sackville
West, che discende da una delle famiglie più nobili ed antiche dell’Inghilterra e da una ballerina
spagnola. Donna molto bella ed energica, scrittrice anche lei, passata alla storia come curatrice di
giardini. Virginia se ne innamora perdutamente, scrive subito dopo il suo romanzo più bello “Gita al
faro” nel ’27 e, mentre sta per finire quest’opera, incomincia a pensare a “Orlando”, libro
successivo, definito la più grande lettera d’amore che Virginia scrive a Vita. Dal punto di vista delle
vendite, fu uno strepitoso successo editoriale e proprio con quest’opera inizia il successo della
Woolf. A Orlando segue un altro romanzo, “Le onde”, ultimo romanzo sperimentale. Negli anni ’30
incomincia il terzo periodo della Woolf che si apre con il saggio “Una stanza tutta per sé”, che
raccoglie i testi di due conferenze che lei aveva fatto e nel quale innanzitutto denuncia il carattere
elitario e maschilista della letteratura. Spiega come non c’è nessun altro soggetto che la letteratura
parli tanto come la donna, eppure donne che scrivono ce ne sono pochissime. Si chiede quali
siano le condizioni per cambiare questa situazione: la prima soluzione che vede è la condizione
materiale (una stanza e una rendita), però ciò non basta. Lei immagina l’esistenza della sorella di
Shakespeare, geniale quanto William, però è stata tenuta in casa e di lei non sappiamo nulla, a
differenza del fratello libero di andare dove vuole. In che senso si può diventare scrittrici se la
letteratura è fatta per uomini? Lì lei vede un primo problema in quello che chiama il rancore della
scrittrice: noi siamo una minoranza e la prima trappola è quella di lamentarsi di essere una
minoranza. Uno dei suoi grandi meriti fu quello di riscoprire Jane Austen, che è stata capace di
superare questo limite e di affermarsi. Il saggio è costruito con pensieri che si interrompono e
danno luogo ad altri pensieri, evitando uno svolgimento logico, per cercare di individuare un altro
modo di ragionare e pensare che non sia quello maschile. Negli anni ’30 notiamo un accentuarsi
nel suo lavoro di tematiche di genere, sociali, politiche (femminismo, ruolo dello scrittore nella
società, tiene un sacco di conferenze in luoghi per lei sconosciuti). Pubblica un lunghissimo
romanzo che si chiama Gli anni, in cui rievoca l’atmosfera della casa quand’era bambina. Le
richiede moltissimo tempo, cinque anni, e si rivela un successo editoriale, soprattutto negli Stati
Uniti. Nel ’32 muore improvvisamente il suo amico e per lei è un grande colpo. Nell’avvicinarsi alla
Seconda guerra mondiale, lei concepisce un saggio molto difficile da capire, che si chiama Tre
ghinee, nel quale estende il discorso che aveva fatto sulla letteratura alla storia (cosa c’entrano le
donne con la guerra dato che non vi hanno mai fatto parte?). Non è solo una posizione pacifista,
ma una posizione di totale estraneità. Fu un saggio accolto con molte critiche e poi rivalutato
negli anni ’60 e ’70. In questi ultimi anni della sua vita, pensa ad altre due opere: una è una storia
della letteratura inglese, di cui riesce a scrivere poche ma significative pagine, in cui sostiene che
in origine la letteratura non esisteva, ma esisteva soltanto un cantore e la gente che cantava con
questo cantore. Esisteva dunque una cultura collettiva popolare, alla quale poi si sostituisce la
letteratura. La letteratura dunque viene vista da lei molto coraggiosamente, come una sorta di
furto, di esproprio, di un togliere qualcosa a tutti per farne qualcos’altro che ha improvvisamente un
autore e che di fatto crea due ruoli, quello dell’autore (più importante) e quello del pubblico. Si crea
una gerarchia, una frattura, laddove prima non c’era. Parallelamente inizia a scrivere un altro
romanzo che si chiama Tra un atto e l’altro, romanzo ambientato in un paese del sud
dell’Inghilterra, lo scrive prima della guerra mondiale immaginando che la guerra ci sia. Il romanzo
si svolge in una giornata e consiste in una rappresentazione teatrale organizzato dalla maestra del
villaggio, mal vista perché lesbica, e recitata da tutti gli abitanti del villaggio. In sostanza, si torna
con questa recita alle origini del teatro inglese, quando non esistevano i teatri e glia attori erano
considerati dall’autorità pubblica dei mendicanti. Il palcoscenico si faceva all’aperto. Lei torna a
questo passato e la rappresentazione teatrale consiste in una rievocazione di tutta la storia
dell’Inghilterra, dal tempo dei romani fino ai giorni nostri. I nostri giorni vengono recitati: gli
spettatori che si vedono nello specchio e che provano fastidio perché escono dal loro ruolo di
spettatori e si trovano subito sul palcoscenico. Alla fine della sua vita, avendo scritto così tanto, lei
sente la necessità di alleggerirsi, di togliersi la fama di dosso e quasi di ricominciare con un senso
di leggerezza che si accompagna però a un aggravarsi serio della sua depressione. Torna nella
sua casa in campagna, finisce di scrivere Tra un atto e l’altro, e nel momento in cui le arrivano le
bo