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ICONE E RELIQUIE
Importanti elementi della liturgia, forme di venerazione, entrambe adempiono alla medesima
funzione quella di realizzare due forme di presenza in assenza di Cristo e dei santi, il sacro si
materializza.
L’icona non è considerata per il valore artistico o estetico ma perché rappresenta una
materializzazione del sacro, a differenza del cattolicesimo dove le immagini religiose hanno la
funzione didattica di insegnamento ai fedeli o per l’elevazione spirituale di chi prega.
Le icone rappresentano l’equilibrio fra spirito e materia «Io non venero la materia ma il creatore
della materia che si è fatto materia per me si è degnato di abitare nella materia e di operare la mia
salvezza attraverso la materia» raccomanda San Giovanni Damasceno, morto intorno al 750 d.C., è
un santo riconosciuto anche dal cattolicesimo.
Sull’icona è riprodotta non la natura ma la persona dell’essere raffigurato e questo conferisce
all’immagine il potere di renderlo personalmente presente.
Le reliquie rappresentano le spoglie del corpo del santo dopo che l’anima è migrata verso Dio ed
essendo di natura umana ne continuano la presenza. L’incorruzione dopo la morte è simbolo di
santità in quanto è sospesa la legge naturale della decomposizione.
Il credente ortodosso è fondamentale il contatto fisico con questi simboli, per attingere alla grazia
che scaturisce dall’icona e dallo spirito che aveva abitato il corpo del santo.
Altro segno materiale di devozione è l’accensione delle candele in grande quantità che con le
lampade ad olio fanno risplendere le spesso buie chiese ortodosse contribuendo a conferire alle
cerimonie religiose un’atmosfera pervasa da spiritualità se poi consideriamo l’uso intenso di
incensi, i paramenti sacri, i cori di accompagnamento, nel culto ortodosso il fedele è chiamato a
partecipare al culto con il coinvolgimento di tutti i sensi. Nel film di Ingmar Bergman il settimo
sigillo veniva formulata la domanda : “ma è possibile percepire Dio con i sensi?” l’ortodossia dà a
questa domanda una risposta positiva
Storia della Letteratura Russa – Mirskij
Storia della Letteratura Russa – Lo Gatto
Dopo l’unione di Lublino (1569) tutta l’Occiedente russo cadde sotto il dominio della Polonia Cattolica,
che iniziarono una violenta campagna contro la fede ortodossa e la nazionalità russa. Essi si scontrarono
soprattutto con i cosacchi, che si ribellarono. Si fondarono scuole in cui venne diffusa una letteratura
polemica per contrastare la propaganda romana. Tuttavia nella Russia occidentale si accettò la lingua latina.
di Kiev,
L’Accademia fu fondata nel 1631 e divenne il centro di tutta l’attività intellettuale nella Russia
occidentale. La cultura latina adottata nella Russia occidentale era puramente ecclesiastica e scolastica e così
fu la letteratura che produsse: scritti polemici, sermoni e libri sacri.
2. Le riforme di Pietro il Grande e lo sviluppo della cultura in Russia.
Le riforme di Pietro non giunsero in Russia inaspettate. La Russia era in uno stato di arretratezza. Quando
Pietro I salì al trono, “tutto il mondo vacillava”, c’era la necessità di camminare su una nuova strada e
mancava solo un condottiero, Pietro. Pietro si pose il compito di avvicinare la Russia all’Europa, tuttavia per
raggiungere lo scopo occorreva una lotta soprattutto nel campo della cultura. Lo zar trovò una forte
resistenza, soprattutto per il fatto di avere una concezione laica della cultura, ma essa fu anche una delle
ragioni della vittoria.
La stampa e lo studio furono strumenti da lui sfruttati molto abilmente, non meno dei rapporti che egli
stabilì con personalità del mondo occidentale. Volle che i giovani studiassero all’estero per diventare gli
specialisti di cui aveva bisogno.
Fece introdurre nelle tipografie i cosiddetti caratteri civili, più semplici di quelli dell’alfabeto anticoslavo
e poi si prefisse di far tradurre le opere scientifiche non nell’alto dialetto slavo, la lingua slavoecclesiastica,
ma nella lingua semplice della conversazione. Pietro predilesse i libri che offrivano un’utilità tecnica, ma
l’impulso si fece sentire anche nel campo letterario. A creare questo sfondo contribuisce largamente lo
sviluppo della stampa, e la diffusione di manuali sulla traduzione. La letteratura tradizionale dovette
continuare a diffondersi in copie manoscritte non essendo le tipografie sufficienti a soddisfare le richieste.
Feofan Prokopovič fu una delle più caratteristiche figure del tempo, una delle figure più elevate dal punto
di vista culturale, portò nella sua adesione alla riforma culturale di Pietro, l’adesione di una parte di quella
classe ecclesiastica che nel suo complesso fu accanitamente avversa alle riforme. Egli era un predicatore ed
esaltò fortemente l’opera di Pietro. Egli fu drammaturgo oltre che pubblicista e poeta.
Pietro il Grande aveva chiesto a Leibniz e a Wolff consiglio per le progettate riforme statali e sociali. Ma
ciò non significa che l’orientamento della cultura russa fosse esclusivamente rivolto verso la Germania.
Caterina II si rivolse anche verso la cultura francese e quella italiana. E questo si nota anche dalla nuova
capitale della Russia, Sacramento.
Col passaggio materiale della capitale da Mosca a Pietroburgo, si verificò anche uno spostamento
spirituale: l’abbandono delle tradizioni ostacolanti il processo di rinnovamento fu più facile perché si lasciò
loro la possibilità di vivere nella vecchia capitale.
Per le progettate riforme sociali, venivano messi i principi di Cesare Beccaria. Era del resto inevitabile
che i movimenti, se avevano possibilità di sviluppo, sfuggissero alle mani di chi li aveva iniziati: così il
“volterianesimo” in Russia significò generale entusiasmo nei confronti della filosofia francese e in
particolare un atteggiamento di spregiudicatezza nei rapporti con la religione, i riti e i pregiudizi tradizionali.
Un altro movimento fu quello massonico, sui principi della filosofia tedesca, accentuò la diffusione delle
idee dell’organizzazione culturale e al voltarianesimo (e all’ausiliario enciclopedismo) contrappose un vero e
proprio misticismo della purezza morale come base di ogni rinnovamento sociale e politico. I riflessi di
questi fenomeni si ebbero anche nella letteratura: essa doveva essere prima di tutto rivolta al perfezionamento
morale. Questo tuttavia provocò la reazione dell’imperatrice, già preoccupata a causa della Rivoluzione
Francese.
Alessandro I parve rinnovare il primo periodo di libertà spirituale di Caterina II, lasciando il corso
all’europeizzazione, per dare anche alle forze autoctone del popolo russo la possibilità di rivelarsi ed
affermarsi.
La transizione a Mosca e Pietroburgo
Nella Moscovia, l’influenza iniziò a farsi sentire nel 1669, quando diventò capo dell’amministrazione
statale l’ “occidentalizzante” Matvèev. Le influenze venivano sia dall’esterno che dalla Franca Tedesca,
quartiere degli stranieri a Mosca.
Prima di Pietro, il processo di occidentalizzazione era stato tranquillo, senza destabilizzare il centro della
cultura russa. Invece Pietro aveva in mente una rivoluzione più radicale e voleva spodestare la Chiesa dal
posto d’onore e secolarizzare la vita russa. La letteratura del regno di Pietro e una continuazione di quella
precedente e i più importanti autori provengono dall’Accademia di Kiev (soprattutto orazioni, sermoni, scritti
religiosi).
La letteratura secolare del tempo di Pietro respinse lo slavo antico e fece del russo la lingua letteraria. La
rottura formale con la vecchia lingua culminò con l’introduzione di un nuovo alfabeto, più simile a quello
latino. Da allora la Russia aveva 2 alfabeti: la Chiesa continuava ad usare il vecchio, la società laica solo il
nuovo. I libri stampati in carattere civile, furono leggi e documenti ufficiali, ma anche traduzioni, tutte sul
sapere pratico promosso dallo zar. Pietro stesso fu scrittore del suo tempo.
La prima poesia letteraria
La poesia scritta venne introdotta in Russia dalla Polonia verso la fine del sedicesimo secolo. Il più antico
documento è la prefazione rimata alla Bibbia di Ostròg (1581). La prosodia era quella polacca che si basava
sulle sillabe. Prima di Pietro si avevano soltanto pochissime rozze poesie di amatori.
Durante il regno di Pietro il Grande questa arte si diffuse rapidamente, influenzati dalle canzoni d’amore
che abbondavano in Germania.
Il teatro
Il rituale della Chiesa orientale conteneva il germe della drammaturgia, ma non si svilupparono vere e
proprie forme teatrali. Il teatro si diffuse attraverso due strade: una che parte dall’accademia latina e passa
per l’accademia di Kiev, l’altra muove dalla Germania tramite le compagnie di girovaghi.
Drammi scolastici di argomento religioso furono introdotti presto, poi quasi solamente traduzioni latine o
polacche in stile medievale. I drammi teatrali vennero presto interpretati, tradotti ed elaborati nel contesto
scolastico, ma personaggi si muovevano entro scemi fissi e mancavano del tutto di originalità: figure tipiche
locali come il prete, l’ebreo, la moglie infedele… quando il teatro abbandonò le mura della scuola si crearono
gruppi di studenti girovaghi. Un ulteriore sviluppo si ebbe con il teatro delle marionette.
Il dramma scolastico si sviluppò ma non divenne mai un’istituzione popolare, anche per il fatto che c’era
la pesante competizione con il teatro secolare di origine tedesca. Nel 1672 con lo zar Alessio una troupe di
attori venne assoldata per esibirsi a corte.
Narrativa e Letteratura popolare
L’evoluzione della prosa narrativa russa deve poco sia alla Russia sud occidentale che all’intervento del
clero. Rispose piuttosto alle esigenze delle classi laiche colte e semicolte. Ci furono diverse traduzioni di
racconti cavallereschi che conservavano tracce delle lingue di partenza. La rappresentazione dell’amore
cavalleresco medievale era completamente assente nella letteratura precedente e la letteratura di fantasia
acquisì rapidamente una vasta popolarità.
Nella prima metà del XVIII secolo apparvero i primi romanzi manoscritti con trame più o meno uniformi:
le esperienze giovanili di un gentiluomo russo in paesi stranieri dove si imbatte in avventure sentimentali e
romantiche.
Un posto a parte aveva il “romanzo in versi”. Il “romanzo” in versi irregolari e privi di metro è scritto in
uno stile vernacolo, con parallelismi con la poesia popolare. Il narratore è una donna che racconta dei suoi
rapporti con l’aman