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La materia dei beni culturali: legislazione statale, regionale o entrambe?
Capire se la materia dei beni culturali è materia di legislazione statale, regionale o che contempla entrambe, e in questo caso vedere come si risolve eventualmente il conflitto normativo. Il tema ha un rilievo pratico, è importante sapere chi ha competenza a fare cosa, e se ci sono due norme divergenti che regolano una stessa questione, capire a chi dare retta. Queste ipotesi sono molto frequenti nella pratica, soprattutto per le amministrazioni e le sovrintendenze poiché sono loro a dover applicare il precetto. È per prima cosa un problema di chi lavora nelle amministrazioni e di chi si occupa dei beni culturali nelle amministrazioni capire a quale norma dare retta. Per rispondere alla domanda "la materia dei beni culturali è materia su cui può legiferare lo stato, le regioni o entrambe?" come facciamo metodologicamente a trovare una risposta? La Costituzione è la legge delle leggi, e distribuisce le competenze tra stato e regioni secondo...
Le competenze della materia. Quindi per vedere se la materia dei beni cultuali è stata assegnata allo stato o alle regioni si scopre andando alla fonte della distribuzione cioè la costituzione. La funzione legislativa la attribuisce e costituisce la costituzione, quindi dobbiamo andare alla costituzione per vedere a chi attribuisce cosa. L'Articolo 117 della costituzione, comma 2 lettera S, parla della tutela dei beni culturali, ma non dice a chi spetta. Quindi bisogna leggere l'inizio del comma 2, in cui viene detto che "lo Stato ha la legislazione esclusiva nelle seguenti materie", e alla lettera S c'è la tutela dei beni culturali. Quindi la costituzione decide che la materia dei beni culturali spetta in via esclusiva allo stato, anche se non è del tutto vero. Nel riparto delle competenze legislative tra legislatore statale e legislatori regionali, l'articolo 117 della costituzione sembra prendere una chiara posizione,
beni culturali è necessaria una competenza legislativa condivisa tra lo stato e le regioni.valorizzazione si è ritenuto che cifosse una sorta di duplice esigenza, che la dimensione della materia fosse gestita in modo ottimale facendo collaborare le due entità, in quella che si chiama legislazione concorrente in cui allo stato compete solo dettare le norme di principio. Lo stato deve soltanto individuare le linee guida, ma poi nel dettaglio a disciplinare le funzioni lo deciderà la legislazione regionale. In questi casi la legge statale deve dare le linee guida, deve indicare gli obiettivi da seguire, e le singole regioni valorizzando le specificità del contesto singolo dettano le disposizioni nel dettaglio. Abbiamo quindi una norma generalissima in cui non c'è nemmeno un comando ma c'è un'indicazione, una finalità e viene fatta da parte dello stato. Questo tipo di comando non ha un'incidenza diretta sui cittadini, ma è un ordine rivolto a un altro ente, che a sua volta dovrà rispettare quella.
finalità darà la cornice del comando, il quale poi attraverso il meccanismo della funzione troverà concretezza attraverso l'attività del singolo provvedimento amministrativo che concretizza quella funzione. La legislazione concorrente riguarda l'aspetto della valorizzazione dei beni culturali. Quindi la funzione di tutela va allo stato, la funzione di valorizzazione alle regioni. È la regione che poi disciplinerà nel dettaglio, ma lo fa non avendo libertà totale, ha un vincolo, che è adeguarsi e non disattendere le indicazioni che gli arrivano dallo stato, quindi diventa una libertà limitata. La tecnica normativa è concepita in questo modo: avviene per elencazione tassativa per quanto riguarda la competenza statale e la competenza concorrente, quindi laddove è coinvolto lo stato le competenze sono tassativamente indicate. Utilizza invece il criterio della residualità, cioè tutto quello non previsto.per quanto riguarda la competenza esclusiva delle regioni. Questo potrebbe porre il dubbio se esistono delle materie o degli ambiti che ruotano intorno a quello dei beni culturali che però non sono beni culturali. Se ci troviamo di fronte ad ambiti di legislazione che interagiscono, a quel punto il problema su chi debba o possa legiferare ce lo dobbiamo porre. Laddove la soluzione non si trovasse all'interno dell'elencazione del 117, se non c'è nulla di specificato vuol dire che la materia è di competenza regionale esclusiva. C'è un istituto, ad esempio, che riguarda i beni culturali che si chiama "sponsorizzazione" - è una sorta di tipologia contrattuale che si può stipulare tra privati e soggetti pubblici titolari di beni, che ha ad oggetto una sorta di scambio di utilità. La più famosa è quella del Colosseo con i Della Valle, famiglia nota di imprenditori che ha stipulato con il comune diRoma e altre istituzioni hanno stipulato una sponsorizzazione che ha come oggetto il Colosseo. La sponsorizzazione implica che le due parti facciano un patto: l'imprenditore privato offre soldi e risorse per il restauro e la valorizzazione del monumento o del bene culturale, e in cambio ottiene un guadagno, ovvero il diritto esclusivo di utilizzare il simbolo del Colosseo. Quindi, è l'unico operatore economico al mondo che può associare il marchio del Colosseo al proprio prodotto o nome. Questo tipo di attività riguarda i beni culturali, ma non solo, coinvolge anche un tema più generale, ovvero garantire che quando un privato ottiene un vantaggio dall'amministrazione, si faccia un contratto con la pubblica amministrazione che non possa essere stipulato come tra due cittadini comuni. Tutto ciò è finalizzato a preservare e valorizzare il patrimonio culturale.
Ciò che ha a che fare con la contrattazione pubblica è oggetto di una rigorosa disciplina, perché serve a garantire due cose: la parità di accesso alla contrattazione con il pubblico soggetto con tutti, la parità di condizione, la concorrenza; dall'altro garantire che le condizioni di contrattazione siano le migliori per l'amministrazione, perché i soldi o i beni che mette l'amministrazione sono dello stato ovvero di tutti, quindi la procedura deve dare la garanzia almeno sulla carta di ottenere le migliori condizioni possibili. Questa è una normativa che non appartiene ai beni culturali perché è un principio che riguarda in generale tutte le proprietà di contrattazione della pubblica amministrazione. La materia della contrattazione pubblica rientra, secondo la corte costituzionale, nell'articolo 117 lettera M cioè la tutela della concorrenza, che viene devoluta completamente alla legislazione statale.
La norma di riferimento si ritrova nel codice dei contratti pubblici. Il tema si pone in questi casi, all'inizio alcuni avevano sostenuto che gli appalti e quindi le procedure di negoziazione delle pubbliche amministrazioni fossero di competenza regionale, sulla base del fatto che la materia appalti/lavori pubblici non è scritta da nessuna parte. Poi è intervenuta la corte costituzionale che ha detto che la materia degli appalti pubblici serve a garantire la concorrenza. La materia della concorrenza essendo una materia di competenza sovraordinata da parte dell'unione europea, lo stato italiano ha un discreto margine di disciplinare gli istituti in modo autonomo. C'è un ulteriore aspetto e locuzione all'interno dell'articolo 117. La potestà concorrente riguarda non solo la valorizzazione dei beni culturali ma anche un'altra fattispecie, la valorizzazione e promozione dei beni e attività culturali. Questo ci pone una domanda:Che differenza c'è tra beni culturali e attività culturali? Nel diritto e quindi negli ambiti di legislazione c'è una differenza tra beni culturali ed attività culturali ed è una differenza fondamentale. Un conto sono i beni in senso giuridico e un conto sono le attività. Questo traccia una linea tra ciò che è competenza statale, quella dei beni culturali specialmente nella tutela, e quella che invece è le attività culturali, che consistono di una diversa fenomenologia. L'unica cosa che hanno in comune è la parola "culturale". Un bene ai sensi della normativa nazionale è una cosa, una le cose che si possono toccare, elemento della materialità. Se prendiamo la nozione di bene in senso giuridico nel codice civile (articolo 810), dice che i beni sono le cose che possono essere oggetto di diritti, sono le cose materiali su cui un soggetto dell'ordinamento possono vantare delle pretese.
Bene culturale vuol dire quindi che è un bene in senso giuridico, una cosa che può essere oggetto di diritti da parte di un individuo, ma che ha un elemento specializzante, cioè ha una valenza culturale. Questa valenza culturale ai sensi dell'articolo 117 ce l'hanno anche le attività culturali -> sono qualcosa che si ricava per sottrazione, se un bene è una cosa l'attività è un concetto privo del concetto della materialità. L'attività è un concetto un po' più evanescente, non si individualizza in una cosa. L'attività la possiamo definire anche in positivo perché ha una sua valenza reale, è un complesso coordinato di atti, di azioni, quindi sono comunque qualcosa di visibile, e sono azioni che vengono preordinate verso un obiettivo. Nel nostro ordinamento possiamo già capire che esistono due fattispecie diverse, le cose che hanno una valenza culturale ele azioni che hanno una valenza culturale. Ad esempio, i resti di un teatro greco sono un bene culturale, ma può essere anche oggetto di una rievocazione teatrale e questo è