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L'indeterminismo causale

L'indeterminismo causale sostiene che nella catena di nessi causa-effetto che conduce all'azione, interviene un momento indeterministico avente carattere non casuale, ma causale (deliberativo), creato da fenomeni indeterministici nei processi cerebrali. Anche a questa tesi vengono rivolte delle obiezioni:

  1. Non è detto che i processi cerebrali abbiano carattere indeterministico.
  2. Se un atto è indeterminato, non lo determina neanche il soggetto.

Sfide neuroscientifiche:

Secondo Jonathan Haidt, le nostre decisioni morali dipendono da reazioni emotive (irrazionali). La ragione può solo giustificarle ex post (versione scientifica del sentimentalismo di Hume). Questa teoria prende il nome di "The emotional dog and its rational tail".

Esperimento di Libet: ai soggetti è chiesto di flettere un dito quando ne sentono l'impulso, ma prima dell'azione e dell'impulso aumenta l'attività elettrica cerebrale (prontezza).

quindi l'atto volizionale ha causa inconscia, non è libero. Esperimento di Soon: si chiede di scegliere se premere il pulsante destro o sinistro, ma gli sperimentatori potevano stabilire quale avrebbero scelto 10 secondi prima, verificando la risposta emodinamica cerebrale. In conclusione, per decidere serve soppesare le alternative in base alle preferenze, in questo senso siamo liberi. Le sfide della psicologia sociale: Secondo il situazionismo di John Doris e Gilbert Harman, le persone sono suscettibili a influenze situazionali banali ed irrilevanti, come innalzatori e abbassatori di umore, presenza di astanti, suoni ambientali e livelli di luminosità. Le variabili individuali spiegano meno del 10% della varianza del comportamento. L'etica sostiene che la virtù sia l'obiettivo normativo dello sviluppo morale e che le persone possano non conseguirlo in vario modo, ma mostrare che molte persone non sono morali, non mostra che non possano diventarlo.situazioni non invitanoun solo tratto-motivo morale, generano inviti all'azione in conflitto. Il comportamento di ognuno dipende da quale tratto sia più radicato e quale invitopiù forte. Dall'atto che compio non si può desumere quale sia il reale motivo per cuilo compio (cuore della valutazione morale).Il livello normativo dell'eticaLe teorie sono classificate in base a due criteri:1. Distinzione tra priorità del bene (fine) o del giusto (dovere).2. Distinzione tra priorità della ragione (procedimento razionale) o delsentimento (decisione giusta presa dalle emozioni) nel formulare i giudizimorali.Secondo il primo criterio si può distinguere tra:Etiche teleologiche (telos= fine): partono da quale sia il fine appropriato dell'agire umano, quando sappiamo il cosa, sappiamo anche il come. Non possosapere se l'azione è buona se non so il fine (da Platone a poco prima di Kant).Queste si dividono a sua volta

Etiche della virtù: il fine è la felicità (eudaimonia).

Etiche utilitaristiche: il fine è l’assenza di dolore e la massimizzazione del piacere del maggior numero. Nascono tra 1600 e 1700.

Etiche deontologiche (deon= dovere): la giustizia di un’azione è una caratteristica intrinseca ad essa (Kant). Non importa il fine.

Genalogie della morale: teorie secondo cui i valori hanno una genesi premorale e sono quindi fittizi (approccio critico).

Seguendo il secondo criterio si può distinguere tra:

Razionalismo (Kant): il giudizio giusto è prodotto dalla ragione senza intervento del sentimento, essa stabilisce ciò che è giusto.

Sentimentalismo (Hume): la decisione morale corretta è qualcosa che sento, la ragione non è abbastanza forte per stabilirlo, lo è invece il sentimento, l’emotività, che ci fa reagire spontaneamente in certi modi. La ragione è

inerte,“schiava delle passioni”.è Ciò che ci spinge è l’emotività, la ragione non si auto-muove, c’è un contrasto tra ciò che vogliamo e ciò che riteniamo giusto(meno forte).Teorie della virtù: razionalità e passione sono connesse nel perseguire ed individuare i fini morali.L’etica teleologica della virtùLa felicità è un concetto oggettivo, consiste nell’aver realizzato delle proprietà umane, non la si perde se la si ha, non è un concetto psicologico, ma normativo. La fioritura (eudaimonia) è qualcosa che si vede, è un concetto estetico. Un ragazzino non può essere felice, perché non ha fatto ancora esperienze morali. Molte etiche classiche, fino a Kant escluso, incentrano la morale sulla nozione di virtù del carattere. Il fine è l’eudaimonia e da qui deriva il senso della vita.PlatoneLa virtù consiste

Nella sottomissione della parte concupiscibile e irascibile da parte di Fedro della ragione. Questo è spiegato nel "Fedro" tramite l'immagine della biga alata, nella quale l'auriga (ragione), guida una biga trainata da un cavallo nero (concupiscibile) ed uno bianco (irascibile). Egli deve far sì che quello bianco (piacere più intelligibile) tiri più forte di quello nero, obbligandolo a seguirlo (quello bianco può ascoltare la ragione, quello nero no). La virtù è una disposizione per cui ogni passione esercita la sua funzione:

  • Quando il concupiscibile obbedisce alla ragione: temperanza (essere moderati).
  • Irascibile: fortezza (resistenza al concupiscibile).
  • Ragione che orchestra: saggezza.
  • Quando tutte e tre sono virtuose: giustizia (virtù dell'insieme, ognuno fa il suo dovere).

Queste sono le virtù cardinali.

Aristotele rigetta l'ordine gerarchico delle passioni e adotta un modello di educazione.

La ragione educa le passioni da pari, essa le comanda come un padre fa con i figli (rapporto tra consanguinei, per il loro bene). Occorre capire quale sia la nostra natura per capire come raggiungere l'eudaimonia. Bisogna capire la natura, per individuare le capacità e le virtù di essa e poi svilupparle per raggiungere la vita buona. La virtù è una disposizione stabile e trans-situazionale, ovvero non un atto che si compie, ma lo sviluppare un modo di essere stabile nel tempo. Si passa dalla spontaneità del temperamento al carattere (seconda natura), in modo che diventino spontanee cose che prima non lo erano. Il carattere implica l'imprimere una situazione, un modo di essere, per imprimere un tratto stabile, che diventa una virtù, non legato ad una situazione precisa. Per il virtuoso è piacevole e spontaneo compiere l'atto, egli agisce in base ad una scelta accompagnata da un certo sentire (emotività). La vera virtù.

Implica il compiere l'azione col piacere di compierla. Ogni scelta pratica ha l'emotività di mezzo, in queste situazioni bisogna scegliere dando rilievo ad una virtù o all'altra (temperanza, fortezza, giustizia ecc.) La nostra emotività si allena, sentiamo piacere nel compiere virtù. La ragione o saggezza pratica individua qual è la virtù rilevante in una certa situazione e poi ne trova il giusto mezzo. La saggezza capisce cosa è pertinente in date situazioni e la misura in cui esercitare quella virtù. Il giusto mezzo è diverso per ognuno in ogni situazione, bisogna trovare il giusto equilibrio, quando lo si capisce si ha acquisito una competenza morale (saggezza). La saggezza morale implica l'eseguire meccanicamente il gesto giusto nella situazione giusta, attiva l'occhio della saggezza, il quale permette di vedere la cosa giusta da fare, perché si ha virtù. La persona morale vede la

cosa buona ad occhio. Dopo Kant, l'etica della virtù diviene secondaria fino alla seconda metà del 1900. John Mc Dowell Mc Dowell intende la virtù come sensibilità morale e le ragioni morali come richieste morali avanzate dalla situazione e viste dal virtuoso. La sensibilità morale implica l'aver sviluppato un sesto senso che percepisce le ragioni morali. La virtù silenzia le ragioni, il virtuoso vede l'azione giusta perché le altre gli sono invisibili, se c'è una battaglia interna vuol dire che si vedono ancora le altre possibilità. Compier l'azione corretta diventa un automatismo, automatizzare un comportamento è inevitabile, è una facilitazione all'azione. Si installa una "routine" voluta che ci facilita la decisione. La componente deliberativa permane, ma in situazioni ordinarie si agisce nel modo in cui l'automatizzazione permette, la parte deliberativa entra

In gioco insituazioni particolari, producendo una scelta esplicita. Il vizioso non sa più di esserlo, non sceglie più di agire. La rinascita dell'etica della virtù si ha con Wittgenstein, Elizabeth Anscombe, Peter Geach, Philippa Foot e Iris Murdoch, i quali riflettono sul ruolo della filosofia morale a seguito della brutalità della Seconda Guerra mondiale.

Elizabeth Anscombe, allieva principale di Wittgenstein, critica due approcci, ovvero il deontologismo e il consequenzialismo o utilitarismo:

Deontologismo: non dice perché si debba compiere il dovere dopo il tramonto del sacro (Dio) dell'epoca contemporanea.

Consequenzialismo (utilitarismo): contano le conseguenze dell'azione, ma non ci sono assoluti morali, un atto è morale solo se è benefico per il maggior numero. Anscombe si oppone alla premiazione di Truman all'università di Oxford, per lei il calcolo del presidente riguardo alla bomba atomica.

Era consequenzialista (sacrificarne molti per salvarne di più), quindi i paradigmi morali erano inadeguati alla realtà. Apre lo spazio per una terza via, ovvero una teoria morale che agganci la morale al carattere, modificando le risposte emotive e la percezione della realtà. L'etica delle virtù dà per scontato che il fine dell'azione sia buono, non ha il problema consequenziale. In questa terza via, l'etica recupera la virtù rispetto al dovere, ciò che è prioritario è il carattere buono, perché esso darà origine ad azioni buone. Se Truman fosse stato virtuoso, lo scenario di sganciare la bomba non sarebbe stato preso in considerazione, sarebbe stato silenziato.

Alasdair McIntyre raccoglie l'eredità di Anscombe e nel libro "After virtue" (1981), presenta un' "ipotesi inquietante". Questa presenta uno scenario nel quale si trovano alcune resti di cose.

Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
27 pagine
2 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/03 Filosofia morale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Camilla.S. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Introduzione alla filosofia morale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Vaccarezza Maria Silvia.