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U).
Con Capitale Emesso s‘intende i versamenti diretti di capitale da parte degli azionisti. I
versamenti diretti, in particolare, vengono registrati nel cosiddetto capitale sociale, definito
come l’insieme delle azioni emesse dall’impresa ciascuna valorizzata al proprio valore
nominale (ridotto dei crediti verso i soci ancora da versare). I versamenti possono avvenire
sia al momento della costituzione di un’impresa sia in periodo successivi (in tal caso
parleremo di aumenti di capitale).
Con Utili/Perdite d’Esercizio si fa riferimento risultato economico epurato da tutte le spese
che è stato maturato dall’impresa nel corso dell’esercizio contabile. Nello specifico, al termine
dell’esercizio, gli azionisti possono decidere di utilizzare l’eventuale disponibilità addizionale
di risorse, ossia gli utili generati dall’impresa, in due diverse modalità:
-‐ Distribuendo gli utili ai singoli azionisti sotta forma di dividendi.
-‐ Mantenendo le risorse all’interno dell’impresa (
autofinanziamento).
Le Riserve rappresentano gli ulteriori diritti vantatati dagli azionisti. Distinguiamo fra:
-‐ Riserve da Sovrapprezzo Azioni, che si forma quando l’impresa emette azioni a un
valore maggiore di quello nominale. In questo caso le entrate di cassa vengono
bilanciate, per la parte relativa al valore nominale, dall’incremento del capitale sociale,
per la parte restante dall’incremento della voce Riserva da Sovrapprezzo Azioni.
-‐ Riserve da Rivalutazione, che raccoglie le eventuali rivalutazioni rivelate a seguito di
eventuali test di impairment, e quindi nel caso di adozione del modello del fair value
per la rivelazione del valore dei beni dopo la prima iscrizione.
-‐ Utili Portati a Nuovo, con cui si indica gli utili di esercizi precedenti e non distribuiti
sotto forma di dividendi, al fine di garantire un adeguato autofinanziamento.
-‐ Altre Riserve, con sui solitamente si indica la riserva legale, ossia quella quota di
utile non inferiore al 5% che ogni anno per legge impone di accantonare, almeno finché
non è stato raggiunto il 20% del capitale sociale, e la riserva statuaria, nel caso la sua
esistenza sia prescritta dallo statuto della singola impresa.
Le Passività rappresentano l’insieme dei diritti vantanti da terzi sull’impresa. Fra questi:
banche e finanziatori, sia diretti che indiretti, sia interni che esterni all’impresa. Come
abbiamo detto, le passività si dividono in base alla loro esigibilità temporale in:
-‐ Passivo Non Corrente, che NON si esaurisce nel corso dell’esercizio contabile.
-‐ Passivo Corrente, che si esaurisce nel corso dell’esercizio contabile.
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Sotto la voce Passivo Non Corrente annoveriamo:
-‐ Passività Finanziarie Non Correnti, e quindi:
Obbligazioni Non Correnti.
• Debiti Verso Banche Non Correnti.
• Altre Passività Finanziarie Non Correnti, ossia quelle passività non gestite
• con l’ottica di negoziazione.
-‐ Fondi per Rischi e Oneri, che raccoglie tutte le passività dell’impresa di ammontare o
scadenza incerti. La voce include, ad esempio, i fondi destinati ai premi o per imposte
legate a vertenze legali in corso.
-‐ Fondi Relativi al Personale e TFR, che include tutti gli obblighi dell’impresa verso il
proprio personale. Questa voce comprende il cosiddetto fondo di trattamento di fine
rapporto, costituito dalla somma maturata dai dipendenti che verrà liquidata al
momento dell’interruzione del rapporto di lavoro. Il calcolo è effettuato prima
valutando il tempo di permanenza residuo dei dipendenti e gli eventuali aumenti
salariali previsti e poi attualizzando tale risultato.
Sotto la voce Passivo Corrente annoveriamo:
-‐ Passività Finanziarie Correnti, e quindi:
Obbligazioni Correnti.
• Debiti Verso Banche Correnti.
• Altre Passività Finanziarie Correnti.
•
-‐ Debiti Verso Fornitori, che raccoglie i debiti dell’impresa verso fornitori commerciali
e di servizi .
-‐ Debiti Tributari, che raccoglie l’ammontare che l’impresa prevede di pagare alle
autorità fiscali, applicando le aliquote e le normative fiscali vigenti alla data di chiusura
dell’esercizio contabile.
-‐ Debiti Vari e Altre Passività Correnti.
È importante comprendere la differenza che intercorre fra fondi oneri futuri e fondi rischi. In
entrambi i casi si tratta sempre e solo di costi stimati, e mai di ricavi presunti, ma con una
differenza:
-‐ I fondi oneri futuri vengono accantonati per far fronte a costi certi nell’esistenza ma
incerti nell’ammontare. Si consideri, ad esempio, una ristrutturazione aziendale che
prevede l’allontanamento di una parte dei dipendenti. In tal caso creeremo un fondo da
destinare a quei lavoratori: sappiamo, infatti, che vi saranno dei lavoratori che
termineranno il rapporto di lavoro ma non sappiamo quanti di loro. Provvediamo
quindi ad una stima del valore che passeremo nel fondo apposito. Di analoga natura
sono, ad esempio, anche i fondi per la manutenzione ciclica degli impianti: ogni anni di
utilizzo dell’impianto accantoniamo una quota che poi &nb