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CINEMA, MA ANCHE DEI SUOI MODI DI FORME DI RAPPRESENTAZIONE
TRE TIPI DI IMMAGINI
Prendendo spunto da Pierre Sorlin si distinguono tre tipi diversi di immagini, che hanno strutturato
le esperienze e i tipi di immagine nel corso della storia.
1 - Fino al 1840 ca. - immagine sintetica: partono fin dai primi disegni sulle caverne.
L’immagine disegnata rimane dominante fino all’invenzione della fotografia (1839). Sorlin
definisce l’immagine disegnata o pittorica come un’immagine sintetica, perché è un’immagine
che ambisce sempre a produrre un’idea sintetica della realtà che viene effettuata attraverso la
mano del disegnatore o pittore. Le immagini disegnate continuano ancora oggi, anche se
cominciano a perdere il loro carattere esclusivo, quando fanno capolino le immagine analogiche.
2 - 1840-1990 ca. - immagine analogica: nasce con la fotografia che rimane dominante,
quando entra in crisi la visione moderna, darà vita ad un terzo tipo di immagine che sostituirà
l’immagine analogica e che Sorlin definisce immagine virtuale.
3 - Dal 1990 ca. - immagine virtuale: noi preferiamo invece definirla come immagine
digitale, in quanto, è termine privo di giudizio, più neutro e meno connotato. L’ immagine
virtuale la si vedrà come sottoinsieme dell’immagine digitale, ovvero, come quella parte che
non ha nessun rapporto con la realtà. L’immagine digitale mantiene, comunque, anche una
parvenza di immagine della realtà, perché guarda o imita l’immagine analogica. Il termine
“digitale” rimanda alla sua origine materiale e non attribuisce delle connotazioni rispetto al
rapporto fra questa immagine e il mondo esterno, mentre il termine “virtuale” contiene in sé,
una sorta di giudizio che sta su un piano separato rispetto al mondo reale.
Gli ultime due tipi di immagini sono tipiche del periodo della modernità e della sua stessa crisi; sarà
su queste che focalizzeremo la nostra attenzione.
LA TECNOLOGIA
Considerando queste precedenti definizioni, converrà sempre tener presente del sub-strato
tecnologico a esse sottostanti. Quando parliamo quindi di tecnologia, dobbiamo sempre considerare
questa come elemento nella quale si stratificano due componenti che convivono in modo
simultaneo.
Hardware:
- Innovazioni tecnologiche: le macchine e i supporti fisici attraverso cui si basa la stessa
tecnologia. La fotografia, a esempio, si basa su un hardware che è composto da una macchina
fotografica, da un obbiettivo e un materiale sensibile come era la pellicola.
- Brevetti: l’oggetto fisico con cui può essere ricostruita la sua stessa storia, per tutelare la sua
utilizzazione.
- Problemi tecnici: legati alla produzione e all’utilizzo della tecnologia, ovvero, legato al
costo della manodopera e al suo stesso materiale per fabbricare l’oggetto in questione.
Software:
- Tecniche associate a determinate tecnologie
- Modelli testuali legati a determinate tecnologie
IMMAGINE ANALOGICA
- Automatismo tecnologico e riproducibilità: con il quale posso ottenere un’immagine
attraverso un apparecchio tecnologico automatico che, al contrario di un dipinto non è
immediato. Il ritratto, quindi, potrà ora essere ripetuto decine e decine di volte, dando come
risultato un prodotto uguale o simile al primo. Negli strumenti capaci di produrre l’immagine
analogica è presupposto il fatto che, in tutti, c’è un supporto fisico, sensibile alla luce e in
grado di fissare, dentro il supporto stesso, le radiazioni elettromagnetiche dello spettro
visibile. Quella parte, quindi, inferiore dell’1% di radiazioni elettromagnetiche che il nostro
occhio è capace di captare e di tradurre, corrispondente alle radiazioni che riceve in
un’immagine.
- Presuppone un rapporto tra osservatore e rappresentazione: l’immagine analogica
presuppone un rapporto tra osservatore e un obbiettivo, che è il delegato tecnologico
dell’osservatore. La rappresentazione che si ottiene come in una fotografia o in un film, è
sempre una riproduzione situata in un punto di vista che ritaglia una porzione di spazio.
- Capacità mimetica: la capacità di riprodurre qualcosa che è situato in uno spazio fisico e
che può essere captato da un occhio e trattenuto attraverso un supporto, che poi dà vita a
un’immagine che si pone come la replica e riproduzione di quell’oggetto, trovantesi in quello
spazio fisico e in quel dato momento.
Studiando la storia del cinema e dei media visivi in genere, ci accorgiamo che l’immagine
analogica ha dato vita nel corso del tempo a TRE DIVERSI STATUTI CROMATICI.
- 1840 - 1927 ca. - immagine ibridata (immagine analogica/colore sintetico): nel momento
in cui nasce la fotografia, questa si pone come strumento capace di riprodurre soltanto gli
oggetti in una scala di grigi. Proprio per questa sua carenza della riproduzione del colore,
molti si attrezzano per aggiungerlo con pennelli utilizzando cioè una tecnologia, che proviene
dall’immagine sintetica. Il primo statuto cromatico dell’immagine analogica è quello
dell’immagine ibridata, dove quindi una forma di colore sintetico, cioè aggiunto
successivamente, viene ibridato su una base che è formata dall’immagine analogica. Questo
statuto permane fino al passaggio dal cinema muto a quello sonoro.
- 1840 - 1976 ca. - immagine in bianco e nero (immagine analogica/acromatica): quando
invece l’immagine e la sua dimensione cromatica rimane al livello della pura analogia cioè
della capacità di una macchina di riprodurre l’oggetto della realtà abbiamo appunto, come
forma alternativa a quella ibridata, quella in bianco e nero che è un’immagine analogica pura
perché ottenuta attraverso degli strumenti analogici. Bianco e nero è termine convenzionale
per descrivere questo tipo di immagini, la dicitura tecnica esigerebbe però, di denominarla
come immagine dominata da scale di grigio. Questo statuto perdura molto più a lungo
rispetto alla precedente, anche se già presente l’immagine a colori. Il 1976 è una data
convenzionale e simbolica, in cui il Moma di New York organizza la prima esposizione della
storia, dove sono esposte soltanto delle immagini a colori.
- 1907 - 1990 Ca. - immagine a colori (immagine analogica/colore analogico)
IMMAGINE IBRIDATA
Problemi di hardware
- Strumenti utilizzati per la colorazione: quindi come pennelli, vetrini su cui porre la
pellicole, tipi di pigmento per la colorazione, ecc.
- Introduzione del Pathécolor (poschair/stencil): introduzione di brevetti che permettevano
di semplificare la colorazione manuale, attraverso l’introduzione di sagome permettendo la
semplificazione della stesura del colore sulla pellicola.
- Tempi e costi di lavorazione, manodopera: erano lunghi e molti alti perché causati
dall’estrema lentezza che li caratterizzava.
Altri problemi legati alla dimensione fisica possono essere gli aspetti legati al funzionamento della
macchina per realizzare i pochair, oppure il problema della manodopera femminile che veniva
impiegata negli stabilimenti di colorazione manuale, dove operaie specializzate realizzavano queste
pellicole colorate.
Problemi di software
- La forma della veduta colorata: a esempio l’origine della veduta colorata nella Pena del
taglione. Possiamo studiare il colore in queste forme come attrazione visiva. Studiare la
forma dell’immagine ibridata attraverso i metodi di mescolanza del colore del bianco e nero,
che rappresenta lo sfondo percettivo dell’immagine, mentre il colore viene centrato per
indirizzare lo sguardo dello spettatore sugli elementi importanti.
- La colorazione come attrazione visiva
- L’ibridazione colore/bianco e nero
Le forme di comunicazione visiva, inoltre, hanno dato vita ai vari tipi di immagine. Riguardo
all’immagini ibridata, possiamo vedere come essa sia stata utilizzata nella stampa o nella pubblicità
per attribuire una maggiore sensualità o impatto attrazionale. Immagini quindi realizzate in bianco e
nero, sia nella forma dell’immagine disegnata (immagine sintetica), sia nel caso di immagini diffuse
a stampa o a pubblicità che sono chiaramente immagini fotografiche alle quali è stato aggiunto una
strato successivo di colore per conferire, a esempio, una maggiore vitalità. Questo lo notiamo anche
nel cinema di Méliès fino a Murnau.
Nella stampa e nella pubblicità rimane in uso fino agli anni ‘10, nella fotografia fino al 1907 e nel
cinema fino 1927.
L’IMMAGINE IN BIANCO E NERO
Problemi di hardware
- Sensibilità dei supporti e delle emulsioni alle radiazioni cromatiche e luminose: quindi la
capacità del supporto di assorbire tutte le radiazioni visibili (1%), oppure, la capacità di
assimilare soltanto una parte di quelle radiazioni.
- Strumenti di illuminazione: che sono storicamente necessari per produrre delle immagini in
bianco e nero, a esempio, la luce naturale; finché non verranno sviluppate delle lampade
potenti per ottenere delle immagini.
- Tempi e costi di lavorazione, ecc.: elemento fondamentale legati all’hardware.
Problemi di software
- La forma del film in bianco e nero: il modo in cui una tecnologia supporta una determinata
forma di immagine o una determinata tecnica di illuminazione e di utilizzo del colore.
- Uso della luce e dei contorni chiaroscurali: Possiamo considerare i film in bianco e nero
come una vera e propria forma e possiamo studiare le tecniche e quindi, i vari modi di
utilizzare la luce e i chiaroscuro.
Lo spettro delle radiazioni elettromagnetiche che comportano varie radiazioni, dagli infrarossi agli
ultravioletti, sono visibili al nostro occhio solo in piccola parte.
Per quanto riguarda l’immagine bianco e nero non sempre questa è stata capace di captare l’intera
banda dello spettro visibile. Le prime pellicole messe in commercio nell’800 e nei primi del ‘900,
erano pellicole con una sensibilità molto limitata, capaci di registrare il violetto, blu, verde e giallo,
ma “ceche” al rosso e all’arancio. Se nell’800 quindi, si fotografava un pomodoro su uno sfondo
nero si otteneva un’immagine nera, in quanto, il supporto era incapace di registrare le radiazioni del
rosso e confondeva lo stesso con l’assenza di luce riproducendo un’immagine totalmente nera. Solo
verso la metà degli anni ’20, vengono messe in commercio le pellicole pancromatiche (dal greco
totalità-interezza); queste emulsioni erano capaci di avere una sensibilità estesa su tutta una banda
spettrale, dal violetto fino al rosso e, quindi, di tradurre in una scala di grigi tutte le radiazioni e tutti
i colori della realtà.
Il suppo