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METATARSALGIA
La metatarsalgia è una sintomatologia dolorosa, acuta o cronica, che colpisce una o più
articolazioni metatarsofalangee, provocata dalla compromissione biomeccanica o non delle
struttura che interagiscono con esse, come ossa o cartilagine. Le metatarsalgie indicano il sintomo
di diverse patologie, che si possono suddividere, in base all’origine, in:
Metatarsalgie di origine biomeccanica. Sono causate dall’anomala distribuzione del carico
sull’avampiede che porta stress ripetuto ed eccessivo, con conseguente danno alle strutture
plantari. Possono essere a loro volta causate da:
Alterazioni funzionali, come un’eccessiva pronazione di SA, lassità legamentosa o un
o sovraccarico ponderale.
Alterazioni strutturali, come piede cavo, un piede equino o un eccessivo carico sul TMT.
o
Metatarsalgie di origine non biomeccanica. Possono essere a loro volta causate da:
Malattie sistemiche o extradistrettuali, come patologie vascolari, metaboliche, reumatiche
o e neurologiche.
Malattie distrettuali, come patologie di cute, sottocute, nervi, borse, tendini o neoplasie.
o
Per fare una corretta diagnosi bisogna far un’anamnesi accurata, l’esame obiettivo, eventuali
esami strumentali come RX e pedana baropodometrica.
Il trattamento consigliato è quello conservativo, che mira a correggere l’alterazione biomeccanica,
eliminare il dolore, recuperare la funzionalità articolare e muscolare, prevenire o trattare la rigidità.
Tra i trattamenti conservativi troviamo: 4
Ortesi. Esse sono volte alla correzione della posizione del retropiede o dell’avampiede,
o compensare la pressione a livello delle TMT, ridistribuire il carico e ridurre le forze
compressive.
Terapia farmacologica. Prevede FANS e analgesici da somministrare in fase acuta.
o Terapia fisica. La crioterapia intermittente più volte al giorno serve a ridurre il dolore, l’edema,
o prevenire ulteriori danni per la riduzione del flusso ematico e del metabolismo locale.
Terapia fisica strumentale. Tra queste troviamo la TENS, che ha azione antinfiammatoria e di
o analgesia, gli ultrasuoni a bassa intensità ad emissione continua in immersione, con effetto
antalgico e antinfiammatorio e Laser, con azione antalgica e antinfiammatoria per ridurre
l’edema sui tessuti molli.
Quando la sintomatologia dolorosa si attenua si può proseguire il trattamento conservativo con
cinesiterapia che mira ad essere sia terapeutica che preventiva. Con la cinesiterapia si migliorano
le caratteristiche elastiche del muscolo e si mantiene un adeguato grado di mobilità articolare.
Il programma riabilitativo deve tenere conto delle alterazioni eziologiche che hanno portato alla
metatarsalgia e alle alterazioni anatomo fisiologiche presenti o che comunque potrebbero
instaurarsi. La fisiocinesiterapia, nelle metatarsalgie biomeccaniche, può avere un ruolo
determinante se inserita in un trattamento generale. Il programma riabilitativo prevede:
Esercizi di postura. Questi esercizi devono essere svolti in maniera lenta e graduale, e devono
essere mantenuti il tempo necessario per stirare tutte le struttura articolari e periarticolari,
mantenendo l’articolazione in trazione costante.
Esercizi di postura auto controllati dal paziente. Tra questi rientrano esercizi di dorsiflessione e
plantarflessione delle dita.
Mobilizzazioni passive. Serve per mantenere e ricreare l’elasticità dei tessuti. La flesso
estensione, la rotazione, lo scivolamento e il rotolamento non devono aumentare il dolore
crearne di nuovo.
Mobilizzazione globale. Una funzionalità attuale di tutte le articolazioni della caviglia e del
piede consente una migliore distribuzione dei carichi e una riduzione dei sovraccarichi.
Esercizi passivi di allungamento. Sono esercizi rivolti soprattutto a tricipite della sura,
dorsiflettendo TT, di muscolatura intrinseca del piede, dorsiflettendo e plantarflettendo le dita.
Cinesiterapia attiva. Questa parte completa il protocollo riabilitativo per il recupero muscolare.
Serve a riequilibrare tutte le funzioni articolari del piede e coinvolge sia la muscolatura
intrinseca che quella estrinseca. Tra i vari esercizi, troviamo il rinforzo dei muscoli estensori
(brevi e lunghi, di dita e alluce), prendendo per esempio un lenzuolo, distensione di estensori
di dita e alluce, prendendo una penna, rinforzo degli estensori delle dita, tibiale anteriore e
peronieri, rotolino sopra le dita, e allungamento del soleo e rinforzo del tibiale anteriore.
Potenziamento muscolare avanzato. Prevede esercizi attivi contro resistenza con bende
elastiche.
Riprogrammazione sensitivo motoria. Prevede esercizi volti al riconoscimento di forme e
consistenze diverse, con esercizi in appoggio monopodalico e bi podalico, utilizzo di tavolette
oscillanti e basculanti.
FASCITE PLANTARE
È una sindrome dolorosa a livello della fascia plantare e delle zone perifasciali. La fascia plantare
è una banda di tessuto connettivo che origina dalla tuberosità mediale del calcagno e si inserisce
alla base delle falangi prossimali, più spessa a livello della I falange e meno a livello della V.
possiamo suddividerlo in tre parti: laterale, centrale e mediale. La sua principale funzione è 5
trasmettere le forze del tricipite surale alle dita. La fascia plantare è un importante supporto per
l’arco longitudinale mediale del piede, e qualsiasi stress si ripercuote sulla fascia plantare, che si
allunga per ammortizzare il carico, e può evolvere in fascite plantare. La fascite si verifica quindi
per un overuse, cioè uso eccessivo, in quegli atleti che saltano e corrono o in persone costrette a
mantenere una determinata posizione per lavoro. La fascite può avere causa traumatica,
microtraumatica, dismetabolica e infiammatoria. Le tendinopatie microtraumatiche sono anche
dette da sovraccarico funzionale. I fattori predisponenti o intrinseci sono una variabilità anatomica,
come piede cavo o piatto, malattie dismetaboliche, che determinano un’alterazione della
composizione del tessuto del tendine, e l’età dell’individuo, intesa anche come anni di attività
sportiva. I fattori precipitanti o estrinseci sono un allenamento incongruo, terreni di allenamento
inadeguati e calzatura inadatta. L’esame obiettivo si basa su anamnesi, dolorabilità della fascia
plantare, valutazione biomeccanica del piede, mentre la diagnosi si effettua con RX, che potrebbe
evidenziare eventuali speroni calcaneare causata da microtraumatismi ripetuti all’inserzione della
fascia plantare. Tramite l’ecografia è inoltre possibile apprezza l’irregolarità, che appare
disomogenea ed ispessita. Il trattamento prevede riposo da allenamenti, con eventuale scarico
tramite stampelle, ghiaccio, antiinfiammatori, taping e bendaggi funzionali. Le terapie fisiche da
preferire sono Laser, ionoforesi, ultrasuoni, anche se il gold standard sono le onde d’urto. Plantari
e talloni ere sono utili per riequilibrare e togliere il dolore, mentre eventuali splint notturni sono
ottimi per mantenere allungati i tessuti fibrosi. Si possono fare massaggi alla fascia plantare e
stretching del tricipite e della fascia stessa, per allungare i tessuti che circondano il calcagno, e
compiere esercizi per recuperare la forza muscolare, come esercizi isometrici a CCA e a CCC. Ne
casi gravi si possono fare infiltrazione di cortisone, contro flogosi e dolore localizzati, anche se
devono essere limitati perché il cortisone indebolisce il tessuto connettivo, perciò se si esagera c’è
il rischio di danneggiare irreversibilmente la fascia (e più in generale i tendini).
TENDINOPATIA ACHILLEA
È una lesione infiammatoria o degenerativa dei tendini e/o delle loro guaine, che si riscontrato per
lo più dove sono maggiormente sollecitati meccanicamente. Il tendine d’Achille origina dall’unione
delle lamina aponevrotiche terminali di soleo e gastrocnemio, e si inserisce sulla tuberosità del
calcagno. Ha una forma a clessidra ed è più spesso nella zona d’inserzione. Il tendine è separato
dal calcagno da una borsa retrocalcaneare, ha scarsa vascolarizzazione, con apporto arterioso
che si trova 2-6 cm dall’inserzione distale, punto in cui può rompersi. Le tendinopatie possono
avere origine meccanica traumatica (traumi diretti, microtraumi ripetuti o lesioni iatrogene) o
origine non traumatica, come causa batterica, malattie dismetaboliche o del collagene. Esistono
varie tendinopatie:
Le tendinopatie meccaniche da sport possono essere causate da un sovraccarico funzionale,
da fattori intrinseci, come piede cavo, pronazione e avampiede varo, o fattori estrinseci, come
calzature, terreni inadatti ed errori dell’allenamento.
Le tendinopatie inserzionali colpiscono la giunzione osteotendinea e possono essere
associate alla deformazione di Haglund, possono portare reazioni infiammatorie. sono
caratterizzate da dolore alla regione posteriore del calcagno che aumenta alla flessione
plantare contro resistenza.
Le tendinopatie non inserzionali sono dovute ad alterazioni infiammatorie del peritenonio, con
tendine che appare normale.
Nella peritendinite i foglietti appaiono ispessiti e fibrosi, mentre in quella associata a tendinosi
si ha una infiammazione della regione peritendinea. In questo caso si ha un ispessimento del
tendine con diminuzione della consistenza e una degenerazione muscolare. Nella peritendinite
acuta si ha edema, dolore improvviso e ingravescente e tendine non ispessito. 6
La tendinosi dell’Achilleo è una lesione degenerativa senza processi infiammatori del
peritenonio. Spesso è asintomatica, ma presenta un ispessimento del corpo tendineo, con
talvolta noduli in superficie.
La rottura sottocutanea del tendine d’Achillle si manifesta come una sensazione di strappo e
una frustata, insufficienza funzionale del tricipite della Sura e positività alla manovra di
Thompson (una flessione plantare a compressione del polpaccio. Inoltre è positiva al segno di
Brunet, cioè si ha una perdita dell’equinismo fisiologico del piede quando deborda dal piano
Gli esami strumentali per fare diagnosi sono RX, eco, TAC e RMN, mentre il trattamento varia in
base al tipo di sindrome che andremo a curare.
Sindromi non dolorose. Tra queste rientrano:
Calcagno di Haglund. Esso entra in conflitto con la calzatura, determinando dolore. si può
o intervenire con metodo incruento, utilizzando scarpe adatte e basse posteriormente, o con
un trattamento chirurgico, che prevede la resezione dell’esostosi (con ripresa rapida), o
osteotomia di calcagno, che prevede il gesso per 4 settimane e una ripresa dopo 4 mesi.
Tendinosi. L’ecografia mostra un tendine ingrossato. Il trattamento chirurgico prevede la
o scarificazione del tendine.
Rottura sottocutanea. Si tratta con il trattamento