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di sete e di fame e non può gustare dell’acqua e non può afferrare nessuno dei frutti. Lì i tormenti

sono molto diversi. (Eneas, vv. 2832-2834)

Vediamo l’accostamento tra Tizio e Tantalo. I due episodi di questi contrappassi sono uniti in un

unico segmento, a differenza di quello latino, dove non appare in nessun modo Tantalo. Virgilio,

dando la parola alla sibilla: E si poteva vedere Tizio, figlio della madre Terra, | il corpo del quale si

estende per nove interi iugeri, | e un enorme avvoltoio col rostro adunco che si pasce | del fegato

immortale e delle viscere feconde al castigo, | e scava nel suo pasto e alberga nel profondo petto, |

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senza nessuna tregua concessa alle fibre rinate. | E cosa dire dei Lapiti, Issione e Piritoo? | Su di

essi incombe una nera roccia in bilico | e sembra che cada; | risplendono sostegni d’oro | ad alti

letti sontuosi e i cibi imbanditi davanti | agli occhi con sfarzo regale; e accanto s’acquatta la

maggiore | delle Furie, e impedisce di raggiungere con le mani le mense, | e balza levando una

fiaccola e tuona con la voce.

Tizio era un gigante, cerca di possedere Artemide, la dea vergine selvaggia. Virgilio però non parla

di Tantalo, ma dei Lapiti, avversari dei centauri, Issione e Piritoo. Tantalo salta fuori in modo

indiretto dal commento di Servio perché commentando il verso 595 del frammento del VI libro,

Servio spiega, con atteggiamento da scolastico, siccome il testo latino ha alumnus, participio

presente passivo sparito nel latino repubblicano, è colui che è, abbiamo la radice AL, radice di

nutrire e allevare. Servio: Secondo alcuni Tizio fu figlio della Terra, secondo altri fu allevato dalla

Terra: per questo il poeta scelse una parola che potesse avere entrambi i significati, e disse “figlio /

allevato”. Costui amò Latona, e per questo fu trafitto dalle frecce di Apollo e fu condannato negli

Inferi a questa pena, che un avvoltoio divori il suo fegato. Nel verso 603, Servio commenta il

frammento e parla di Tantalo, che uccise il figlio Pelope è uno degli antenati della stirpe di

Tebe. Questo è il commento, è probabile che l’accostamento provenga da esso. I commenti

crescono su se stessi per assimilazione dei commenti altrui: chi produce un commento ad un testo

parte dalla riflessione commentatoria di qualcun altro e la sua attività diventa un’operazione al

quadrato che prende in considerazione la lettera del testo e le interpretazioni letterali fornite a

quel testo.

Angelo Mai pubblica i tre Mythographi Vaticani. Mai pensava che i tre mitografi fossero di epoca

tardo antica, collocabili tra il I e il IV d.C. Gli studi successivi hanno dimostrato che il più antico dei

mitografi è di epoca post carolingia e il terzo fu scritto intorno al XII secolo, probabilmente

proveniente dall’ambiente angioino di Enrico II. Essi sono un’opera autonoma e sono sganciati da

un commento ad un testo. Il materiale dei mitografi è caratterizzato dai commenti dei

commentatori precedenti, Servio, Macrobio per Virgilio, Lattanzio per Stazio. Costruiscono così

delle complete biografie di personaggi mitici. Siccome sono opere autonome, lo stesso

personaggio può apparire più volte. Se noi confrontiamo Servio e i mitografi, a proposito di Tizio,

le azioni indicate e il lessico sono molto simili. Tantalo sta nel capitolo XII del Mitografo I e Tizio nel

XIII.

Quando si parla di intertestualità, nello studio dei testi fino al Romanticismo, c’è una sorta di

sguardo deviato per cui cerchiamo i contatti tra testi e autori. Esiste un patrimonio di informazioni

sotto forma di micro commenti che riempiono il liquido in cui sono immerse le menti che scrivono

in volgare nel XII secolo. Essere bilingui dal punto di vista culturale significa avere una doppia

prospettiva formale: pensiamo al romanzo di Alessandro di Gautier de Châtillon, un francese, nel

XII secolo, scrive una Alexandreis, un romanzo di Alessandro Magno. L’Alexandreis è la riduzione in

versi latini del romanzo di Alessandro, tradotto in latino nel X secolo. La forma di questo testo è

l’esametro non ritmico, ma virgiliano, prendiamo in considerazione il metro in pius Aeneas.

Quando all’inizio del Duecento, si fonda l’università regia a Palencia. L’Alexandreis diventa il libro

di testo, i professori provengono dalla Francia, essa viene tradotta in castigliano nel Libro de

Alejandre. Il metro utilizzato è l’alessandrino, verso con l’accento sulla sesta cesurato, di due

emistichi con accento obbligatorio sulla sesta sillaba e una sillaba in più o in meno atona. Questo è

un metro accentuativo ed è adatto al castigliano perché accentuativo. Se noi ipotizziamo che un

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lettore del XII secolo abbia a disposizione, per volgarizzare un testo classico, ha a disposizione

materiali diversi e i commenti, possiamo vedere le fonti in modo più semplice. Vediamo un caso di

scuola che è fondato sulla nozione di errore significativo e degli errori disgiuntivi che diventano

congiuntivi.

Edipo. Una fabula mitica (ISA)

Il commento di Lattanzio ha una caratteristica, ogni libro del commento è preceduto da un

argumentum narrativo. Non abbiamo l’argumentum del I libro, ne abbiamo solo una traccia nel

commento al verso 61 del primo libro, esso si apriva con una storia di Edipo. Lattanzio Placido

commette un errore. Pòlibo è re della Focide, ciò viene detto anche al verso 131 di Thèbes. La

fonte utilizzata doveva essere un racconto affine a quello di Placido in cui appariva l’errore.

Vediamo lo studio di Sylviane Messerli. In due manoscritti del XII secolo, di cui uno si trova a

Roma, che contengono la Tebaide e una Tebaide glossata, si trova all’inizio del commento la

Fabula Laii et Edipi filii eius una specie di argumentum concentrato sul prequel a cui Stazio allude

nel monologo di Edipo. Sylviane ha preso uno dei testimoni come testo base e in apparato ha dato

le varianti adiafore, dimostra che i testi siano simili tra di loro, pur non essendo la stessa cosa. Le

due fabulae sono due relazioni abbastanza diverse dello stesso contenuto. Alla sesta riga, il testo

del XII secolo, dice: nello stesso bosco, per puro caso, il re di Focide, Polibo, era impegnato

nell’attività della caccia. Abbiamo lo stesso errore, questo dettaglio ci interessa per una ragione

scolastica: Edmunds dice che alle spalle di Thèbes abbiamo il commento di Lattanzio. Il

mithographus vaticanus II non era conosciuto da Edmunds, esso presenta quasi le stesse parole

del testo del XII secolo, ma la struttura della frase è la stessa. Edmunds non aveva messo a fuoco il

fatto che il testo del mythographus vaticanus II è più recente in termini temporali del Roman

perché, come si è rilevato, è un’interpolazione dentro un codice dei mitografi. Messerli ha

individuato la lacuna, ha trovato degli elementi che dimostrano le argomentazioni di Edmunds,

cioè che la fonte di Thèbes è Lattanzio Placido.

Questi codici sono stati studiati negli anni Settanta, come mai sono stati ignorati? I filologici classici

hanno un atteggiamento diverso rispetto a quelli romanzi. Noi leggiamo un Edipo narrativo, non

una forma drammaturgica, egli è stato ridotto al suo scheletro essenziale, cioè la sequenza dei

fatti, compreso l’errore che ci permette di trascrivere la trafila filologica.

Il giudizio di Paride (ISA)

Siamo prima della tempesta con cui i troiani sono sbattuti sulla costa cartaginese e il testo

presenta questa vera e propria digressione.

(Eneas, da 93 a 95) Giunone, che era dea del cielo, era verso di loro assai nemica. Li aveva (coilli

cogliere) colti in odio

Hé haine derivano dal verbo germanico HAJAN in cui riconosciamo la parola inglese hate. Il

lessico dei sentimenti sembra un lessico di origine germanica, in francese. Sembra che sia sparita

la radice latina di questo lessico e sia stata sostituita da parole germaniche.

(Eneas, da 96 a 98) tutti quelli della città di Troia a partire dal giudizio che fece Paride, a causa di

lui odiava tutto il paese. 54

Acheison occasione è di etimologia incerta, ci si riconosco due elementi costituitivi, quello

della radice del CASUS, di ciò che cade, con la radice del sostantivo CAUSA. È come dire un

avvenimento a cui si attribuisce un tratto di pertinenza. Il termine sta a metà tra il termine

argumentum, serie di fatti concatenati, e àition.

Dire che voglio raccontarvi brevemente l’origine di quel giudizio significa assumere l’attitudine del

mitografo. Il racconto sta per marcare un tempo morto. Il narratore si sta prendendo la libertà di

spostarsi nel tempo all’indietro. Sta per avvenire un’analessi.

(Eneas, da 99 a 113) Vi racconterò la causa prima (acheison) del giuramento. Un giorno Giunione,

Pallade e Venere, si trovavano insieme in un’occasione di conversazione (un ha un valore

numerale, non è una forma di indefinito). Vi giunse all’improvviso Discordia, gettò tra loro una

mela d’oro e poi se ne andò. Vi era scritto in greco che alla più bella di loro tre faceva il dono della

mela. Tra di loro ci fu una grande discussione, ciascuna la voleva avere, ma vollero sapere da altri il

giudizio a chi apparteneva o di chi era la mela.

È un modo sottile di spiegare la questione, le dee hanno bisogno del riconoscimento collettivo di

un esterno.

(Eneas, da 114 a 115) Cercano qualcuno ma non seppero trovare nessun uomo che meglio sappia

dire il giusto.

Dire droit significa dire la verità secondo giustizia, ma anche emanare una sentenza, assumere

in giudizio il ruolo del giudice.

(Eneas, da 116 a 121) Se non Paride che stava nel bosco. Gli hanno mostrato la parola che sta sulla

mela, che dice che sarà donata (ert è un futuro) alla più bella di loro tre. A lui, che molto sapeva di

leggi, per giudicare erano venute.

I versi 120-121 sono l’antenato di un discorso indiretto libero. Notiamo, il testo non ci dice perché

le dee stanno a parlamento e perché Paride è nel bosco. Le informazioni sembrano secondarie, ciò

costituisce una semplificazione del racconto principale. Non ci viene detto che la Discordia è

l’unica divinità che non viene invitata alle nozze di Peleo e Teti, matrimonio da cui nasce Achille.

Paride sta nel bosco a causa di un sogno e di un colpo di fortuna. Quando sta per nascere Paride,

Ecuba sogna che un mostro distrugga Troia, un indovino interpreta il sogno come “il nascituro sarà

responsabile della distruzione”. Priamo fa esporre il bambino, l’obiettivo è di farlo morire, ma

Paride sopravvive, cresce tra i pastori del bosco in mezzo alle montagne dell’Asia Minore, viene

riconosciuto come figlio di re e torna a Troia. Siccome mette in difficoltà la famiglia,

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
81 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/09 Filologia e linguistica romanza

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Erichto di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filologia romanza e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Ca' Foscari di Venezia o del prof Burgio Eugenio.