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I, I
Barbara pyramidum sileat miracula Memphis, La barbara Memphi taccia i miracoli delle
Assyrius iactet nec Babylona labor; piramidi e la fatica degli Assiri non stia lì a
vantare la Babilonia;
Nec Triuiae templo molles laudentur Iones, E i molli Ioni non siano troppo lodati dai
Dissimulet Delon cornibus ara frequens; tempi di Trivia e l’ara di Delo caratterizzata
dalla frequenza di corni faccia finta di
Aere nec uacuo pendentia Mausolea niente;
Laudibus immodicis Cares in astra ferant. E i Cari non innalzino alle stelle con lodi
Omnis Caesareo cedit labor Amphitheatro, eccessive il mausoleo, che stanno sospesi
Vnum pro cunctis fama loquetur opus. nella vuota aria.
Ogni altra fatica umana cede, dall’anfiteatro
di Cesare la fama parlerà di un solo
monumento al posto di tutti gli altri.
L’andamento è lo stesso dell’epigramma X, 4: un catalogo delle meraviglie del mondo. Si crea
un’aspettativa che verrà sciolta solamente alla fine.
Barbara Memphis verso solenne, nelle due posizioni (finale e iniziale) stanno all’opposto della
maggiore di tutte le meraviglie. La barbara Memphi, città dell’Egitto, indica l’Egitto in generale, era
la culla della civiltà. L’Egitto costituisce un punto di partenza che viene sentito estraneo, cioè
barbaro, perché si scriveva e parlava una lingua incomprensibile. Taccia i miracoli delle piramidi
miraculum,
da mirari guardare con ammirazione, un miraculum è un oggetto di ammirazione,
ma niente di più. E la fatica degli Assiri unico manoscritto Thaneus, rappresentante del ramo
alfa, che scrive adsiduus, ma l’Alciatus, umanista del Cinquecento, ha pensato che ci sia un guasto,
quindi le nostre edizioni leggo Assyrius, non stia lì a vantare Babilonia iactaret frequentativo
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di iacio. Iattanza eccessiva fiducia di sé. Babilonia, capitale degli assirobabilonesi, era
caratterizzata dai giardini pensili. E i molli Ioni, Scaligero, umanista, scrive Iones, perché il
manoscritto T scrive honores. Gli Ioni sono gli abitanti della Ionia, dove si trovava Efeso, di fronte a
Costantinopoli, dove c’era una delle sette meraviglie del mondo, il tempio di Diana. Gli Ioni sono
molli rispetto agli spartani. Non siano troppo lodati per il tempio di Triviauno dei tanti epiteti di
Diana, dea venerata sui crocicchi, i trivii. E l’ara di Delo, l’isola dove c’era l’altare di Apollo,
caratterizzata dalla frequenza di corni, faccia finta di niente allusione alla capra che nutre
Apollo. E i Cari, l’abitante della Caria, abbiamo l’allusione al mausoleo. Monumento funebre
costruito dalla mitica regina Artemisia al marito Mausolo. Aveva innalzato questa meraviglia del
mondo, quello che diventa una specie di antonomasia il nome diventa l’oggetto. Non innalzino
alle stelle con lodi eccessive immodicis modicus, modica quantità misurata, in privativo. il
mausoleo – accusativo in a singolare – che stanno sospesi nella vuota aria. Il mausoleo aveva nella
parte più bassa il vuoto e la massa quasi costruita nel vuoto, era un capolavoro di ingegneria. Ogni
altra fatica umana cede, cioè viene sconfitta, dall’anfiteatro di Cesare. La fama parlerà di un solo
monumento (opus) al posto di tutti gli altri. Loquetur lezione preferibile ma sigma, che sono i
recensiones, scrive loquatur. Loquetur è un futuro indicativo e dà l’idea dell’oggettività
dell’affermazione, loquatur ha un altro significato, insinuerebbe un dato di soggettività portato dal
congiuntivo, che fa perdere valore all’assertività di Marziale.
Tradizione indiretta non occorre pensare a testi latini, ma anche italiani. Possiamo trovare, in
un autore successivo, la citazione di un autore italiano precedente. Un caso egregio è il finale della
canzone all’Italia che si trova nel finale del Principe di Machiavelli. Troviamo in Italia mia fa’ che il
mio parlar non ti sia indarno, lo stesso verso che si trova due secoli dopo nel Principe. Nel finale,
per far prendere il volo alla sua prosa, Machiavelli adotta questa citazione virtù contro a furore,
prenderà l’arme e fia si combatter corto; che l’antico valore nell’italici cor non è ancor morto.
Esempio tipico.
Avviene continuamente nella poesia latina, gli arcaici sono conservati da Cicerone, Gellio,
Macrobio etc.
Esiste un altro tipo più sofisticato di conservazione di un testo di tradizione indiretta: passa
attraverso una citazione non esplicita, ma a volte anche inconsapevole.
Esempi dal Liber de spectaculis:
(I, I) Vnum pro cunctis fama loquetur opus.
Notiamo che nelle orecchie di Marziale abbiamo un vecchio epigramma catulliano: (Catullo,
epigramma 78) Noscent et qui sis fama loquetur anus. Ma tutto questo non farai senza castigo,
tutti i secoli futuri ti conosceranno e la fama antica dirà chi tu sei. Anus è un aggettivo arcaico, sta
per ‘vecchia’. Noi lo conosciamo solo come sostantivo, ma qui è fama antica. Il poeta che inveisce
contro Gallus per sempre affiderà ai posteri la sua cattiva fama.
Fama loquetur ricorre, fra unum pro cunctis, e l’emistichio catulliano, c’è una corrispondenza
che non ha nulla di logico e semantico, ma assonante. È come se nelle orecchie di marziale
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giocasse il suono. In una sede identica un emistichio viene trasferito quasi completamente da
Marziale.
I,I distici elegiaci. Il ramo alfa nasce come codice scolastico: era già difficile, in età pre-carolingia,
districarsi con la metrica dattilica (esametri e pentametri). Non si tentavano di affrontare gli altri
metri, dunque la selezione dei carmina è relativa al metro. In questo epigramma al fatto che il
Colosseo è sorto dove c’erano gli atroci atri dell’invidioso tiranno, ed una sola casa stava su tutta la
città. Viene celebrato un luogo politico.
Hic ubi conspicui uenerabilis Amphitheatri
Erigitur moles, stagna Neronis erant. C’erano gli stagni di Nerone, i laghetti della domus di
Nerone.
Reddita Roma sibi est et sunt te praeside, Caesar,
Deliciae populi, quae fuerant domini Atria regis Nerone viene chiamato rex, parola
proibita. Mentre Cesare è qui chiamato delizia del popolo. L’epiteto di Tito era delizia del genere
umano, principe clemente per antonomasia.
(I, V) nell’anfiteatro si svolgevano anche le esecuzioni capitali, si sfruttava l’occasione di
mandare a morte la gente facendo rappresentare scene mitologiche.
(I, XXVIII) uso di una specie di tradizione indiretta che è data dall’imitatio. Non tanto dalla
citazione esplicita, ma da un’imitazione incosciente. La descrizione è quella di una naumachia,
combattimento navale. I Romani, oltre ai combattimenti nel circo, combattevano delle naumachie,
la prima risale ad Augusto. Nel Colosseo si riempiva l’arena d’acqua e si facevano combattere i
gladiatori come se fosse in mare. Nell’epigramma c’è un’unica lezione contestata al penultimo
verso. Era stato impegno dell’augusto mettere
insieme le flotte e far agitare il bacino
Augusti labor hic fuerat committere classes d’acqua con la tromba di combattimento
navale. In tutto questo quanta è la parte
Et freta nauali sollicitare tuba. del nostro Cesare? Theti e Galatea
Caesaris haec nostri pars est quota? uidit in undis vedono nelle onde animali mai visti prima
Et Thetis ignotas et Galatea feras; Tritone credette che fossero i cavalli del
suo signore avendo visto nella polvere
Vidit in aequoreo feruentes puluere currus acquatica dei carri con le ruote accaldate:
Et domini Triton isse putauit equos: e Nereo mentre prepara i fieri
Dumque parat saeuis ratibus fera proelia Nereus, combattimenti tra crudeli navi inorridì
Horruit in liquidis ire pedestris aquis. nel camminare a piedi nelle acque
Quidquid et in Circo spectatur et Amphitheatro, liquide.
Tutto ciò che è oggetto di spettacolo nel
Diues Caesarea praestitit unda tibi. circo e nell’anfiteatro te lo ha offerto la
Fucinus et diri taceantur stagna Neronis: ricca acqua di Cesare.
Hanc norint unam saecula naumachiam. Non si parli più del Fucino e degli stagni
del feroce Nerone: i posteri
conosceranno soltanto questa battaglia
15 navale.
Augustus e Cesar sono epiteti di Tito. Era stato impegno dell’augusto mettere insieme le flotte e
far agitare – freta, il fretum è il golfo, qui indica il bacino d’acqua – il bacino d’acqua con la tromba
di combattimento navale. In tutto questo quanta è la parte del nostro Cesare? Theti e Galatea,
ninfe marine, vedono nelle onde animali mai visti prima, mostri marini. Tritone credette che
fossero i cavalli del suo signore, avendo visto nella polvere acquatica (in aequoreo pulvere) dei
carri con le ruote accaldate. Erano posti dei tavolati in modo che sembrasse che i carri corressero
sull’acqua: il Colosseo è pieno d’acqua, ma ci sono anche corsie e camminamenti. E Nereo mentre
prepara i fieri combattimenti tra crudeli navi inorridì nel camminare a piedi (ire pedestris) nelle
acque liquide. L’epigramma è impacciato nella sua composizione perché descrive una situazione
del tutto innaturale. L’effetto deve essere molto simile alla costruzione del Cristo sul lago d’Iseo.
Anfiteatro, parola greca pentasillabica. Theatrum, radice di thea, luogo in cui si vede e in cui ci si
gode l’oggetto dello spectare. Un anfiteatro è guardabile da tutte e due le parti, è doppio. I
Romani adottano i termini greci. Il circo, invece, è il circo massimo che esiste a Roma da sempre ai
piedi del Palatino. Tutto ciò che è oggetto di spettacolo nel circo e nell’anfiteatro, elementi
fondamentali, corse dei cavalli, combattimenti e cacce, te lo ha offerto la ricca acqua di Cesare
(dives unda cesarea).
Fucinus et diri taceantur stagna Neronis Non si parli più del Fucino e degli stagni del feroce
Nerone (diri neronis) le Dirae sono divinità infernali, come le furie greche. Tentativo di
correzione di Hensius. Fucinus grande lago dell’Abruzzo, un lavoro di prosciugamento delle
paludi portato avanti dai Romani. Il Fùcino era un grande lago.
Diri Hensius, filologo olandese del Seicento, ha provato a correggere la lezione di alfa, dei codici
del primo gruppo, unici testimoni manoscritti attendibili che scrivono tigri. Tigri è, in filologia, vox
nihili. È una voce del nulla, è un termine tecnico che si usa quando una parola non ha senso. Tigri,
in questo contesto, non vuol dire niente, sono solo dei caratteri che il copista ha riscritto senza
comprenderne il senso. I codici recensiores, sigma, sono i codici esemp