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Il caso Moro, per la cultura italiana, è un punto di non ritorno: esso è stato definito, ne
L’Affaire Moro: anatomia di un testo, dal critico e semiologo Marco Belpoliti un passaggio
che ha determinato una visione più cupa dell’Italia. La tesi è relativa alla capacità di capire
la realtà da parte della letteratura, essa è applicata ad alcuni letterati come Sciascia,
Parise e Calvino (progetto della rivista Alì Babà). Scrittori polemisti (Pasolini, Sciascia,
Arbasino, Testori, Eco) di Pischedda: dedica un capitolo a Sciascia e al caso Moro. La sua
posizione è più corretta. 13
Ci sono molti riferimenti letterari: Calderon de la Barca (“La vita è sogno”), Borges,
Pirandello, Poe con La lettera rubata.
Pirandello è chiave di lettura grazie a Vitangelo Moscarda: termina la sua esistenza in un
monastero, è un uomo solo come Moro durante la prigionia. Sciascia è critico verso la
scelta del Moscarda. Negli anni Cinquanta Sciascia si scaglia contro Pirandello a causa
del problema col Fascismo. Negli anni Ottanta recupera il rapporto con Pirandello e con
Lampedusa. Moro diventa un uomo solo di fronte alla morte, ma non dinanzi agli italiani.
Passo interessante che dimostra la costruzione complessa dei personaggi sciasciani:
riconosce la negatività del potere di fronte a Dio, ma rimane legato alla DC in quanto non
ha voluto riconoscere le colpe.
Storia di Sciascia, saggio. Sciascia, non teoricamente, ma nella pratica, ha una visione
della letteratura come unico strumento in grado di condurre alla verità. La letteratura
mondiale diventa un serbatoio di storie che anticipa ciò che deve accadere e che può
leggere ciò che è accaduto. 20/10/2016
Sciascia e il cinema
-La Sicilia nel cinema, in La corda pazza, Torino, Einaudi, 1970
saggio in cui lo scrittore esprime una fedeltà tra il libro e il film, viene rispettato lo spirito
del testo.
-C’era una volta il cinema, in Fatti diversi di storia letteraria e civile, Palermo, Sellerio,
1989
-Le maschere e i sogni: Scritti di Leonardo Sciascia sul cinema, a cura di S. Gesù,
Catania, Maimone, 1992
Sciascia si è prestato talvolta a dare la propria voce in alcuni documentari sulla Sicilia. Egli
scrive una recensione su Nuovo cinema paradiso di Tornatore, ricordando la propria
infanzia e ritrovandosi nello spirito del film e in Totò, il bambino protagonista. Nel 1929 era
stato inaugurato a Racalmuto un nuovo cinema, che negli anni del Fascismo rappresenta
una finestra aperta sull’altrove, soprattutto per i giovani attratti da nuovi modelli e stili di
vita.
LIBRO REGISTI e DATA del film
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Il Giorno della civetta, 1961 Damiano Damiani, 1968
Il consiglio d’Egitto, 1963 Emidio Greco, 2002
A ciascuno il suo, 1966 Elio Petri, 1967
Il contesto, 1971 F. Rosi, 1976
Todo Modo, 1974 Elio Petri, 1976
Porte aperte, 1987 Gianni Amelio, 1990
Una storia semplice, 1989 Emidio Greco, 1991
Petri dice, nella corrispondenza con Sciascia, di apprezzare particolarmente la figura del
detective Laurana in A ciascuno il suo, che indaga sulla morte di due personaggi suoi
amici, un farmacista e un uomo che aveva ricevuto in precedenza lettere minatorie
anonime. 10/11/2016
Leonardo Sciascia e il film politico all’italiana
Il rapporto tra Leonardo Sciascia e il cinema è stato uno dei più intensi nell’ambito del
Novecento letterario italiano. Non solo lo scrittore siciliano si è sempre dichiarato legato al
linguaggio cinematografico e suo debitore per la sua formazione culturale, ma la stessa
peculiarità della sua forma di scrittura è attraversata dal cinema e dalle modalità di
funzionamento del suo linguaggio.
I rapporti tra cinema e letteratura, inoltre, rappresentano uno straordinario strumento
didattico per verificare, attraverso la collusione o la discordanza dei linguaggi utilizzati, la
qualità e la pregnanza della comunicazione di cui entrambi queste forme di discorso e di
riflessione sono capaci.
Leonardo Sciascia ha certamente visto molto cinema, molto ne ha scritto e molto ne ha
fatto fare. Magari con distacco, rifiutando sempre di partecipare alla sceneggiatura dei film
ricavati da suoi romanzi. Ma basta ricordare i titoli di questi film, A ciascuno il suo, Il giorno
della civetta, Cadaveri eccellenti, Todo modo, per dargli un posto non marginale nella
storia del cinema italiano degli ultimi vent' anni, nel bene e nel meno bene, naturalmente.
Perché se il lavoro di Sciascia è servito a dare idee, aperture, dignità letteraria a un
cinema italiano sempre esposto alle lusinghe della superficialità, i suoi romanzi sono
anche serviti a volte come comodi sostegni, o coperture, a operazioni sbrigative, che si
accontentavano di uno scavo letterario già fatto, convinti di trovarvi sul fondo anche tesori
cinematografici.
L' incontro fra l' opera di Sciascia e il cinema o per lo meno quel tipo di incontro da cui
nascono poi dei film è infatti avvenuto sostanzialmente in un solo periodo e con un solo
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tipo di cinema. I suoi registi sono stati Rosi, Petri, Damiani, cioè gli autori per antonomasia
di quello che fu detto il film politico all'italiana, fatto di molta generosità, ma anche di
molti equivoci e molti compromessi. Anche se bisogna pur distinguere fra la solidità non
priva di colori e fantasie barocche di un Cadaveri eccellenti, che nel 1975 riaccende il
dibattito politico già aperto da Il contesto, e ad esempio il fallito espressionismo di Todo
modo, il film di Elio Petri presto dimenticato e che l' affare Moro rende ormai quasi
improiettabile. Ed è stato un incontro, quello fra Sciascia e il cinema, limitato poi a una
sola parte della sua opera, essenzialmente i grandi romanzi (per completare la filmografia
bisogna però ricordare anche Una vita venduta di Aldo Florio, 1975, storia di un caruso
arruolatosi per disperazione coi volontari fascisti in Spagna, che deriva dal racconto L'
antimonio di Gli zii di Sicilia).
Ma nessuno spunto è mai stato tratto dagli altri libri, dalle microstorie o cronachette o
inchieste a metà fra il saggio e il racconto, che avrebbero potuto ispirare un altro cinema,
non necessariamente romanzesco e di lungometraggio, non necessariamente narrativo,
non necessariamente destinato alle sale cinematografiche.
Il film su Moro di Giuseppe Ferrara non è tratto da L'affaire Moro di Sciascia, ma da un
meno impegnativo libro di Robert Katz, così come non nascono dalle sue inchieste
storiche i film di Festa Campanile su Bruneri e Canella o quello recente di Amelio su
Majorana e via Panisperna. Anche se non bisogna trascurare il trascinamento indiretto che
l' opera di Sciascia ha certo avuto su certi temi e su certi interessi. Se il friulano Damiano
Damiani darà il via alla serie della Piovra, sarà anche perché era stato lui a girare, tanti
anni prima, Il giorno della civetta.
Ma per uno scrittore il rapporto col cinema non sta solo nell' essere fonte per opere altrui;
e in questa circostanza è forse più interessante ricordare ciò che Sciascia ha scritto non
per il cinema degli altri, ma sul cinema suo. Un lungo saggio del 1963 su La Sicilia e il
cinema in cui tutti i film d' ambientazione isolana vengono presi in esame, da La terra
trema a Stromboli, da L' avventura a Il gattopardo, con giudizi quasi sempre severi o non
entusiasti (e dunque se lui rifiutava la Sicilia di Antonioni, Rossellini e Visconti, sarà lecito
avere dei dubbi su quella di Petri e Damiani). Ma con bellissime pagine però su Salvatore
Giuliano, sia nell'analisi del film in sé, sia nella descrizione del pubblico contadino che in
Sicilia lo vedeva: un pubblico che nella scelta stilistica dell' invisibilità del bandito trova non
un segno della sua secondarietà rispetto alle forze di cui è lo strumento secondo la lettura
critica e colta ma un' ulteriore conferma del suo mito. Ancor più affascinante è poi un suo
più recente testo sul cinema, o meglio su un attore e su un film. Un vecchio film muto che
lo scrittore ricordava di aver visto a Racalmuto verso il 1933 e che rivede dopo
quarantacinque anni in Francia in una cineteca: Il fu Mattia Pascal di Marcel L' Herbier. Su
questo ritrovamento e questo ricordo così nitido da fargli riconoscere scene mancanti o
mutate nella copia attuale Sciascia scrive uno dei suoi più bei libretti, Il volto sulla
maschera (ora in Cruciverba) che è un delizioso gioco di cinema sul cinema fatto
attraverso la letteratura, e un esercizio di pirandellismo su un film pirandelliano. Perché
nelle sue memorie l' attore Mozzuchin non cita mai quel film? Forse perché non accettava
di riconoscersi nell' identità di colui che perde l' identità, lui che aveva già un' identità
incerta in quanto attore, ed esule costretto a rifarsi un' immagine, e vittima di un
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esperimento (quello famoso detto di Kulesov) che già lo aveva ridotto a un puro segno
vuoto di senso. Forse per questo Mozzuchin cercherà poi sempre di mettere il suo volto
sulle maschere che deve indossare, e affermare la sua personalità su quella dei suoi
personaggi. Forse per questo anche Sciascia non ha mai voluto camuffarsi da
sceneggiatore, fosse pure dei suoi film, così che troviamo più cinema in questi scritti che
nelle maschere sciasciane che il cinema ci ha dato. 17/11/2016
Sciascia utilizza la cronaca, ma il fine è la letteratura.
La dimensione spaziale
La lingua dei rapporti spaziali risulta uno dei mezzi fondamentali per la comprensione della
realtà. Sciascia fa una dichiarazione a proposito ne La Sicilia come metafora, in
un’intervista della giornalista francese Marcelle Padovani nel 1979. In questo passaggio
Sciascia propone una definizione di scrittura e di scrittore, questi è un uomo che fa vivere
la verità. Si dice che Pirandello desuma la sua filosofia di vita da un’attenta considerazione
sulla realtà siciliana. Questa realtà è definita da Sciascia un luogo da metamorfosi. La
dimensione spaziale è presente principalmente nelle prime opere sciasciane, in quelle più
recenti acquisisce un valore simbolico, ma lo troviamo solo in passaggi meno ampi.
Ne Le parrocchie di Regalpetra, lo spazio è quantitativamente presente. Ci sono due
luoghi topici: le zolfatare e le saline; esse contribuiscono a creare un senso di precarietà,
rischio ed evocano la vita difficile che conduceva chi lavorava in questi luoghi. Sciascia
dedica alla salina un intero importante capitolo nel quale descrive con attenzione
l’ambiente di lavoro, man mano che si prosegue questa sua attenzione referenziale si
anima, riflettendosi negli occhi di