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LOTTA BIOLOGICA

Nell'ambito dell'entomologia applicata, si è sempre inteso per lotta biologica l'utilizzo di artropodi (predatori o parassitoidi), batteri, funghi, virus, nematodi o altri animali con lo scopo di contrastare le pullulazioni di altri artropodi dannosi alle colture agrarie o forestali o al bestiame. Una più recente definizione ha voluto ampliare gli ambiti applicativi riferibili alla lotta biologica definendola come "l'uso degli organismi viventi e dei loro prodotti allo scopo di prevenire o ridurre i danni causati dagli organismi dannosi". Secondo tale definizione, divengono così strumenti di lotta biologica in senso lato anche i semiochimici, le sostanze fagostimolanti e repellenti, i chemiosterilanti, gli ormoni - anche se di sintesi - e perfino, nell'interpretazione di alcuni, i metodi fisici di sterilizzazione noti come "tecnica del maschio sterile", "lotta autocida" o SIT.

(Sterile Insect Technique). Noi qui adottiamo la definizione più restrittiva, considerando i "prodotti degli insetti" nel contesto delle "biotecniche". Tutto sommato, sulla base di tutte le definizioni fino ad oggi proposte, la lotta biologica sensu stricto potrebbe essere intesa come: "lo sfruttamento consapevole degli antagonismi naturali per il controllo di organismi nocivi (agenti patogeni, artropodi fitofagi, artropodi ematofagi e piante infestanti) in campo agrario, agroalimentare, medico-veterinario, forestale e urbano". Gli antagonisti utilizzati in lotta biologica vengono anche definiti entomofagi e suddivisi in predatori e parassitoidi. I primi sono organismi che ricercano attivamente e si cibano di numerose vittime senza stabilire con esse, neppure per un tempo limitato, rapporti anatomici o fisiologici. I parassitoidi si caratterizzano invece per consumare solitamente una sola vittima e per stabilire con essa rapporti anatomofisiologici.

più stretti. Nel parassitoide, adifferenza di quanto succede per il predatore, l’attività parassitaria è svolta dalla forma giovanile nata da un uovo deposto dalla madre su un dato ospite. Iparassitoidi si definiscono ectofagi ed endofagi quando si sviluppano rispettivamente all’esterno o all’interno dell’ospite. Questa distinzione può essereaccettata nella pratica benché una così netta distinzione non sia sempre possibile; si pensi ad esempio alla femmina dell’Imenottero Driinide Neodryinustyphlocybae che si comporta da predatrice nelle prime fasi della sua vita e poi da parassitoide nei confronti di Metcalfa pruinosa. La lotta biologica ha, comesopra accennato, origini molto antiche. Fin dal terzo secolo a.C., infatti, i cinesi utilizzavano le formiche per contrastare le infestazioni dei fitofagi negliagrumeti. Tale strategia ha ricevuto un nuovo impulso a partire dal 1835, anno in cui Agostino Bassi

indicò un fungo del genere Beauveria come unico responsabile di infezioni letali a danno di larve di baco da seta (Bombyx mori). Da quel momento si fece strada l'ipotesi di poter utilizzare contro gli insetti i loro stessi agenti patogeni e, negli anni a seguire, diverse furono le ricerche condotte in Francia e in Russia sull'utilizzo non solo di funghi ma anche di protozoi entomopatogeni.

Un secondo evento fondante viene considerato il successo eclatante ottenuto da Riley nel 1888 in California con l'introduzione dall'Australia del Coleottero Coccinellide Rodolia cardinalis contro la cocciniglia australiana Icerya purchasi. Da quel momento, lo spostamento transoceanico di antagonisti (predatori e/o parassitoidi) attuato con l'intento di contrastare le infestazioni di fitofagi accidentalmente introdotti in un nuovo ambiente è stato più volte attuato, anche se con risultati altalenanti, in diverse parti del mondo. Si tratta, nel caso, del

cosiddetto metodo propagativo, che prevede il prelievo di una o più specie di entomofagi nell'areale di origine del fitofago esotico ed il loro rilascio nel nuovo ambiente allo scopo di contrastarne le infestazioni; fine ultimo di questa strategia è quello di ottenere un controllo biologico permanente della specie dannosa di provenienza esotica. Il metodo propagativo è stato più volte utilizzato, anche in Italia, fin dagli inizi del secolo XX, con diversi insuccessi ed alcuni importanti successi, tra i quali la recente esperienza di controllo biologico dell'Emittero Flatide Metcalfa pruinosa con l'Imenottero Driinide esotico Neodryinus typhlocybae. Il metodo consiste nell'effettuare una serie ripetuta di inoculi, in un dato ambiente, con un numero relativamente limitato di individui, confidando poi sulla capacità degli stessi e della loro progenie di diffondersi attivamente sul nuovo territorio, vivendo a spese del fitofago dannoso,

nel medio-lungo periodo. LOTTA BIOLOGICA Ogni qual volta sipossa disporre, invece, di un numero assai elevato di entomofagi, questi possono essere massivamente impiegati, come veri e propri insetticidi biologici,per ottenere una drastica e repentina riduzione della popolazione del fitofago (metodo inondativo). In entrambi i casi è sempre auspicabile una razionalegestione dell’ecosistema oggetto dei rilasci, con attuazione di opportune pratiche agronomiche (mantenimento o introduzione di aree di vegetazionespontanea, semina di piante nettarifere e pollinifere negli interfilari volte alla nutrizione degli entomofagi adulti, eliminazione o riduzione dell’uso deiprodotti fitosanitari e, quando necessario, utilizzo di molecole dotate di selettività) volte alla salvaguardia degli entomofagi (metodo protettivo). Durante icirca 130 anni che ci separano dalla prima esperienza di Riley in California, l’accresciuta comprensione dei meccanismi che regolano i

i costi associati al controllo biologico sono generalmente inferiori rispetto ad altre tecniche di controllo, come l'uso di pesticidi chimici. Inoltre, il controllo biologico può essere una soluzione a lungo termine, poiché i nemici naturali possono stabilirsi e persistere nell'ambiente, fornendo un controllo continuo delle specie dannose. Tuttavia, è importante sottolineare che il controllo biologico non è sempre efficace al 100%. La sua efficacia dipende da vari fattori, come la specificità degli agenti di controllo utilizzati, la densità delle popolazioni di specie dannose e le condizioni ambientali. Pertanto, è necessario un approccio integrato che includa anche altre strategie di controllo, al fine di ottenere i migliori risultati. In conclusione, i rapporti tra i diversi livelli trofici e l'evoluzione delle tecniche di controllo biologico hanno aperto nuove possibilità per il controllo delle specie dannose. Il controllo biologico offre vantaggi significativi dal punto di vista tossicologico, ecologico ed economico, ma richiede un approccio integrato per massimizzare la sua efficacia.

I progetti di controllo biologico propagativo sono molto spesso più convenienti del controllo chimico perché, pur prevedendo un più elevato costo iniziale, portano ad un controllo permanente della specie dannosa nel medio lungo periodo, con riduzione progressiva dei costi fino a livello zero, dato che i benefici ottenuti si mantengono nel tempo. La stessa cosa non si può dire per il controllo biologico inondativo con ricorso ad artropodi, batteri, funghi, virus o nematodi, giacché in questo caso il controllo non è permanente e i costi si ripresentano ogni anno, come nel caso della lotta insetticida.

BIOTECNICHE

Rientrano in questo ambito tutti quei metodi che, per contrastare gli insetti, utilizzano sostanze che agiscono sul loro comportamento o sul loro sviluppo (semiochimici, chemiosterilizzanti, fagodeterrenti, repellenti etc..). Alcuni autori includono tra le biotecniche anche l'uso di sostanze ormono-simili come i sopra citati insetticidi.

regolatori di crescita.Semiochimici Gli insetti abitano un universo prevalentemente olfattivo nel quale molte importanti funzioni vitali sono “mediate” da sostanze odorose=da essi stessi prodotte e percepite attraverso complessi ed efficientissimi apparati ghiandolari e sensoriali. Tali sostanze, conosciute come “semiochimici”,possono regolare le relazioni all’interno di una sola specie ed essere così denominate feromoni o essere implicate nelle relazioni a livello interspecifico e,per questo, definite allelochimici.Comunicazione intraspecifica è regolata da feromoni. Un feromone è una sostanza che, riversata all’esterno dell’organismo e ricevuta come=messaggio chimico da un altro individuo della stessa specie, evoca in quest’ultimo un determinato comportamento. In base all’attività esercitata sulricevente, i feromoni vengono definiti sessuali, di aggregazione, di dispersione, di traccia, di allarme etc.

I più utilizzati, al momento attuale, sono iferomoni sessuali, anche se negli ultimi anni hanno suscitato un interesse crescente, in vista di una loro utilizzazione nella pratica, quelli di aggregazione. Iferomoni sessuali vengono prodotti da ghiandole esocrine situate, nei diversi gruppi sistematici, in differenti parti del corpo di uno dei due sessi. Nei Lepidotteri esse sboccano tra l’ottavo e il nono urite addominale della femmina ed i loro secreti esercitano una forte attrazione nei confronti di maschi con specifici sessualmente maturi. Da un punto di vista chimico tali sostanze (solitamente miscele di più componenti) sono costituite da catene lineari insature idrocarburiche – solitamente a numero pari di atomi di carbonio e con un gruppo terminale alcolico, aldeidico o acetato - che per loro natura sono altamente volatili e rapidamente degradabili. Queste vengono emesse in piccolissime quantità, a fronte di un’elevata efficienza e.seconda delle circostanze, diverse funzioni. La comunicazione interspecifica mediata dagli allelochimici è un meccanismo fondamentale per la sopravvivenza e l'adattamento degli organismi in un determinato ambiente.seconda dei casi, una funzione feromonica, allomonica, cairomonica o sinomonica. Tradizionali campi di impiego dei semiochimici - come sopra specificato, nell'ambito dei semiochimici solo i feromoni sessuali sono entrati a pieno titolo nella pratica agricola. Nei quasi 50 anni trascorsi dall'identificazione del primo feromone "sessuale" in femmine di Baco da seta, la ricerca ha infatti posto le premesse perché tali sostanze possano essere utilizzate, al giorno d'oggi, come strumenti di controllo delle popolazioni di insetti nocivi.
Dettagli
A.A. 2017-2018
75 pagine
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SSD Scienze agrarie e veterinarie AGR/11 Entomologia generale e applicata

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Lucagasperetti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Entomologia agraria e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Lucchi Andrea.