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I VETTORI (forme) DELL'INTERNAZIONALIZZAZIONE NON COMMERCIALE

Vediamo alcune principali forme di internazionalizzazione che poi vengono declinate da ogni impresa secondo proprie specificità, quindi ci saranno molti esempi (da leggere!!!), l'obiettivo è quello di esemplificare come un determinato tema che trattiamo trova una casistica.

L'internazionalizzazione di un'impresa non è un fenomeno monolitico, può avvenire secondo diverse modalità e forme. Deve decidere dove e come organizzare le attività della CV e come coordinarle.

È un processo nel quale l'impresa realizza le proprie attività della CV in diversi paesi, contesti e con questa modalità di sviluppo essa avvia, consolida rapporti con interlocutori diversi nell'ambito delle diverse forme di internazionalizzazione che vediamo ora.

Queste forme consistono nelle dimensioni lungo le quali si esplicita lo sviluppo internazionale dell'impresa e in cui sono importanti i rapporti che l'impresa

realizza con gli interlocutori, partner, clienti, fornitori che sono presenti nei diversi paesi. Un'impresa può porre in essere una o più di queste forme, quando riguarderà di tutti i vettori si parlerà di completa internazionalizzazione. - int. commerciale: consiste nella vendita all'estero da parte dell'impresa, dei propri prodotti, beni, servizi ed essa può venderli all'estero o direttamente al cliente consumatore finale, o venderli a un commerciante, distributore in loco che poi provvederà a distribuirli sul territorio, oppure li può vendere a un intermediario nel proprio paese che si occuperà di tutte le pratiche legate al trasporto, all'importazione nel paese estero, alla vendita e distribuzione (lo vedremo la prossima volta) Oggi ci soffermiamo sugli altri vettori, perché ogni attività chiave dell'impresa può essere oggetto di int. Abbiamo l'int. di: approvvigionamenti, R&S,
  1. La finanziaria, della produzione. Questi vettori dell'int. rientrano nell'int. non commerciale oggetto della lezione di oggi.
  2. L'internazionalizzazione degli approvvigionamenti (international sourcing) riguarda l'approvvigionamento che l'impresa può realizzare presso fornitori localizzati al di fuori dei confini domestici; può quindi riguardare: materie prime, materiali, semilavorati, componenti e prodotti finiti acquistati da fornitori localizzati al di fuori dei confini domestici.
  3. Un tempo si approvvigionavano all'estero solo le grandi imprese, ora questa modalità di int. è diffusa presso imprese piccole, ed è rilevante in Italia perché è caratterizzata da una scarsa dotazione di MP.
  4. Il fatto di approvvigionarsi all'estero presenta criticità:
    • L'impresa deve tenere conto, se acquista MP all'estero, dell'incidenza di questi costi delle MP sul valore della produzione; quanto

più la mia produzione dipende da queste MP su totale del prodotto, tanto più lacriticità dell’approvvigionarsi all’estero può farsi sentire, o è comunque da valutare attentamente. (seproduco pasta, il sale non è rilevante).

oscillazione dei cambi, se io acquisto all’estero acquisto spesso pagando in una moneta diversa e quindisono soggetto a una possibile svalutazione o valutazione della moneta nazionale; particolari merci nerisentono di più come le commodities

concentrazione dei fornitori, se i miei fornitori sono concentrati sono sottoposto alle loro politiche diprezzo, condizioni.. (è il caso delle terre rare in cui la Cina era la principale produttrice ed esportatrice).

necessità di costanza nelle caratteristiche degli acquisti, se noi abbiamo bisogno di una garanzia nellaqualità, o nello standard di quello che acquistiamo questo deve essere tenuto in serie considerazione (es.fondotinta fatto

con pigmento, se cambiamo fornitore possono cambiare i colori e il cliente lo vede subito). Perché un'impresa dovrebbe essere portata a comprare da fornitori esteri? È determinata da: - disponibilità limitata, di qualche materiale in Italia (es. quando le cave d'ardesia si sono esaurite). Oppure un materiale potrebbe non esserci proprio. - ricerca di una riduzione dei costi - accesso a risorse/capacità distintive o a migliore qualità, vado all'estero perché trovo risorse diverse, specifiche che in patria non trovo (tipo a un livello tecnologico migliore..), avere una migliore fornitura. - possibilità di ampliare il parco fornitori, per un'impresa dipendere da pochi fornitori è un fattore di rischio. Quindi nel contesto internazionale l'impresa non vuole trovarsi nella situazione in cui non può più avere i materiali che le servono o essere soggetta a prezzi al rialzo o non convenienti; facendo così posso

rendermi indipendente da pochi fornitori/nazionali; talvolta non riesco ad ampliare i fornitori a casa, in questo modo posso da un lato diversificare il rischio ma anche ampliare la mia offerta (acquisto farine da diversi paesi creando cose diverse)

possibilità di legittimare o sviluppare uno sbocco commerciale, io compro all'estero, mi lego a fornitori locali perché così capisco meglio il contesto estero, le esigenze locali e questo può essere l'inizio di un processo di internazionalizzazione commerciale (venderci i miei prodotti), oppure a causa di obblighi commerciali imposti dai governi dei paesi importatori.

Spesso l'approvvigionamento all'estero mi porta a localizzazione anche all'estero l'attività produttiva, tutta o in parte, soprattutto se vi è alta incidenza di risorse "fisse".

Quali sono i fattori ostacolanti?

  • Costi:
  • Lead time: si allunga il tempo del processo di approvvigionamento (tempo=denaro)
  • Rischio di

stock out: anche i magazzini costano, quanto più mi approvvigiono da un paese distante, devo comprare di più e tanto più le mie scorte diventano vecchie

Tasse di import/export, dazi, costi di trasporto ed assicurazione: quindi attenzione, quel semilavorato mi costa meno all'estero ma ci sono costi di cui devo tenere conto.

Costi di gestione di fornitori internazionali: un fornitore internazionale richiede maggiori competenze, conoscere la lingua magari, avrei bisogno di personale più qualificato (tipo che sa le lingue).

Tempi: rischio di ritardi

Differenze culturali e di linguaggio, per cui ci potrebbero essere problemi di comunicazione, ma anche di avere una cultura diversa, e questi problemi si verificano non tanto nella selezione e stesura di accordi, quanto nella gestione ordinaria del rapporto (chi scrive? telefono? Tratto da amico?).

Rischio di espropriazione di conoscenze e tecnologie: quindi la fornitura può essere molto

specifica fattaapposta per me, per farlo fare a un fornitore straniero io devo condividere le specifiche tecniche con chi mi produce questa cosa, devo dare i miei disegni, e allora devo chiedergli di impegnarsi a non divulgare quello che gli trasmetto -> limitato controllo sulla disonestà dei fornitori. -Instabilità politica dei mercati esteri: se compro a Belluno posso anche sperare che non accada nulla al contesto politico, in Malesia qualche rischio di instabilità c'è. Problemi di pagamenti, incassi, rischi di interruzioni.. Nelle slide dall'8 ci sono degli esempi da leggere. L'internazionalizzazione della produzione Attraverso cui le imprese realizzano in un paese estero o in più, l'intero processo produttivo o una o più fasi del processo produttivo. Non si va a produrre all'estero con leggerezza! Non tutte le imprese possono farlo. Il presupposto per poter produrre all'estero è la possibilità di

Poter separare il concepimento e la progettazione dalla sua produzione, lavorazione senza che il fatto di separare queste 2 attività, funzioni crei problemi di qualità e di efficienza (se voglio produrre lontano devo poter separare la progettazione dalla produzione che realizzo in Cina, tipo abbigliamento, elettrodomestici, automobili..).

Le tipologie di attività produttive più coinvolte sono quelle attinenti alle fasi più vicine alla materia prima che riguardano prodotti poco sofisticati, realizzabili in serie lunghe, con produzione programmabile con largo anticipo (pensiamo al fashion, a Zara, abbiamo la linea classica che posso progettare con grande anticipo, ma se ci sono prodotti che entro 15gg devono essere fuori io non ho tempo di progettare tutto, allora verrà realizzato in una località vicina al mercato di distribuzione del prodotto).

A maggior contenuto di lavoro generico, cioè quelle che non richiedono particolari abilità.

in (luogo in cui un bene è stato prodotto). Questo può creare confusione per i consumatori e rendere difficile l'attribuzione di responsabilità in caso di problemi con il prodotto. Inoltre, la delocalizzazione può comportare anche problemi di sostenibilità ambientale. Paesi con normative meno rigide possono consentire pratiche di produzione dannose per l'ambiente, come l'inquinamento delle acque o l'emissione di gas serra. Pertanto, è importante considerare anche l'impatto ambientale quando si prendono decisioni sulla delocalizzazione. Infine, la delocalizzazione può avere anche un impatto sociale negativo. La chiusura di fabbriche locali può portare alla perdita di posti di lavoro e alla disoccupazione nelle comunità locali. Questo può avere conseguenze negative sulla qualità della vita delle persone e sulla stabilità economica delle regioni interessate. In conclusione, la delocalizzazione può offrire vantaggi in termini di riduzione dei costi, ma è importante considerare anche gli aspetti negativi legati alla qualità, alla sostenibilità ambientale e all'impatto sociale. È necessario trovare un equilibrio tra l'ottimizzazione dei costi e la responsabilità sociale e ambientale.

In segnala l'origine dei prodotti, ossia il principale luogo di produzione. Per l'attribuzione del made in le regole sono: le merci interamente realizzate in un paese sono considerata originarie di quel territorio, ma quando alla produzione di un bene hanno partecipato due o più paesi, l'origine viene definita dal paese in cui viene realizzata l'ultima lavorazione sostanziale (una fase di produzione importate). Legge esempio. (se produce in Italia una scarpa con pelle cinese, è made in Italy).

Quanto è il costo del lavoro rispetto al valore complessivo del prodotto? Esempio maglietta. In alcuni settori la variabile tempo è più rilevante dei costi. C'è poi l'aspetto che in molti paesi occidentali c'è una crescente consapevolezza dei consumatori sulle condizioni di lavoro all'estero, sono più coscienti dei pericoli che derivano dalle produzioni in paesi che non rispettano le norme (prodotti dannosi,

à volte chiamate ricerca e sviluppo, che vengono svolte da un'azienda per migliorare i propri prodotti o processi. L'internazionalizzazione della R&S si riferisce alla pratica di condurre attività di ricerca e sviluppo su scala globale, coinvolgendo diverse sedi e collaboratori provenienti da diversi paesi. L'obiettivo dell'internazionalizzazione della R&S è quello di sfruttare le competenze e le risorse disponibili in diverse parti del mondo per ottenere risultati migliori e più innovativi. Questo può includere la collaborazione con università e centri di ricerca internazionali, l'acquisizione di aziende o tecnologie esterne e lo sviluppo di partnership con altre aziende. L'internazionalizzazione della R&S può portare numerosi vantaggi, come l'accesso a nuove conoscenze e competenze, la diversificazione dei rischi e l'espansione del mercato di riferimento. Tuttavia, presenta anche sfide, come la gestione delle differenze culturali e linguistiche, la coordinazione delle attività tra sedi distanti e la protezione della proprietà intellettuale. In conclusione, l'internazionalizzazione della R&S è un'importante strategia per le aziende che desiderano rimanere competitive e innovative in un mercato globale sempre più complesso.
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
97 pagine
1 download
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/08 Economia e gestione delle imprese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher diana0fe di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia e Gestione delle Imprese Internazionali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Benevolo Clara.