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Pretoriae, Restitutiones in Integrum, Missiones in Possessionem

L'INTERDICTUM era un ordine emanato dal pretore con cui si ingiunge a undestinatario di tenere un certo comportamento. Il magistrato accertava se ilprovvedimento sia stato richiesto per una delle fattispecie previste nell'editto.I giuristi romani facevano una tripartizione : interdictum restitutorium, cheimponeva al destinatario di restituire il possesso o la detenzione di una cosa;interdictum exhibitorium il pretore ordinava al destinatario di procedere allapresentazione in ure delle persone o delle cose; interdictum prohibitoriumimponeva al destinatario di astenersi dal compiere qualcosa. Dato chel'interdetto poteva essere emanato solo alla presenza del destinatario, laprocedura interdittale presupponeva la presenza di entrambe le parti in iure. Se ilconvenuto non obbediva a questa intimazione gli si applicavano le sanzionidell'indefensio. Dopo lo svolgimento della fase in iure, o il pretore

riteneva che non sussistevano i presupposti per emanare il provvedimento o emettava l'interdictum. L'accertamento sulla fondatezza dell'interdictum può avvenire in due modi: il pretore permetteva al destinatario dell'ordine di richiedere l'instaurazione di un processo mediante la richiesta della formula arbitraria. I presupposti erano che doveva trattarsi di un interdictum restitutorium od exhibitorium e il convenuto doveva richiedere una formula prima di allontanarsi dal luogo dove il magistrato aveva emesso l'interdetto. Se il destinatario dell'interdetto non voleva chiedere la formula arbitraria, l'attore poteva ricorrere al procedimento per sponsionem. L'attore convocava dinanzi al magistrato il convenuto con l'in ius vocatio e il convenuto prometteva con una stipulazione all'attore una somma di denaro, nel caso avesse violato un ordine del pretore, e l'attore la stessa soma nel senso contrario: le due stipulazioni.

eranochiamate sponsio e restipulatio. Si trattava di una sponsio penali. In seguito il pretore concedeva le formulae per le due actiones ex stipulatu, a cui si aggiungeva una terza detta iudicium secutorium o Cascellianum. Parallelamente il procedimento cum poena esperibile per gli interdica prohibitoria, dove accertata la legittimità dell’ordine per l’esecuzione si è pensato a una forma di autotutela. Le stipulationes pretoriae non necessitavano del processo e attribuivano al soggetto che si vuole tutelare un actio ex stipulatu. Esse obbligavano un soggetto ad assumersi mediante una verborum obligatio nei confronti di un altro soggetto. La stipulatio pretoria si poteva configurare come un onere o una difesa. La restitutio in integrum è il risultato di provvedimenti presi dal pretore in sede giurisdizionale, i quali si risolvono in una datio actionis. Essa è prevista in un apposito capo dell’editto, e il provvedimento viene preso nei confronti di

attigiuridici viziati o semplici fatti giudici estintivi di diritti soggettivi. La restituito inintegrum si identificava come una formula ficticia. Nella cognitio extra ordinem, una volta soppressa la distinzione tra la fase in iure e apud iudicem, il magistrato giudicava delle questione controversie e si pronunciava sulla concessione della restituito, ossia il iudicium rescindens (e in alcuni casi anche il iudicium rescissorium). Le missiones in possessionem o in bona consistevano in un atto che immettevane nel possesso delle singole cose nell'universalità di beni di un soggetto. Il magistrato proteggeva sia l'ingresso del missus nella disponibilità dei beni che la continuazione del processo. Anche nel processo formulare erano fissati i termini entro cui il processo doveva essere portato. Per i iudicia legitima il processo si estingueva dopo 18 mesi dalla litis contestatio; nei iudicia imperio continentia doveva concludersi entro l'anno in carica del magistrato dinanzi.

al quale si era introdotta la lite. La mors litis aveva effetti sfavorevoli all'attore in quanto la litis contestatio aveva estinto il potere d'azione. Nella fase apud iudicem poteva sorgere la necessità di modificare la formula o in caso di morte di una delle parti, la cosiddetta traslatio iudicii, o in caso di morte o sopravvenuta incapacità del giudice si aveva la mutatio iudicis. Era richiesta la cooperazione delle parti e del magistrato e c'era bisogno di una nuova comparizione in iure e un nuovo decreto del magistrato. Per quanto concerne i termini, una norma delle XII Tavole stabiliva nel solis occasus il termine massimo per la decisione della controversia, successivamente regolato dall'officium iudicis. L'assenza di una delle parti nella fase in iudicio produceva l'automatica perdita del processo, a meno che non fosse giustificata. Il giudice che decideva la controversia determinava i modi del procedimento probatorio. Nell'esperienza

Nel processo romano esistevano delle regole d'esperienza che lasciavano margini di discrezionalità. I mezzi di prova si esaurivano nei testimoni e nei documenti. Sulla base del procedimento probatorio il giudice doveva decidere le questioni di fatto. Nel processo romano vige il principio iura novit curia, il diritto è conosciuto dal giudice. Il iudex unus deliberava in modo non formale la sentenza mentre esistevano alcune regole che riguardavano la formazione della sentenza. Il giudice che tergiversava senza giustificazioni nell'emanazione della decisione era soggetto alle misure coercitive. C'era la possibilità che il giudice giurava di non aver raggiunto una sufficiente chiarezza per la decisione della controversia. La sententia era il parere del giudice e non aveva carattere autoritativo. Il contenuto era predeterminato dalla condemnatio che, in quanto certa, indicava la somma a cui il giudice poteva condannare, e incerta fissava i parametri per giungere alla litis aestimatio.

La sentenza del giudice privato o dei recuperatores non era soggetta a impugnazione: o era efficace e vincolante o nulla e inefficace. Qualsiasi sistema processuale tende a sottrarre la decisione definitiva dell'organo giudicante alla possibilità di contestazioni. Ciò può avvenire in due modi: preclusione processuale, nel divieto fatto al giudice di riprendere l'affare deciso in un altro processo; efficacia positiva del giudicato, si riteneva accertata la situazione di diritto o fatto su cui si fonda la decisione del giudice. Originariamente si aveva soltanto l'efficacia preclusiva della litis contestatio, dopo si è ammesso l'efficacia positiva subordinata al contenuto della sentenza, quindi all'exceptio rei iudicatae vel in iudicium deductae l'attore poteva opporrela replicatio. Per la sentenza di condanna si collega il problema del processo esecutivo. Nelle legis actiones l'esecuzione della sentenza era rimasta limitata alla

manus iniectio. Solo nel contesto del processo formulare si è introdotta a Roma l'esecuzione patrimoniale nella forma della bonorum venditio. L'obligatio iudicati nascente dalla sentenza di condanna veniva fatta valere mediante l'actio iudicati che era una azione di cognizione con intentio in ius o in factum concepta, che presentava il fenomeno della litiscrescenza. L'attore procedeva all'in ius vocatio dopo la decorrenza del tempus legitimum dalla condanna se il convenuto, comparso in iure, non contestava il fondamento dell'azione si apriva la via al processo esecutivo; altrimenti aveva luogo la litis contestatio sull'actio iudicati. L'esecuzione personale si fondava ancora su una addictio, in cui il debitore rimaneva ancora libero, ma l'addictio non portava più alla riduzione in schiavitù o alla messa a morte dell'addictus. La funzione dell'esecuzione personale era limitata ad esercitare una coazione indiretta.

sul debitore. Prevale l'esecuzione patrimoniale nella forma dellabonorum venditio. Essa è un'esecuzione a carattere generale in cui il debitore viene a perdere tutto il patrimonio il che ha come conseguenza che dovevano trovare soddisfacimento tutti i creditori. L'esecuzione patrimoniale iniziava con la missio in bona nei confronti del debitore confessus o indefensus rispetto all'actio iudicati. La missio in bona veniva disposta con un decretum del pretore in favoredie cretori che l'avevano richiesto dopo una cognitio. C'era il concorso dei creditori, in quanto era necessario permettere a tutti di inserire nel procedimento e a ciò serviva la pubblicità che il pretore imponeva mediante avvisi esposti in pubblico (proscriptio) per 30 giorni. Scaduto il termine per la proscriptio senza che le pretese dei creditori erano state soddisfatte i creditorieleggevano un magister bonorum. Il magister amministrava i beni soggetti ad esecuzione e

Preparava la lex bonorum vendundorum in cui si fissavano le condizioni per la vendita in blocco. La lex doveva essere approvata dal pretore e dopo il decorso di un termine il magister procedeva alla vendita in blocco dei beni al bonorum emptor. Il bonorum emptor è un successore universale del debitore sottoposto ad esecuzione. Il bonorum emptor assume la posizione che aveva il debitore prima dell'inizio della procedura. La tutela giudiziaria dei diritti vantati contro il bonorum emptor avviene in due modi: se il debitore è vivente, il pretore concede l'actio rutiliana; se il debitore è defunto è data l'actio Seriana. Una particolare esecuzione patrimoniale è costituita dalla bonorum distractio che si applica contro l'incapace sprovvisto di rappresentante legale o si procede contro un appartenente alla classe senatoria. Il curator bonorum procede alla vendita dei singoli beni del debitore per soddisfare i creditori con il ricavato.

Il debitore caduto senza sua colpa in insolvenza può evitare l'esecuzione personale e l'infamia ricorrendo alla cessio bonorum. Egli cede tutti i suoi beni che immetteva i creditori nel patrimonio ceduto. La cognitio extra ordinem si svolge al di fuori delle forme dell'ordo iudiciorum privatorum. Viene meno l'impronta privatistica e si svolge dinanzi a un organo dello stato. Scompare la bipartizione nella fase in iure e apud iudicem e la figura del giudice privato. La sentenza non si configura più come un parere, ma è il comando autoritativo di un organo appartenente all'autorità pubblica, nell'ambito della quale i giudici si strutturano come una gerarchia al cui vertice si trova l'imperatore. L'instaurazione del processo non dipende più dalla collaborazione del convenuto, ma si introduce il giudizio in contumacia. Pertanto.
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Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

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