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 QUELLO ARAGONESE DEI VICERE’

Infatti, gli Aragonesi riusciranno a sottomettere completamente l’isola solo nel

1410. Mantennero salvi, invece, i principati genovesi e pisani, legandoli a sé.

Essi importarono in Sardegna il sistema delle assemblee di stati, tipico delle

monarchie di allora, nella forma delle CORTES.

Nell’ambito del diritto sardo, grande importanza ebbe la CARTA DE LOGU (uno

dei primi testi in volgare invece che in latino), raccolta di norme tratte dal

Corpus Iuris Civilis, Codice Teodosiano,

dal dalla legislazione bizantina, dal

(Decreto Decretali di Gregorio IX)

diritto canonico e e dalle consuetudini sarde.

Questa raccolta fu redatta probabilmente per la prima volta dal Giudice di

Arborea, Mariano IV; fu poi rimaneggiata dalla figlia, la Giudichessa reggente

Eleonora di Arborea. Si trattava di una raccolta inizialmente pensata solo per il

Giudicato di Arborea, ma nel 1421 il Re d’Aragona Alfonso il Magnanimo la

estese a tutta l’isola.

Il diritto comune accentuò la sua presenza soprattutto in età moderna, grazie

alla creazione (come in tutti i territori spagnoli) di un tribunale di vertice,

chiamato REALE UDIENZA (1564), con sede a Cagliari, che giudicava secondo il

diritto comune, in ultima istanza; le sue sentenze avevano valore di precedente

per i tribunali locali e di conseguenza il diritto comune venne progressivamente

recepito all’interno del Regno.

STATO DELLA CHIESA

Lo Stato della Chiesa (nel Basso Medioevo chiamato Patrimonio di San Pietro e

in età moderna Stato pontificio) comprendeva domini piuttosto eterogeni. Esso

comprendeva grosso modo i territori dell’ex Esarcato. Il controllo del Papa su

questi territori era più ideale che effettivo, perché si erano create molte

giurisdizioni locali (sia feudali sia comunali), che erano state molto potenziate

dalla Cattività avignonese.

Prima del periodo avignonese, questi territori erano stati divisi da Papa

Innocenzo III in:

TERRAE MEDIATAE SUBIECTAE: terre governate dai vassalli o dai comuni.

 TERRAE IMMEDIATAE SUBIECTAE: terre governate da funzionari

 direttamente nominati dal Pontefice.

Le città erano sottoposte ad un regime fiscale più severo, mentre i signori

feudali solitamente erano esentati dal pagamento di imposte. C’erano

essenzialmente 3 tipologie di imposte:

FOCATICO: era la modalità laica usata anche in altri Stati. La riscossione

 avveniva per FUOCHI (nuclei famigliari).

DECIME: era la rendita ecclesiastica, che doveva essere pagata da chi

 deteneva terreni della Chiesa. Consisteva nel pagamento della decima

parte dei frutti prodotti da quelle terre.

BENEFICI ECCLESIASTICI: derivavano da beni concessi ad ecclesiastici

 che avevano una determinata funzione, per permettere loro di

mantenersi. Su essi (considerati beni fruttiferi) gravavano imposte.

Le signorie feudali erano strutturate su modello di quelle imperiali. Questi

signori per conferire al proprio operato una legittimazione chiedevano al Papa

la nomina a vicario pontificio.

Durante il XIV sec. l’impostazione data da Innocenzo III venne

progressivamente ad indebolirsi. Nel 1345 Innocenzo VI inviò in Italia un proprio

legato, Egidio di Albornoz, a riorganizzare i territori della Chiesa e a riportare i

territori sotto il controllo della Santa Sede. D’Albornoz per alcuni decenni si

impegnò nel recupero del potere pontificio, contrattando coi signori locai

oppure combattendoli. Alla fine, riuscì a ripristinare parte della sovranità

territoriale papale. In un’assemblea a Fano (Marche) egli emanò una raccolta

Constitutiones Marchae Anconitanae.

normativa, nota come Qualcuno ha

sostenuto in passato che si trattasse di una raccolta valida per tutti i territori

pontifici; altri, invece, hanno pensato che riguardasse solo la Marca di Ancona.

Tale ultima ipotesi è più probabile perché molte norme riguardavano soltanto

quel territorio.

GLI STATI SABAUDO

Un altro Stato che si sviluppò secondo un’impostazione monarchica (anche se

solo nel XVIII secolo si potrà parlare di Re) fu la Contea e poi Ducato di Savoia.

Questa Contea si trovava, nell’Alto Medioevo e nella prima parte del Basso

Medioevo, all’interno del Regno di Borgogna e Arles, che comprendeva l’attuale

Savoia, Alta Savoia, una parte della Svizzera, dell’Italia alpina e della Borgogna.

Era un Regno organizzato secondo un sistema feudale. Uno di questi vassalli

era Umberto I Bianca Mano, considerato il capostipite della dinastia sabauda.

Egli aveva ricevuto una serie di feudi nella attuale Maurienne (valle che scende

dal traforo del Frejus verso la Francia) e Chablais (zona sul Lago di Ginevra,

intorno a Thonon-les-Bains). Egli fu un abile politico e si inserì in una lotta per la

successione al trono di Arles, tra l’Imperatore Corrado II il Salico e Oddone II di

Blois. Umberto appoggiò Corrado II, che ne uscì vittorioso, tant’è che il Regno

di Arles venne annesso all’Impero. Così il Bianca Mano ottenne un’espansione

dei propri territori, venendosi così a creare una signoria più omogenea, che

arrivava, in Italia, fino ad Avigliana (nella Val di Susa). Il figlio Oddone, abile

politico, sposò la figlia del Marchese di Torino Olderico Manfredi, Adelaide.

Quando il Marchese morì, poiché era senza figli maschi, i territori della Marca di

Torino (dal Piemonte settentrionale alla Liguria) passarono alla Contea di

Savoia. Nei secoli successivi alcuni territori furono persi, altri mantenuti e/o

ampliati. Tali territori furono assegnati a tre rami sabaudi:

SAVOIA (ramo principale): Savoia e altri territori aldilà delle Alpi.

 SAVOIA-ACAIA: Principato di Piemonte, con capitale a Pinerolo; Torino

 venne persa e fino alla fine del ‘300 resterà sotto il Marchesato del

Monferrato.

SAVOIA-VAUD: Contea di Vaud in Svizzera.

Alla metà del ‘200 i conti di Savoia cominciarono ad emanare norme. Abbiamo

statui sul notariato e sull’amministrazione della giustizia, emanati soprattutto

dal Conte Pietro II. Il diritto di emanare norme spettava all’Imperatore e i

signori feudali potevano emanare provvedimenti amministrativi (che norme

non erano). Era, però, anche vero che nel corso del XIII sec. i principi tedeschi,

vassalli dell’Imperatore, cominciarono ad emanare norme; però è altrettanto

vero che essi iniziarono a farlo in forza della loro potenza acquistata. Come mai

anche i conti di Savoia cominciarono a legiferare, pur essendo dei signori più

deboli? Probabilmente lo facevano per porsi al medesimo livello dei principi

tedeschi. Però, nei secoli successivi cominciarono a sentire l’esigenza di una

legittimazione, perché stavano commettendo un’usurpazione.

Nel Trecento, l’attività di governo dei Savoia divenne più centralizzata. Nel

1356, grazie ad una concessione dell’Imperatore, ottennero lo IUS DE NON

APPELLANDO per il loro tribunale di vertice, ossia concessero ai Savoia di

tenere tribunali di ultimo appello (che spettavano solo all’Imperatore). Nel 1365

i conti sabaudi ottennero il vicariato imperiale perpetuo (la concessione del

vicariato non perpetuo era già stata ottenuta qualche decennio prima), con

annesse le facoltà di emanare norme e altre prerogative imperiali (ad esempio

la possibilità di legittimare i figli illegittimi dei nobili).

Nel 1379 si ebbe una nuova raccolta di statuti (questa volta più ampia di quella

di Pietro II, legata a questioni sulla giurisdizione), ordinata da Amedeo VI. Qui

Corpus legum).

sono contenute norme che derogavano al diritto comune (detto

La raccolta normativa più importante fu quella del 1430 di Amedeo VIII. In

realtà, quella del 1430 era la sua terza e ultima raccolta (le prime due erano

più ridotte). L’ultima operava una riorganizzazione dei territori sabaudi.

Amedeo VIII nel 1416 ottenne dall’Imperatore Sigismondo il titolo di Duca di

Savoia; nel 1418, con l’estinzione del ramo Savoia-Acaia, riuscì a riacquisire i

territori piemontesi persi nel Duecento. Nel 1439 Amedeo VIII fu eletto dal

Concilio di Basilea, Papa, col nome di Felice V (la storia lo qualificherà come

Decreta seu Statuta vetera.

antipapa). La terza raccolta prese il nome di Con

essa si pose l’ambizioso obiettivo di porre ordine, non solo nell’organizzazione

territoriale, ma anche nelle fonti normative vigenti nel Ducato, dove vigevano

plurimi ordinamenti. Nel proemio, Amedeo, parlando dei suoi stati, usa sempre

respublica,

il termine termine molto significativo che i Romani usavano per

indicare lo Stato. Il Duca indica la seguente gerarchia delle fonti:

DIRITTO DEL PRINCIPE

 STATUTI LOCALI: quelli dei comuni, che erano stati approvati dal Duca.

 CONSUETUDINI: avevano lo stesso valore degli statui e valevano per

 quelle terre in cui vigeva un sistema di diritto consuetudinario, ossia la

Valle d’Aosta e il Vaud. Anch’esse devono essere approvate dal Duca.

Decreta

All’interno del testo dei (edizione fatta nel ‘500), alla fine del proemio,

c’è un riferimento al diritto comune: “salve sempre le sacre leggi divine e

umane dalla cui obbedienza e dal cui uso non vogliamo né intendiamo recedere

a causa di questi nostri statuti, come anche non dobbiamo farlo, ma dobbiamo

piuttosto conservare tutti quei precetti nelle materie nelle quali i nostri statuti

(non) dispongono diversamente” (anche nel caso in cui dispongano

diversamente, deve essere sempre rispettato il diritto comune; questo il

senso). Quanto detto in questa frase sembrerebbe in contrasto con la tendenza

dell’epoca, per cui il diritto comune aveva valore residuale (anche se con una

certa rilevanza perché il diritto dei principi e gli statuti locali lasciavano prive di

disciplina molte materie). I giuristi di età moderna si resero conto che quanto

detto nel proemio non corrispondeva affatto con quanto di prassi facevano i

duchi. Allora i giuristi del XVI sec., tra cui Antonio Sola, s’inventarono

un’interpretazione particolare: quando si dice che il diritto comune prevale

sulla legge del principe, si intendono, non le norme e regole specifiche del

diritto comune, ma i suoi principi generali (che sono quelli ulpianei del “non

danneggiare l’altro, vivere onestamente e dare a ciascuno il suo”). Quindi,

finché la legge del principe rispetta questi principi, può derogare al diritto

comune. In realtà, si è poi scoperto, andando a leggere il testo originario, che

nell’edizione cinquecentesca manca un “non” e, quindi, il senso è che, salvo

quando il diritto del principe e gli statui non dispongano divers

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
155 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lollop1998 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto medievale e moderno e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Piemonte Orientale Amedeo Avogadro - Unipmn o del prof Goria Federico Alessandro.