vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Il primo corpus iuris internazionalprivatistico è il ius gentium
È stato necessario creare il diritto delle genti perché il diritto romano distingueva tra i cittadini, cioè coloro che avevano lo status civitatis, un legame con Roma, dai c.d. peregrini, cioè gli stranieri, abitanti delle terre conquistate. Per regolare i rapporti tra cives e peregrini e tra peregrini fra loro era stato previsto questo sistema che comprendeva un organo giurisdizionale (il praetor peregrinus) che applicava il ius gentium nei casi di controversia.
La situazione cambiò nel 212 d.C. quando venne proclamata la Constitutio Antoniniana che estendeva la cittadinanza romana a tutti gli italici ed ai provinciali.
Caduto il sacro romano impero, con la costituzione dei regni barbarici si è ritornato al principio della personalità del diritto: a ciascun gruppo etnico si deve applicare il diritto a cui appartiene.
Nel sec. X c’è l’avvento del regime
feudale con un sistema autonomo di diritto e per la prima volta si viene ad affermare il principio della territorialità, cioè l'ambito di applicazione della legge è determinato in funzione al territorio, indipendentemente dalla nazionalità dei suoi abitanti (è il principio a cui si fa riferimento per i diritti umani, vedi l'art. 1 CEDU). L'applicazione del principio di territorialità trova anche una soluzione agli eventuali conflitti che possono sorgere attraverso una presunzione: si applica sempre la lex fori per cui ogni autorità giudica secondo le proprie leggi. Uno sviluppo del diritto internazionale privato si è avuto quando si è affermata la c.d. dottrina degli statuti. Finito il periodo feudale nascono delle città e, più enti nascono, più nasce la possibilità di relazioni e conseguentemente più conflitti. Ogni governo locale o centrale elabora sistemi di d.i.p. che cercano
Di darerisposta ai tre quesiti di cui sopra. Infatti contenevano regole per la ripartizione della giurisdizione, regole sul riconoscimento e l'esecuzione di sentenze straniere e regole sul conflitto di legge.
In questo sviluppo un ruolo fondamentale è svolto dai giuristi attraverso i consilia, i quali venivano pubblicati e contenevano la risoluzione delle controversie di questi organi.
Successivamente si afferma il diritto romano come lex communis omnium, cioè una legge comune a tutti che si occupava della soluzione dei problemi di coordinamento degli ordinamenti particolari. Nello specifico tali questioni erano oggetto di studio e risoluzione della scuola dei glossatori e da quella dei commentatori.
Lo statuto comunale aveva carattere personale cioè si poteva applicare solo ai sudditi, si comincia ad ipotizzare un conflitto di legge e un conflitto di giurisdizione. Gli statuti, infatti, distinguevano la legge del processo (legge che doveva applicare il giudice) e la
legge del merito se c'era un elemento di estraneità (che può essere anche una legge straniera) ecco la prima apertura verso ordinamenti stranieri, stabilendo dei criteri di collegamento. Si avvia il fenomeno di internazionalizzazione. Situazione italiana prima del 1995. Le norme di d.i.p. erano contenute negli artt. 17-31 delle Preleggi e sparpagliate nei vari codici (soprattutto in quelli di procedura civile e di procedura penale ma anche nello stesso codice civile) non c'era un vero e proprio sistema di d.i.p. Oggi le norme sono contenute in una legge organica (n. 218/1995). Il termine "privato" sta ad indicare che tali norme si riferiscono ad istituti giuridici privatistici (successioni, contratti, rapporti di famiglia). Si dicono internazionali perché riguardano rapporti tra individui che presentano un elemento di estraneità. Ciò non deve trarre in inganno, il d.i.p. è diritto interno, vale a dire che ogni Stato ha il proprio.(l'Italia ha il suo, la Francia ha il suo ecc...) semplicemente esso mette in collegamento il nostro ordinamento con ordinamenti stranieri.
Perché le norme di d.i.p. abbiano un'applicazione è necessario che l'ordinamento riconosca agli stranieri la possibilità di compiere atti giuridici nel nostro ordinamento.
La materia della cittadinanza e in genere del trattamento degli stranieri è regolato dal T.U. del 1988 e succ. mod. fino al decreto Salvini uno e bis.
Un altro articolo importante è il 16 delle Preleggi che prevede la possibilità che lo straniero abbia determinati diritti e doveri sulla base dell'applicazione del principio di reciprocità (i diritti allo straniero sono riconosciuti nella misura in cui lo Stato straniero riconosce i diritti agli italiani presenti nel paese). Il principio di reciprocità è finalizzato alla protezione degli italiani all'estero e viene inteso come una condizione di
efficacia delle norme che attribuiscono diritti agli stranieri. In più il co. 2 prevede che tali diritti si debbano estendere anche alle persone giuridiche straniere e in questo caso si applica la convenzione di Bruxelles del 1968. L'art. 16 Preleggi non riguarda, però, gli apolidi: la condizione di reciprocità non si applica nel caso in cui l'individuo non abbia un legame diretto con uno Stato. Il regime della reciprocità, invece, si riconosce a coloro che possono essere considerati rifugiati politici. La condizione di reciprocità non vale nel caso di diritto comunitario, la cittadinanza europea è una conseguenza della cittadinanza in uno Stato membro dell'Ue. L'ambito di applicazione della condizione di reciprocità va riducendosi sempre più anche con riguardo ai cittadini extracomunitari in base al principio di solidarietà. A tale principio si ispirano alcune nostre leggi (T.U. n. 286/1998). Il principio direciprocità è stato limitato dallo sviluppo delle norme di diritto internazionale sulla tutela dei diritti umani: l'art. 2 del T.U. sull'immigrazione del 1998 riconosce allo straniero, anche se entrato irregolarmente, alcuni diritti fondamentali. Allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti. Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l'Italia e la presente legge dispongano diversamente. Nei casi in cui la presente legge o le convenzioni internazionali prevedano la condizione di reciprocità, essa è accertata secondo i criteri ele modalità previste dal regolamento di attuazione. Lo straniero regolarmente soggiornante partecipa alla vita pubblica locale. Allo straniero è riconosciuta parità di trattamento con il cittadino relativamente alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministrazione e nell'accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla legge."
Nell'ottocento Savigny aveva messo in evidenza che l'apertura di un ordinamento giuridico a valori giuridici stranieri non comporta un vulnus in quanto ogni ordinamento può, in piena autonomia, disciplinare tale apertura. Dobbiamo confrontarci con gli altri ordinamenti regolamentando.
Nel nostro ordinamento quest'apertura c'è se si rispetta l'ordine pubblico, alcune norme straniere non possono essere eseguite in Italia perché contrarie all'ordine pubblico dello Stato, cioè ai principi fondamentali ma il
Il concetto di ordine pubblico è quanto mai elastico. C'è un ordine pubblico interno e un ordine pubblico internazionale, tanto è vero che si parla di un ordine pubblico moderato o temperato che si adatta sempre più a determinate circostanze (poligamia e Khafalah). Con la L. n. 218/1995 si ha un sistema di norme che comprende le regole per risolvere i conflitti di giurisdizione, le regole per risolvere i conflitti di legge, le regole per stabilire l'esecuzione delle sentenze.
Art. 1 L. n. 218/95 oggetto della legge. Evidenzia che la legge risponderà ai tre quesiti.
Art. 2 convenzioni internazionali. Stabilisce il valore nel nostro ordinamento delle convenzioni internazionali, in particolare le disposizioni della L. n. 218/1995 non possono pregiudicare le convenzioni in vigore, ed inoltre nell'interpretare queste convenzioni si farà riferimento alla convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969.
A seguito della riforma del titolo V
della Cost. quest’articolo 2 assume ancorapiù rilevanza perché le convenzioni hanno valore di norme interposte ancherispetto alla L. n. 218/1995.Nel capo 1 del titolo 3 sono state introdotte le regole di funzionamento cheindividuano attraverso quali modalità può avvenire l’applicazione da parte delgiudice italiano del diritto straniero.A livello dell’Ue, soprattutto dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, cheha ampliato lo spazio di libertà, di sicurezza e giustizia, le norme di d.i.p. sonosempre più applicate.Il 25 giugno 2019 il Consiglio d’Europa ha adottato il regolamento 2019/1111relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni inmateria matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e allasottrazione internazionale di minori, regolamento che diventerà effettivo dal 1agosto del 2022, regolando il diritto di famiglia, diritto non piùIl diritto internazionale privato (d.i.p.) è formato da diverse tipologie di norme. Innanzitutto, i regolamenti dell'Unione Europea hanno tolto forza alla Legge n. 218/1995, che ha un'applicazione residuale, così come le convenzioni internazionali.
Le norme del d.i.p. si distinguono in:
- Norme materiali: disciplinano direttamente una specifica fattispecie.
- Norme di conflitto: risolvono il conflitto tra due ordinamenti, indicando quale legge applicare. Queste norme possono essere di tipo personale o territoriale.
- Norme di conflitto unilaterali: indicano direttamente la legge applicabile.
- Norme di d.i.p. sulla competenza giurisdizionale: stabiliscono i casi in cui un giudice è competente per pronunciarsi su questioni transnazionali.