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Destinatari di aree e finanziamenti in favore della realizzazione di edifici di culto nella legislazione regionale

- Corte Costituzionale, sent. 27/04/1993 n. 195

- Corte Costituzionale, sent. 8/07/2002 n. 346

- Presidenza del Consiglio dei Ministri, ricorso 9/04/2015 n. 47

- Corte Costituzionale, sent. 24/03/2016 n. 63

Legge regionale n. 2/2015

Art. 1 (Modifiche alla L.r. Lombardia 12/2005)

Alla legge regionale 11 marzo 2005, n.12 (Legge per il governo del territorio) sono apportate le seguenti modifiche:

b) il comma 2 dell'art. 70 è sostituito dai seguenti:

2. Le disposizioni del presente capo si applicano anche agli enti delle altre confessioni religiose con le quali lo Stato ha già approvato con legge la relativa Intesa ai sensi dell'art. 8, terzo comma, della Costituzione.

2-bis. Le disposizioni del presente capo si applicano altresì agli enti delle altre religioni che presentano i seguenti requisiti:

a) presenza diffusa,

organizzata e consistente a livello territoriale e un significativo insediamento nell'ambito del Comune nel quale vengono effettuati gli interventi disciplinari dal presente capo;

I relativi statuti esprimono il carattere religioso delle loro finalità istituzionali e il rispetto dei principi e dei valori della Costituzione.

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Enti ecclesiastici che hanno una personalità di diritto civile: enti ecclesiastici civilmente riconosciuti che nascono grazie agli accordi tra Stato e confessione religiosa (noi ci concentriamo sulla Chiesa Cattolica).

Uno dei requisiti per il riconoscimento dell'ente è che l'ente svolga un'attività di culto e di religione (il legislatore addirittura le elenca espressamente nell'art. 16 L. 222/1985): ad es. quelle dirette alla cura delle anime, alla formazione del clero, ... Poi vi sono delle

Attività che non fanno parte delle attività religiose o di culto (elencate dall'art. 16 parte B)), come le attività di educazione, quelle commerciali o a scopo di lucro, ...

Nulla impedisce che l'ente ecclesiastico svolga anche attività diversa da quella di culto o di religione, che deve però essere quella principale (non può ad esempio essere principale un'attività economica o commerciale).

Un ente ecclesiastico può essere un'impresa? Sì, può svolgere attività d'impresa. Ma è altrettanto vero che la risposta (anche se positiva) non è così semplice. La Cassazione è intervenuta ed ha posto alcuni limiti allo svolgersi delle attività commerciali: vi sono alcune condizioni che valgono anche in realtà per gli enti senza scopo di lucro.

1ª condizione: l'ente può svolgere attività commerciale senza che vi sia però lucro

soggettivo (ossia la divisione dei vantaggi tra i soci, la ripartizione di utili tra i soci). Può però esserci un lucro oggettivo (ossia un guadagno, che non è ripartito tra i soci, ma che viene reinvestito nell'attività stessa). Anzi, la Cass. va oltre affermando che addirittura perché svolga attività commerciale non è sufficiente il lucro, ma basta che si punti al pareggio di bilancio: anzi, per meglio dire, è necessario che l'attività sia svolta con metodo economico (ossia si punti almeno al pareggio tra entrate ed uscite).

2ª condizione: le imprese, come sappiamo, possono fallire, ma l'ente ecclesiastico che svolge attività d'impresa può fallire? Non c'è una norma specifica (non norme pattizie, né norme unilaterali) che lo specifica. Una traccia è però presente nella legge dell'anno scorso sull'impresa sociale (tipo d'impresa creata

Nel 2005 e rivista nel 2017, che svolge attività socialmente utili, svolte in maniera imprenditoriale nel campo di salute, sport, immigrazione, ... ,e che ha una serie di vantaggi di tipo fiscale): l'ente ecclesiastico, che è anche impresa sociale, non può fallire (unica traccia riportata in un testo legislativo). Ma un ente ecclesiastico non impresa sociale può fallire? C'è, a tal proposito, giurisprudenza di merito che afferma come l'ente ecclesiastico possa fallire (ossia il suo ramo che svolge attività commerciale può fallire). In caso di fallimento non fallisce l'ente in quanto tale, ma solo la sua parte commerciale. E poi c'è la motivazione che dice che non si può procedere alla liquidazione dell'ente: perché, per il Concordato, l'ente può essere solo soppresso o estinto (e visto che fa parte del Concordato ed ha forza passiva rinforzata, tale regola non può

essere abrogata da una norma di legge ordinaria dello Stato). Ciò che viene liquidato per questi due istituti è quella parte del patrimonio dell'ente destinato all'esercizio d'impresa. I creditori dell'ente non possono far valere i propri diritti su tutto il patrimonio dell'ente ecclesiastico, ma solo su quella parte dell'ente riservata all'esercizio dell'attività economica d'impresa. Vi è quindi una parte dell'ente ecclesiastico fondamentalmente indisponibile. Come faccio a distinguere però i beni che fanno parte dell'equilibrio parte d'impresa e quali no? Sicuramente una discriminante è data dalla presenza del (che può essere anche una contabilità separata). C'è poi una norma del Codice di diritto canonico che prevede che il Vescovo possa indicare una sorta di patrimonio indisponibile dell'ente ecclesiastico (con decreto): è quel patrimonio minimo che

Permette di raggiungere gli obiettivi/finalità dell'ente stesso; per la giurisprudenza di merito, quel patrimonio indisponibile decretato dal Vescovo è patrimonio indisponibile anche per lo stesso Stato, che non può assolutamente aggredirlo (inoltre tale patrimonio non può neanche essere alienato se non con nulla osta del vescovo).

L'ente ecclesiastico che svolge attività commerciale (ma anche che non la svolge) è libero di svolgere la propria attività nell'ordinamento giuridico italiano: prima lo Stato italiano richiedeva autorizzazioni per alcuni negozi delle persone giuridiche (autorizzazioni che non ci sono più).

Tuttavia rimangono una serie di vi sono una serie di controlli/autorizzazioni richiesti dall'ordinamento canonico che hanno però un rilievo civile per lo Stato.

Se l'attività negoziale dell'ente non è autorizzata dal superiore canonico, ex art.

18 L. 222/1985, rilevanza civile dei controlli canonici. Tale attività è invalida o inefficace: vi è una Se l'attività è effettuata senza autorizzazione canonica, il negozio è nullo o annullabile? È solo annullabile su istanza dell'interessato, perché l'autorizzazione è un provvedimento integrativo della capacità (se manca l'autorizzazione viene meno un profilo di efficacia del negozio). La parte interessata che può richiedere l'annullamento per annullabilità dell'atto è l'autorità ecclesiastica (perché la norma è fatta/creata a tutela dell'autorità ecclesiastica). È inoltre necessario che il terzo abbia conoscenza di quei controlli necessari all'attività ecclesiastica.

L'ente ecclesiastico:

Il fine di religione deve essere "costitutivo ed essenziale". Un ente ecclesiastico può andare incontro ad una serie di modifiche e, addirittura, all'estinzione dell'ente ecclesiastico (o anche alla soppressione). Vi possono essere anche dei mutamenti accidentali nell'ente stesso: può cambiare la sede sociale ad es.; vi possono però essere mutamenti sostanziali nel modo d'esistenza degli enti stessi: mutamenti sicuramente più importanti (chiamati appunto mutamenti sostanziali).

Si dividono in mutamenti sostanziali:

  • che non facciano perdere uno dei requisiti per essere considerati enti ecclesiastici (che abbia sede in Italia, che sia approvato dall'autorità ecclesiastica, etc.). Ad es., l'ente ecclesiastico cambia attività di culto o di religione (magari prima svolge attività di educazione cristiana, mentre ora svolge attività di formazione del clero) per il quale era stato riconosciuto.
  • Ad es., abbiamo

Un'associazione riconosciuta dal vescovo della Diocesi per essere ente ecclesiastico, ma successivamente viene riconosciuta dalla Santa Sede (Romano Pontefice): anche qui vi è cambiamento sostanziale (perché cambia solamente l'autorità ecclesiastica che lo riconosce);- che invece facciano perdere uno dei requisiti per essere considerati tali. Ad es., l'ente trasferisce la sede all'estero (la sede in Italia è un requisito fondamentale); o l'ente comincia a svolgere attività commerciale al posto di quella di religione/culto in via principale. Qui, il decreto di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto può essere revocato dall'autorità amministrativa competente (in particolare con decreto del Ministero dell'Interno, sentita l'autorità ecclesiastica competente). In realtà, dovrebbe essere un Decreto del Pres. della Repubblica, ma una legge successiva al Concordato 1984 (come abbiamo

già visto) ha fatto transitare tale competenza al ministro competente/decidente (quello dell'Interno): la L. 222/1985 non può essere cambiata in base al nuovo decreto che fa transitare la competenza, perché essa ha resistenza passiva rinforzata (ed è necessaria una nuova intesa tra Stato e Santa Sede). Inoltre, in realtà, la legge L. richiedeva il parere del Consiglio di Stato (non vincolante, ma obbligatorio): in base alla 127/1997 (di semplificazione dell'attività amministrativa) sono state abrogate le disposizioni che richiedono il parere obbligatorio ma non vincolante del Consiglio di Stato (in realtà non potrebbe fare questo perché legge ordinaria che non può abrogare la L. 222/1985). Comunque, Santa Sede/Stato hanno diplomaticamente deciso che il parere del Consiglio di Stato sia facoltativo, ossia intervenga solo in casi piuttosto complessi/articolati. Il decreto di riconoscimento può essere revocato quindi.onsiglio di Stato, il termine per l'emanazione del decreto si sospende fino alla ricezione del parere stesso.
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A.A. 2019-2020
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SSD Scienze giuridiche IUS/11 Diritto canonico e diritto ecclesiastico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher LEX-MINATOR di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di diritto ecclesiastico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Bettetini Andrea.