Lezioni sui governatori provinciali
Secondo Cassio Dione, nel 27 a.C. le province sono divise in senatorie ed imperiali e nel 23 a.C. Augusto, deposto il consolato, ottiene un imperium proconsolare che si estende anche sulle regioni extra italiche e superiore a quello dei magistrati e dei governatori. Viene definito imperium maius et infinitum. Esso si distingueva per il suo carattere unitario. I governatori imperiali erano nominati dal princeps e all'inizio erano definiti legati imperiali e avevano gli stessi compiti dei governatori a capo delle province senatorie. Anche ai governatori eletti annualmente dal senato (province senatorie) era dato l'imperium. L'imperium conteneva sia il potere militare sia il potere di esercitare la giustizia. All'imperium era legato anche il potere di iuris dictio.
Annualmente i governatori emanavano un editto provinciale che andava a costituire la lex provinciae. Nei confronti dei cittadini romani vigevano le garanzie delle tre leges porciae.
In realtà non sempre tali garanzie erano rispettate. Verso i non cittadini il governatore in origine aveva una coercitio senza limiti. Ma come abbiamo visto con Verre esistevano dei frei a questa coercitio date dagli usi e da alcune consuetudini locali. Si rischiava il processo de repetundis. Poi c'erano dei limiti legati alla lex provinciae.
GLI EDITTI DI CIRENE
Augusto emana degli editti per la popolazione della Cirenaica, editti erano delle costituzioni che si rivolgevano ad una popolazione, ad un gruppo di soggetti ed introduceva delle regole generali. Nel tardo antico si rivolse a tutto l'impero. Introduceva delle regole per celebrare i giudizi criminali. Negli editti rimaneva il potere del governatore di erogare delle punizioni tanto verso i cittadini romani nella provincia quanto per i provinciali della zona. Questo potere si esplicava se i soggetti compivano degli atti di turbativa di ordine pubblico o di attacco alla princeps o a Roma. Importante di questi 4 editti della Cirenaica.
Il 4 lascia al governatore la possibilità di scegliere se condurre personalmente i processi capitali contro i locali non cittadini o se rivolgersi a un concilio di notabili locali greci per giudicare il provinciale. In realtà non c'è merò arbitrio del governatore, ma comincia ad istituzionalizzarsi anche nelle province un sistema ispirato alle quaestiones, togliendo parte della discrezionalità del governatore. Già in augusti si trova un atteggiamento benevolo verso i provinciali. Si introducono nuove garanzie dei provinciali, ma così parallelamente si riafferma l'autorità del princeps e di Roma nelle province. Quindi con queste concessioni in realtà riafferma la propria autorità ed il proprio potere anche nelle province. Più si dà attenzioni alle elites provinciali e più si rafforza il potere centrale. Si ha una graduale uniformazione della amministrazione della giustizia nelle province. Mommsen dice inveceche doveva essere giudicato da un tribunale imperiale. Inoltre, si iniziò a stabilire un sistema di appello più strutturato, in cui l'accusato poteva presentare un'istanza di appello direttamente all'imperatore. Questo processo di uniformazione dell'amministrazione provinciale sotto Augusto fu un importante passo verso la centralizzazione del potere imperiale. Tuttavia, come evidenziato dalle fonti storiche, l'evoluzione verso un sistema più standardizzato fu graduale e non immediata.Invece doveva mandare l'accusato dal princeps per il processo.
LE SANZIONI CAPITALI CHE IL GOVERNATORE POTEVA IRROGARE AI CITTADINI ROMANI
Nella tarda repubblica c'erano le guarentigie delle leges porciae che prevedevano che il governatore dovesse inviare il cittadino a Roma per il processo. Il cambiamento cominciò nel 2 secolo ci sono varie teorie a riguardo:
- Momnesn dice che nel 1 sec dc nella lex iulia de vi publica di augusto un caput della legge confermasse la provocatio ad populum per i crimini capitali per il cittadino romano. Ma momnsen dice che l'incremento del numero di casi che ci fu indusse il princeps stesso a delegare ai governatori il potere di decidere anche nel caso di giudizi capitali nei confronti dei cittadini romani. Diede al governatore lo IUS GLADDI, ossia di condannare a morte. Così questa prassi nata per alleviare il carico di lavoro si istituzionalizzò e divvenne generale nel 3 sec dc
- All'opinione di mommsen si oppose la
Teoria di Kunkel e poi di Gansey. Dicono che i governatori senatorii avrebbero avuro da sempre il potere di metter a morte i cittadini romani e potevano scegliere se mandarli a morte o al princeps. E solo i legati delle province imperiali avevano bisogno della delega dell'imperatore per mandare a morte i cittadini romani. Questa idea di potere diversa sembra essere non molto convincente. Il princeps sovrastava tanto le province senatorie quanto quelle imperiali. Quindi l'imperium dei due tipi di governatori non era così diverso – poi c'era quella di Bleicken che dice che tutti i governatori avevano poteri autonomi. Questa teoria si basa erroneamente sugli editti di cirene. E' una lettura forzata – poi c'è la teoria di Hugo Jones che disse che l'evoluzione fu tra Nerone e Domiziano. Qui si sarebbe ammessa per tutti i proconsoli la possibilità di perseguire i cittadini per qualsiasi illecito, purché perseguiti da LEGES PUBLICAE. Se
previsto da leges publicae poteva essere mandato a morte dal governatore anche il cittadino romano. Altrimenti si poneva nuovamente il problema della delega imperiale. Anche questa interpretazione non risulta del tutto convincente. Garsey arriva a sostenere che l'appellatio ad cesarem sia una evoluzione della provocatio, ma sappiamo che non è così. L'appellatio vale per ogni processo, mentre la provocatio solo per la pena capitale. Quindi per Garsen se un governatore mandava a morte un cittadino romano serviva l'approvazione del princeps imperiale per rendere esecutiva la condanna. Ma anche questa è una forzatura. Quindi di fatto la teoria che risulta preferibile è quella di Momsen. Quindi per tutto il 1° sec dc c'è una situazione fluida in evoluzione. Talvolta il privilegio del cittadino romano di andare a Roma a farsi giudicare è evidente, basti pensare al fatto che Plinio nel 103 si sente in dovere di inviare a Roma i cittadini romani. MaPoi ci sono casi di cittadini che non vengono mandati a Roma ma direttamente condannati a morte dal governatore. Si nota che fino all'inizio del 2° sec. d.C. sia fluida e spesso sia determinante la qualità personale del soggetto giudicato sia la scelta discrezionale da parte del governatore. C'erano casi di invio a Roma pensati come misura a cui il governatore arrivava perché la questione riguardava persone di rilievo pubblico. Qui il governatore mostrava di essere scrupoloso verso le garanzie del cittadino romano. Poi rimaneva un'area vasta di illeciti lasciata alla discrezionale coercitio del governatore, soprattutto per i crimini che mettevano in pericolo l'ordine pubblico ed impedivano di mantenere la provincia tranquilla. Quindi se c'erano dei sediziosi, dei briganti particolarmente noti, in questi casi si lascia ai governatori il potere di esercitare la coercitio, ossia l'utilizzo amministrativo e non giurisdizionale della forza. Riguardo allo ius gladi
non c'è un diretto collegamento. Lo ius gladi rientra nell'imperium del magistrato ed è qualcosa di diverso dal potere giurisdizionale, quindi lo ius gladi è più vicino alla coercitio immediata amministrativo (mero potere), mentre invece la giurisdizione penale è più complicata perché si rientra in questioni di iurisdictio. Quindi si gioca tra equilibrio tra potere del governatore e limiti adesso. Gli imperatori cercano di dare sempre più peso alle elites locali delle province. In tarda età antonina comincia ad emergere la distinzione tra honestiores e humiliores. Il paradosso, notato anche da jones (hugo jones) è che al termine della concessione della cittadinanza (fino all'editto di caracalla) il paradosso fu che gli honestiores mantennero i diritti dei cittadini, mentre gli humiliores, pur essendo cittadini, vennero trattati come prima venivano trattati i peregrini o addirittura gli schiavi. Gli humiliores cadderoin una condizione deteriore. La teoria di monsen sulla delega del potere per le cause capitali per i cittadini romani è giusta dove fa riferimento alla delega di potere. Ma è criticabile la stretta connessione che fa monsen tra la giurisdizione capitale e lo ius gladii. Il ius gladii si esplicava tramite la coercitio, che non era funzione giurisdizionale, ma mero esercizio di potere. La pena capitale rientra invece nel concetto di iuris dictio e di applicazione della giustizia. Quindi la delega del principe riguarda il potere di giudicare e non riguarda il ius gladii. Il collegamento con lo ius gladii non è del tutto conferente. Lo ius gladii è esercizio di potere che il pro magistrato ha, in quanto parte dal comando militare. Quindi la giurisdizione capitale è esercizio di funzione giurisdizionale, quindi la concessione di ius gladii non influisce sulla giurisdizione capitale. Tutti questi discorsi riguardano solo il processo del cittadino romano. La lex iulia.iudiciorum publicorum consolida l'ordo iudiciorum publicorum, ossia i iudicia publica, le questioni perpetue. Il 17 ac è fondamentale perché Augusto introduce nuove questione, dopo non verranno mai più introdotte questioni nuove con leges publicae, perché ormai i comizia erano diventati obsoleti che non avevano più alcun ruolo. A queste fattispecie venne comunque riconosciuta la funzione di essere fatispecie definitorie dei cosiddetti crimina ordinari. I relativi processi erano i iudicia publica che riguardavano i crimina e le pene previaste. Il iudicium era publicum perché lo era il crimen e la pena ed erano definiti tali anche nel caso in cui venisse celebrato il processo in sede di cognitiones. Le questiones erano limitate, quindi divenne inevitabile il problema di reprimere le nuove condotte illecite che fossero emerse. Quindi se si partiva dal sistema delle quaestiones cominciò ad essere seScarica il documento per vederlo tutto.
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