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VIOLENZA DI GENERE
Alle molestie quindi può essere applicata la tutela anti-discriminatoria. Cosa sono le molestie? Comportamenti indesiderati posti in essere per motivi di genere, di razza, di origine etnica ecc. aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona o creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo.
Cosa sono le molestie sessuali? Comportamenti indesiderati ma a connotazione sessuale espressi in forma fisica o verbale aventi lo scopo di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo.
Esistono anche altri tipi di violenza: la violenza fisica tout court; lo stalking = atti persecutori - comportamenti indesiderati molesti e persistenti con i quali una persona, lo stalker, perseguita un'altra, la vittima, cercando con lei ripetuti contatti, invadendo pesantemente la sua vita privata e provocando, con atteggiamenti
aggressivi o falsamente benevoli, disagio e paura; violenza psicologica; violenza sessuale; violenza economica; ricatti sessuali; mobbing = atti o comportamenti ripetuti nel tempo aventi normalmente connotazioni vessatorie e/o denigratorie tali da comportare un degrado delle condizioni di lavoro idoneo a compromettere la salute, la professionalità, la dignità del lavoratore o della lavoratrice, finanche da escluderlo dal contesto lavorativo. Non c'è un reato di mobbing perché non è una fattispecie facilmente tipizzabile: il mobbing può essere realizzato infatti attraverso le più diverse condotte. Spesso c'è il demansionamento, ma non è detto che ci sia sempre. La giurisprudenza chiede una durata minima di 6 mesi, ma può durare anche molti anni. La prova del mobbing si ha tramite la relazione tecnica di alcune cliniche specializzate -> assegnano una percentuale di danno che viene poi monetizzata. Vedi Convenzione di.Istanbul o legge di ratifica n.67/2013. Anche legge anti-violenza e legge anti- mobbing del Trentino a carattere ovviamente solopreventivo.
ISTITUZIONI A TUTELA DELLA PARITÀ DI GENERE:
Le linee direttrici in campo lavorativo riguardano- la progressiva estensione dell’accesso delle donne agli ambiti lavorativi dacui erano lungamente state escluse (vari settori del PI come la magistratura,la polizia, l’esercito);- la riaffermazione del divieto di discriminazione secondo una definizionemolto ampia che si conforma alle direttive europee e riguarda il lavoro siasubordinato sia autonomo, accompagnata dalla previsione di divieti in fasepreassuntiva di assumere informazioni circa lo stato di famiglia o digravidanza.
La maggior parte delle norme in materia sono confluite nel Codice di Pariopportunità di cui al d.lgs. 198/2006.
Il divieto di discriminazione è esteso nel campo soggettivo (anche aitransgender); la nozione è ampliata a diversi comportamenti e
concernealtresì la tutela della maternità e paternità. Il campo di applicazione oggettivo riguarda la fase precedente l'instaurarsi del rapporto di lavoro, la formazione professionale, l'accesso al lavoro, e le condizioni di lavoro e di licenziamento. Il principio di eguaglianza poi è stato esteso orizzontalmente oltre la dimensione extra lavorativa, in modo da assicurarne la più completa applicazione in vari ambiti, come l'accesso al credito, oppure ad altri beni o servizi, senza discriminazione anche in qualità di consumatori/trici in analogia con quanto previsto nei confronti delle discriminazioni per motivi di razza e di disabilità, ammettendo anche in questo caso discipline di favore se giustificate da obiettivi legittimi (in Italia questo principio ha avuto applicazione però in senso rovesciato, rendendo illegittime le clausole di miglior favore previste nei confronti delle donne nei contratti di assicurazione dei)veicoli sulla base del minor numero medio di incidenti). Le "affirmative actions" inizialmente si sono concentrate soprattutto sulla formazione professionale, per eliminare gli ostacoli nell'accesso al mercato del lavoro dovuti al minor livello di qualificazione delle donne. A partire dalla seconda metà degli anni '90, in sede internazionale ed europea, sono emersi con particolare rilievo gli obiettivi della partecipazione più complessiva delle donne alla vita pubblica, economica, culturale e politica nonché l'esigenza di un approccio integrato tra le diverse misure da applicare per favorire la realizzazione delle p.o. anche sul lavoro (es. l.n.53/2000 sui congedi parentali, formativi, e sul coordinamento dei tempi nelle città). Tra i primi provvedimenti va annoverata la l.n. 215/92 (ora art. 52 Codice PO) che prevedeva incentivi a sostegno della "imprenditoria femminile", con varie finalità: a) favorire la creazione elo sviluppo dell'imprenditoria femminile, anche informa cooperativa; ) promuovere la formazione imprenditoriale e qualificare la professionalità delle donne imprenditrici; ) agevolare l'accesso al credito per le imprese a conduzione o a prevalente partecipazione femminile; ) favorire la qualificazione imprenditoriale e la gestione delle imprese familiari da parte delle donne; ) promuovere la presenza delle imprese a conduzione o a prevalente partecipazione femminile nei comparti più innovativi dei diversi settori produttivi. Impugnata come potenzialmente lesiva dell'art.3, 1° c. Cost. è stata dichiarata dalla Corte Cost. con sent. 109/93 legittima, in quanto: - attuativa dell'art.3, c.2 Cost. - "le p.o. e le azioni positive sono il più potente mezzo di trasformazione sociale" Tuttavia, nel tempo sono emersi ostacoli di reperimento delle risorse atte a permettere i finanziamenti necessari. La normativa europea ha voluto da sempreSostenere il lavoro femminile (c'è da dire però che le norme europee hanno avuto un effetto positivo nell'ordinamento italiano, ma hanno travolto alcune forme di tutela nei confronti delle lavoratrici, perché ritenute da parte della CGUE incompatibili con il principio di eguaglianza, ad es. divieto lavoro notturno, età pensionabile anticipata, inizialmente salvaguardate dalla legge n. 903/77 sulla parità uomo/donna nel lavoro), e lo ha fatto ritenendo necessaria l'introduzione di una figura che potesse tutelare gratuitamente le lavoratrici oggetto di discriminazione di genere. Ovviamente anche nel caso ci fossero lavoratori uomini oggetto di discriminazione, la consigliera interverrebbe.
La direttiva 54/2006 rappresenta la normativa più recente in materia tramite essa sono state istituite negli SM alcune figure istituzionali:
- Consigliera di parità nazionale, regionale e provinciale.
- Nelle province autonome di Trento e Bolzano
contro le discriminazioni, anche mediante la progettazione di appositi pacchetti formativi;
diffusione della conoscenza e dello scambio di buone prassi e attività di informazione e formazione culturale sui problemi delle pari opportunità e sulle varie forme di discriminazioni;
verifica dei risultati della realizzazione dei progetti di azioni positive previsti dagli articoli da 42 a 46;
collegamento e collaborazione con gli assessorati al lavoro degli enti locali e con organismi di parità degli enti locali.
La consigliera può anche intervenire nei giudizi promossi dalla lavoratrice o dal lavoratore: intervento ad adiuvandum.
Accanto alla consigliera abbiamo poi la commissione per le pari opportunità, articolata anche questa a livello territoriale e quindi in particolare abbiamo la commissione provinciale per le pari opportunità, compito di sostenere lo sviluppo culturale delle pari opportunità e quindi del ruolo delle donne.
nella società. A livello locale c'è anche l'assessore alle pari opportunità, che ha compiti di natura politica, ad esempio promuove le leggi a favore delle pari opportunità, gli interventi regolamentari... A livello nazionale c'è anche il comitato nazionale di parità e il comitato nazionale per l'imprenditoria femminile. Gli enti pubblici (anche quelli privati, ma è più raro) possono poi istituire degli organismi di parità che si chiamano comitati per le pari opportunità e comitati unici di garanzia. Hanno il compito di risolvere i problemi relazionali che ci possono essere tra lavoratori e lavoratrici e anche con il management, situazioni di conflitto o di non benessere lavorativo. Adesso i CUG dovrebbero sostituire i comitati interni per le pari opportunità perché.