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Tra contratto nazionale e contratto aziendale non esistono livelli intermedi, se non in casi
eccezionali. Contratti regionali o provinciali sono possibili poiché tutto è possibile nell'ambito della
libertà sindacale, tuttavia rappresentano delle eccezioni.
Volendo fare gli esempi concreti potrebbe essere possibile che in provincia di Ascoli Piceno, dove è
sviluppato un forte settore artigianale calzaturiero, ci siano, oltre ad una grande impresa che può
permettersi un contratto aziendale, anche tante piccole imprese calzaturiere, con produttività alta, e
dunque margine per qualche miglioramento alle condizioni del contratto nazionale. Tali imprese
non sarebbero magari in grado di sviluppare contratti interni proprio, ma per una questione di
mercato, di distratto industriale, possono unirsi, dando vita ad un contratto provinciale.
Allo stesso modo, in Lombardia potrebbe esistere il contratto collettivo regionale dei dipendenti
della Regione (settore pubblico).
Il sindacalismo aziendale: i modelli RSA e RSU
A livello aziendale, i modelli RSA (Rappresentanza Sindacale Aziendale) ed RSU (Rappresentanza
Sindacale Unitaria) sono organismi di rappresentanza sindacale per i lavoratori dipendenti sia
pubblici che privati.
Si tratta di due modelli che riflettono l'organizzazione di coloro che hanno deciso di occuparsi della
tutela collettiva, e rispondono a due logiche diverse, caratterizzandosi di conseguenza come tra loro
alternativi ed incompatibili contemporaneamente.
Il modello RSA, definito associativo*, prevede che ogni sindacato costituisca una propria
rappresentanza in azienda, chiamata appunto RSA “di quel sindacato” (es. RSA della CISL), e
consente dunque ai lavoratori di trovare in azienda almeno tre RSA (quelle dei tre sindacati più
rappresentativi), se non di più, poichè ogni sindacato esprime il proprio pensiero in quell'azienda
con quel o quei sindacalisti (eletti dagli iscritti di quel sindacato per democrazia interna) che
costituiscono la RSA.
Fatti 100 i dipendenti dell'azienda considerata, dato il basso tasso odierno di sindacalizzazione, 80
si disinteresseranno della questione sindacale, ed i restanti 20, con il modello RSA, saranno dunque
divisi tra le varie rappresentanze sindacali, con conseguente evidenza, visibilità della concorrenza
tra sindacati.
Tale modello è costruito su rapporti di forza e strategia poiché le varie RSA porteranno le loro
proposte all'imprenditore, che potrebbe voler incontrare tali RSA, come non volerle incontrare, o
volerne incontrare alcune, ma altre no, e gli insoddisfatti (es. quelli che l'imprenditore non ha voluto
incontrare) proclameranno sciopero.
Il problema che si pone, che è il principale limite del modello RSA, è chiaramente quello della
legittimazione, poiché il fatto che l'80% dei lavoratori non risulti coinvolto nelle trattative, e che il
restante 20% si diviso per sigle sindacali porta le singole RSA, di fatto, ad aver poco peso in
azienda (es. un'RSA può anche proclamare sciopero per far valere le proprie ragioni, ma se sono 3
dipendenti a scioperare sui 300 in organico lo sciopero sarà ben poco efficace).
E' per questo che il modello RSU, definito elettivo*, parte dal presupposto di voler coinvolgere
quell'80% dei lavoratori che “sta a guardare”, dando l'opportunità anche ad essi di esprimere la loro
opinione.
“Nato” il 31 Marzo 1993 come evoluzione dell'RSA, il sistema RSU prevede dunque, come in parte
già accennato in un paragrafo precedente, di invitare ogni tre anni tutti i dipendenti dell'azienda,
iscritti o non iscritti che siano ad un sindacato, a votare** (con voto personale, uguale, libero e
segreto) una lista sindacale aziendale. Dal momento che ci si rivolge anche a non iscritti, un ruolo
fondamentale in tali elezioni svolgono, più che la sigla, i nomi dei candidati, poiché dato che in
azienda ci si conosce saranno le persone che appaiono più affidabili e degne di fiducia ad attirare
voti per la lista (si può esprimere preferenza non solo per la lista, ma anche per un nome specifico).
Gli esiti di tali votazioni indicano come al voto si rechino di norma dal 30 al 50% dei lavoratori, con
conseguente notevole aumento della rappresentatività della forza sindacale interna nei confronti
dell'imprenditore rispetto al modello RSA, e la percentuale d'affluenza è dunque decisiva in tal
senso.
In proporzione ai voti ricevuti, ogni lista riceverà un determinato numero di seggi della RSU, che si
caratterizza dunque come unico organismo rappresentativo dei lavoratori in quell'azienda, in cui ci
sono presenti persone iscritte a sindacati diversi, ed il funzionamento di tale RSU è basato sul
principio di maggioranza (l'esito delle votazioni è dunque di grande importanza in termini di
prevalenza del pensiero di una piuttosto che dell'altra sigla).
*[N.B.: Si è detto più volte sinora che i sindacati sono associazioni, e che i sindacalisti vengono
eletti, dunque i sindacati sono in un certo senso tutti associativi e tutti elettivi; l'accezione di tali
aggettivi in questo contesti è tuttavia differente].
**[La chiamata è al voto, e non alla partecipazione alle assemblee sindacali poiché lavoratori non
iscritti a sindacati non saprebbero nemmeno se andare all'assemblea di CGIL, CISL, o UIL].
Ne risultano vantaggi e svantaggi sia per l'uno che per l'altro sistema.
Il modello RSA, ad esempio, è adatto ad imprese con alto tasso di sindacalizzazione (in cui non ci
siano dunque problemi di legittimità), aventi un imprenditore in grado di interloquire con diverse
rappresentanze, tra le quali devono intercorrere rapporti leali tra RSA, ed in caso sindacati con idee
fortemente divergenti permette senza problemi la coesistenza di strategie diverse.
Il modello RSU, al contrario, risulta più adatto ad imprese con basso tasso di sindacalizzazione, in
cui i diversi sindacati siano in grado di accettare compromessi, e permette di opporre
all'imprenditore una maggior rappresentanza, con conseguente maggior significatività degli scioperi
indetti.
In FIAT, per portare un caso concreto, l'impostazione tradizionale era originariamente RSA (come
normale, poiché come visto il modello RSU è nato successivamente, come evoluzione di quello
RSA), ma si è poi modificato in RSU all'avvento di tale modello. Il tentativo di unire in un unico
organismo tutte le rappresentanze sindacali non si è tuttavia dimostrato di grande successo, poiché
date le dimensioni dell'impresa la RSU era molto numerosa (anche più di 30 persone), ed i conflitti
al suo interno eccessivi; da due anni si è dunque tornati al modello RSA poiché, come detto i due
modelli, in quanto opposti, non sono compatibili sincronicamente (quando un sindacato presenta
una lista all'RSU si autolimita infatti, impegnandosi a non creare una RSA finchè sarà in vigore
l'RSU), ma ne è possibile l'evoluzione storica.
In base a quanto detto, RSA ed RSU si configurano anche come due modelli di forza comparativa
dei sindacati (ovviamente, chi ha più iscritti/eletti all’interno dell'azienda è più forte rispetto agli
altri sindacati); non va tuttavia dimenticato che la vera forza sindacale va vista a livello nazionale,
valutando quanto un sindacato, da solo o con altri, riesca a scendere a patti con l'associazionismo
imprenditoriale.
La forza sindacale effettiva di determinate RSA ed RSU va dunque valutata in primo luogo
considerandone la posizione all’interno dell’azienda, ed in secondo luogo cercando di comprendere
se tale rappresentanza riesce anche ad entrare a far parte delle trattative nazionali.
In caso di modello RSA*, ogni imprenditore, valutati tali parametri, individuerà la rappresentanza
più forte nella propria azienda, e cercherà con essa il compromesso per la firma del contratto
collettivo di secondo livello (si tratta di una scelta molto delicata).
Al momento della firma, come già visto trattando dei contratti collettivi di primo livello, a seconda
delle condizioni di contratto, lo stesso sarà sottoscritto solo dall'RSA più forte, che ha condotto le
trattative, oppure anche da altre rappresentanze (solitamente quelle che hanno partecipato
attivamente nelle trattative); di norma, in ogni caso, tale contratto viene esteso anche alle parti
escluse dalle trattative, mediante la firma di un “sub-contratto” o “contratto fotocopia” (che avviene
senza trattative). La realtà dei fatti dimostra che il contratto di secondo livello viene di norma
firmato da tutte le RSA, forti o deboli che siano, ma esistono anche casi patologici per cui una
rappresentanza si opponga strenuamente poichè irriducibilmente contraria alle condizioni di
contratto (è quanto accaduto nel caso FIAT).
*[Ciò non accade nel modello RSU poichè, come indica l'acronimo stesso, in tal caso la
rappresentanza sindacale è unica, come descritto in precedenza, e non si ha dunque la competizione
tra più rappresentanze che caratterizza il modello RSA].
Nel modello RSU, come già detto, si hanno invece più sindacati che gestiscono organicamente le
trattative con il datore di lavoro ed il contratto di secondo livello viene firmato a maggioranza,
ragion per cui, anche in questo caso, sarà interesse dell’imprenditore individuare il “sindacato” più
forte in azienda (quello con più seggi nell'RSU), in modo da contrattare prevalentemente con esso.
Per gli imprenditori, l'individuazione della forza sindacale è dunque una questione di rilevante
importanza, e non solo a livello aziendale, poiché anche le associazioni imprenditoriali (es.
Federmeccanica) devono, per una miglior conduzione imprenditoriale, individuare con quale/i
sindacato/i iniziare le trattative e contrattare in via prevalente (es. CGIL, CSIL, UIL, ecc.)
I fenomeni inclusivi ed esclusivi sono molti ampi ed hanno rilevanza nazionale (fanno notizia anche
sulle pagine dei giornali), dunque la responsabilità delle associazioni imprenditoriali è
assolutamente rilevante, poiché in caso di errori si possono creare problemi tutt'altro che banali (si
veda l'ormai pluricitato caso FIAT, in seguito al quale sono stati per alcuni mesi in vigore due
contratti, firmati da sindacati diversi).
Da qui l’esigenza di individuare regole quantitative, quali quella citata tempo fa che prevede una
forza sindacale minima del 5% per l'ammissione di un sindacato alle trattative nazionali*, volte a
razionalizzare la trattazione nazionale.
Volendo riportare un attimo l'attenzione su tale regola, va detto che essa è in vigore dal 10 gennaio
2014 e deriva da un accordo tra i sindacati (è imposta i