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In caso di maternità / paternità nautrale, il congedo parentale è concesso alla madre per 6 mesi
all'anno ed al padre per 7 mesi all'anno, anche se con un totale massimo di 11 mesi*, fino al
compimento degli 8 anni da parte del figlio.
Madre e padre possono anche utilizzare in contemporanea i mesi concessi a titolo di congedo
parentale, ed il periodo indicato raddoppia (triplica, ecc.) in caso di parti gemellari: non viene
concesso un più lungo congedo di maternità, ma un più lungo congedo parentale.
*[Es. Se il padre usufruisce di 7 mesi di congedo parentale, alla madre ne rimangono 4].
In caso d'adozione, invece, il congedo parentale è utilizzabile come minimo nei 3 anni successivi
all'inserimento in famiglia del bambino, qualora questo avvenga tra i 6 ed i 12 anni del bambino.
In questi casi, la possibilità d'accesso ai congedi parentali cessa con il compimento dei 16 anni del
bambino, dunque con la sua maturazione della capacità di lavoro.
Il congedo parentale è pagato dall’INPS con un’indennità del 30% della retribuzione, ma solo per i
primi 6 mesi, e solo fino ai 3 anni d’età del bambino.
Con riferimento ai congedi parentali va detto che esistono anche i cosiddetti congedi per la salute
del bambino ed i cosiddetti riposi giornalieri, consistenti nella possibilità di restare a casa durante i
giorni di malattia del bambino, senza limite massimo fino ai 3 anni d’età del bambino, ma senza
alcuna retribuzione.
Sospensioni del rapporto di lavoro su iniziativa dell’imprenditore
Per sospensioni del contratto di lavoro su iniziativa dell’imprenditore s'intendono in realtà
sospensioni del rapporto di lavoro derivanti da problematiche legate all’impresa, che per questioni
di difficoltà economica potrebbe dover proporre la sospensione di uno o più rapporti di lavoro.
Si tratta di situazioni di crisi non così gravi da portare alla chiusura dell'impresa, ma di entità
comunque sufficiente a determinarne un'oggettiva difficoltà, a cui si può far fronte anche con questo
istituto.
Anche in questo caso, come visto per le sospensioni su iniziativa del lavoratore, è l’INPS a
provvedere alla tutela dei lavoratori, e ciò avviene tramite la cosiddetta Cassa Integrazione
Guadagni, con la quale viene mensilmente erogato ai lavoratori sospesi un ammontare pari all'80%
della loro retribuzione.
Naturalmente, affinchè sia applicabile l'istituto della Cassa Integrazione Guadagni deve sussistere
una seria possibilità che il lavoratore ritorni al suo posto di lavoro una volta superate le difficoltà
dell’impresa, poiché in caso contrario la tutela dell’INPS ai lavoratori dovrebbe concretizzarsi in un
altro istituto, ossia quello dell'indennità di disoccupazione involontaria.
Al fine di distinguere tra tali fattispecie, l'INPS richiede all'impresa un'articolata documentazione
che provi le difficoltà d'impresa, e la loro gravità, da cui dipenderà sia la "forma" della sospensione,
sia il periodo di sospensione dei contratti di lavoro. La sospensione potrebbe infatti essere sia totale,
che parziale: in quest'ultimo caso, i lavoratori soggetti alla sospensione non verrebbero
completamente "lasciati a casa", ma vedrebbero ridotto il propri orario (anche fino a sole 16, 8, 4
ore a settimana), e ciò se da un lato realizza l'obiettivo aziendale di ridurre l'attività, mantenendo
comunque un numero minimo di ore di apertura degli impianti, dall'altro crea anche per il
lavoratore una situazione psicologicamente migliore rispetto alla totale mancanza d'impiego.
Le difficoltà dell’impresa possono derivare da:
• Eventi imprevisti (es. incendi, furti, alluvioni, terremoti, ecc.)
In tali casi il periodo massimo di sospensione del rapporto di lavoro è di 3 mesi, prorogabili
per un massimo di 3 volte (per un totale massimo 12 mesi).
• Temporanee situazioni sfavorevoli di mercato
Anche in questo caso il periodo massimo di sospensione del rapporto di lavoro è di 3 mesi,
prorogabili per un massimo di 3 volte.
• Ristrutturazione/riconversione d’impresa
In questo caso la sospensione del rapporto di lavoro non avviene a causa di difficoltà o crisi
dell'impresa, ma per permettere all'impresa stessa di rinnovarsi o riconvertirsi.
Il periodo di sospensione consentito è in questo caso di 2 anni, con due eventuali proroghe
di 1 anno.
• Intervento straordinario per crisi aziendale.
Il periodo di sospensione massimo previsto in caso di intervento straordinario per crisi
aziendale è di 12 mesi.
Poichè nel corso della vita d'impresa è possibile che siano richiesti più interventi straordinari
va detto che, tra uno e l'altro deve passare un intervallo di tempo almeno pari ai 2/3 del
periodo di sospensione richiesto precedentemente
[Es. Se un'impresa richiede 6 mesi di sospensione dei contratti di lavoro, devono trascorrere
almeno 4 mesi prima che l'impresa stessa possa richiedere un nuovo intervento straordinario
per crisi aziendale].
• Insolvenza dell’impresa
La sospensione per insolvenza d'impresa viene richiesta in caso d'apertura di una procedura
concorsuale (es. fallimento, concordato preventivo, amministrazione straordinaria
dell’impresa in crisi, ecc.). Essa ha durata massima di 1 anno, prorogabile per ulteriori 6
mesi (per un massimo totale di 18 mesi), al termine dei quali l'insolvenza dell'impresa verrà
automaticamente considerata grave ed irrisolvibile, con conseguente licenziamento dei
lavoratori.
Posto che un'impresa versi in una delle condizioni qui descritte, e che debba dunque provvedere alla
sospensione di alcuni contratti, quali lavoratori saranno “messi” in cassa integrazione?
Qualora un'impresa dovesse chiudere, tutti i lavoratori andrebbero in cassa integrazione, ma se la
chiusura dell'attività dovesse essere parziale, e riguardare dunque solo un impianto, o alcuni degli
impianti, come scegliere chi mantenere in azienda e chi sospendere?
L'amara decisione dipende dal reparto di appartenenza e dalle mansioni del lavoratore; a parità di
tali condizioni, tuttavia, non è possibile imporre arbitrariamente ad alcuni lavoratori la sospensione
del rapporto di lavoro e ad altri no, dunque il datore di lavoro dovrò assegnare la cassa integrazione
secondo un criterio di rotazione: vengono individuate le mansioni dichiarate sospette, ed il datore
farà “ruotare” i dipendenti adibiti a quelle mansioni, in modo da escludere qualsiasi ipotesi che il
lavoratore cassaintegrato sia un lavoratore pre-licenziato.
La legge non impedisce ai lavoratori cassaintegrati la ricerca di un altro lavoro, ma qualora questi
dovessero trovare una nuova occupazione decadrebbero dal diritto dell'indennità di Cassa
Integrazione Guadagni.
Come argomentato in uno degli approfondimenti, purtroppo tale situazione si presta ampiamente ad
abusi, poiché, ad esempio, un lavoratore occupato “in nero” continuerebbe a percepire l'indennità di
cassa integrazione, pur percependo anche lo stipendio derivante dal suo lavoro sommerso.
Contratto di solidarietà
A causa della crisi che dal 2007 colpisce l'economia globale, nel 2008 è stato ripreso un istituto
introdotto per la prima volta in Italia nel 1994 che interviene non sulle sospensioni totali o parziali
momentanee del rapporto di lavoro, ma sulle riduzioni definitive d'orario.
Come visto tempo fa, la modifica dell'orario di lavoro richiede di norma il consenso del lavoratore;
esistono tuttavia casi in cui un imprenditore “si trovi costretto” a ridurre definitivamente gli orari
dei lavoratori per evitare di aggravare una situazione di crisi che potrebbe altrimenti sfociare nella
chiusura dell'impresa.
In tali situazioni la legge prevede un istituto straordinario attraverso il quale anche in assenza del
consenso dei lavoratori, ma a patto che vi sia il consenso del sindacato, un imprenditore può ridurre
in via definitiva l'orario dei propri dipendenti previa dichiarazione all'INPS, che provvederà ad
erogare ai lavoratori disponibili all'accordo (gli altri si dimetteranno) una somma pari all'80% della
retribuzione persa a seguito della riduzione dell'orario di lavoro.
Un simile istituto altro non è che un'applicazione speciale della Cassa Integrazione Guadagni, e può
durare al massimo per 1 anno, con possibilità di proroga per ulteriori 6 mesi.
L’accordo del sindacato viene detto contratto di solidarietà, ed è un patto collettivo (firmato dal
sindacato, non dai singoli lavoratori) che autorizza l’INPS all'erogazione delle somme di cui si è
detto (oggi pari all'80% della retribuzione persa, ma in passato, alla nascita dell'istituto, pari solo al
60% della stessa).
La cessazione del rapporto di lavoro
La legislazione in materia di cessazione del rapporto di lavoro è piuttosto stratificata: la prima
norma in materia, ancor oggi in vigore e contenuta nel Codice Civile, risale al 1942, e ad essa se ne
sono aggiunte altre nel 1966, nel 1970, poi modificata nel 1990, nel 2012, e nel 2015 (D.Lgs
23/2015 – Contratto a tutele crescenti).
Come vedremo, tali norme riguardano prevalentemente il licenziamento nell'ambito dei contratti di
lavoro subordinato a tempo indeterminato, con conseguente maggior semplicità, normativa e
pratica, della cessazione dei rapporti di lavoro in caso di contratti di lavoro autonomo, subordinato a
tempo determinato, o subordinato a tempo indeterminato in caso di dimissioni, ma procediamo con
ordine, analizzando una per una tali fattispecie.
La cessazione del rapporto per lavoratori autonomi e
lavoratori subordinati a termine
Come detto, la complessità dei vari istituti che contribuiscono alla cessazione del rapporto di lavoro
riguarda prevalentemente il tema del licenziamento nei contratti di lavoro subordinato a tempo
indeterminato; i contratti di lavoro autonomo, e di lavoro subordinato a termine hanno infatti in sé
una “scadenza” già per propria natura, e sono dunque di più semplice risoluzione.
Con riferimento al lavoro autonomo non si può parlare di licenziamento, poiché ciò presupporrebbe
un impegno senza scadenza del lavoratore autonomo, che si impegna invece sempre e soltanto a
scadenza (es. collaboratore), od occasionalmente (es. ciabattino, o artigiano in genere).
Le uniche discipline applicabili a riguardo sono dunque dunque quella del recesso ante tempus del
committente, per quanto riguarda il lavoro autonomo a scadenza, applicabile però soltanto in
presenza di una situazione oggettiva costituita alternativame