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REGOLE DI CONTINGENTAMENTO
Gli incentivi vanno quindi legati a dei limiti massimi di apprendisti che un datore può assumere, e tali regole prendono il nome di regole di contingentamento.
Ovvero i limiti al numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere con contratto di apprendistato, direttamente o indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione:
- Datori di lavoro che occupano un numero di lavoratori fino a 9 unità: 1 qualificato / 1 apprendista (rapporto 1/1);
- Datori di lavoro che occupano un numero di lavoratori superiore a 9 unità: 3 apprendisti / 2 qualificati (rapporto 3/2);
- Il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o che comunque ne abbia in numero inferiore a 3, può assumere apprendisti in numero non superiore a tre;
- È esclusa la possibilità di utilizzare apprendisti con contratto di somministrazione a tempo determinato;
- Non si
STABILIZZAZIONE
Per poter assumere nuovi apprendisti bisogna almeno averne stabilizzato qualcuno.
DATORI DI LAVORO CON ALMENO 50 DIPENDENTI
L'assunzione di nuovi apprendisti è collegata alla prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto al termine del periodo di apprendistato, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno:
- Il 20% degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro;
- I contratti collettivi nazionali possono individuare limiti diversi.
Gli apprendisti assunti in violazione dei limiti sono considerati ordinari lavoratori subordinati a tempo indeterminato. Dovrebbe esistere un libretto formativo, dove l'apprendista nel momento in cui frequenta dei corsi deve inserire.
2. Il rapporto di lavoro a termine
Il contratto di lavoro a tempo determinato rispetto alla forma comune di rapporto di lavoro è caratterizzato dalla presenza di una scadenza, all'arrivo della quale il rapporto
Il contratto a tempo determinato è un tipo di contratto che ha una scadenza prestabilita, che può essere una data certa o la conclusione di un evento specifico. La stipula di un contratto a tempo determinato comporta automaticamente la cessazione del rapporto di lavoro alla data stabilita o alla conclusione dell'evento per cui è stato stipulato il contratto.
Il contratto a tempo determinato è un'eccezione al contratto a tempo indeterminato e deve essere necessariamente redatto per iscritto. Solo nel caso in cui la durata del contratto sia inferiore a 12 giorni, può essere stipulato verbalmente.
La forma scritta è importante perché in assenza delle caratteristiche fondamentali del contratto a termine (come la specificazione della durata, la mancanza di retribuzione o l'assenza di un evento certo che determini la fine del rapporto di lavoro), il contratto diventa automaticamente un contratto a tempo indeterminato.
Nel corso degli anni, il contratto a termine è stato considerato un incentivo per le aziende per favorire l'occupazione.
Nei momenti di recessione è difficile avere un lavoratore a tempo indeterminato, è però un contratto precario, poiché non dà certezza al lavoratore.
La disciplina del contratto a termine dal 1962 ad oggi
La rigidità dell'assetto del 1962
La legge n. 230/1962 può essere definita come la disciplina capostipite riguardante il contratto a termine, fino al 2001. L'inserimento di questo contratto è stato molto rigido. Veniva confermata la presunzione secondo cui il rapporto si doveva considerare a tempo indeterminato, salvo che non fosse esplicitamente pattuita la clausola del termine. L'assunzione a termine poteva avvenire solo per attività o lavori tassativamente elencati per legge, vi erano quindi delle causali tassative. (per questo si parla di rigidità dell'assetto)
Esempio di causali:
- quando ciò sia richiesto dalla speciale natura dell'attività lavorativa derivante dal carattere stagionale
della medesima;- quando l'assunzione abbia luogo per sostituire lavoratori assenti e per i quali sussiste il diritto alla conservazione del posto, sempreché nel contratto di lavoro a termine sia indicato il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione.(Art. 1 L. n. 230/1962) 'Ammorbidimento negli anni '70- 80 delle causali
Vi è stato un allargamento delle ipotesi ammesse per attivare un contratto a termine (L. n. 18/1978; L.n.79/1983). La più ampia libertà di attivare un contratto a termine e l'allargamento delle ipotesi permettevano una maggior opportunità di flessibilizzazione del lavoro da offrire all'impresa. Ulteriore processo di delegificazione delle ipotesi di legittima apposizione del termine al contratto fu raggiunto tramite l'art. 23 della L. n. 56/1987: era consentito ai CCNL stabilire ipotesi ulteriori per l'apposizione del termine sul contratto. 'Il Contratto a termine come
strumento di flessibilità e di incentivo all'occupazione: Il d.lgs. N.368/2001
Nel 2001 il contratto a termine inizia ad essere visto come strumento di flessibilità e di incentivo all'occupazione. Vengono eliminati le causali tassative, si passa da Causali tassative ad un' unica causale generale. ➔ Causale che ammetteva l'utilizzo di un contratto a tempo determinato "a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'impresa".
Riforma Monti-Fornero: L. n. 92/2012
Per incentivare l'occupazione il governo Monti introdusse una prima eccezione alla regola della causalità del lavoro a tempo determinato, modificando il 1° co. dell'Art. 1 del D.lgs. 368/2001.
La necessità del requisito causale non era da applicare nell'ipotesi del primo rapporto a tempo determinato, di durata non superiore a 12 mesi.
Rimaneva la regola della
causalità per i successivi rapporti di lavoro tra le parti.
Liberalizzazione del Contratto a termine: il D.lgs. n. 81/2015
Con questo decreto, si procede all'abrogazione della legge del 1962, viene meno il requisito causale e viene posto un termine al rapporto di lavoro, per ogni contratto stipulato tra datore di lavoro e lavoratore.
Il contratto a termine rimane comunque un'eccezione al contratto di lavoro a tempo indeterminato con diversi requisiti, mantenuti in larga parte nel c.d. Decreto Dignità, con qualche modifica su durata, proroghe e condizioni per contratti più lunghi di 12 mesi.
Durata massima 36 mensilità;
5 proroghe max;
Nessuna motivazione per l'apposizione del termine;
L'idea era liberalizzare il contratto a termine nell'ottica di incentivare l'occupazione, mantenendo sempre la centralità del contratto di lavoro a tempo indeterminato -> Forma comune di impiego.
Legge 96/2018 di conv. D.L. 87/2018: il c.d.
Decreto Dignità
Con il decreto dignità, vengono reintrodotte delle causali come condizione legittima per il primo contratto a tempo determinato (CTD) se superiore a 12 mesi. Per primo contratto a tempo determinato inferiore a 12 mesi non è comunque richiesta nessuna causale.
Le causali previste sono:
- Esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività (impresa che deve rinnovare il magazzino e quindi decide di occupare nuovi lavoratori a tempo determinato);
- Esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
- Esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria (tipo nuove commesse per l'impresa).
In caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a 12 mesi in assenza delle causali, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di 12 mesi.
Disciplina transitoria
È stata apposta una disciplina transitoria
che prevede che le nuove disposizioni contenute nel c.d. "DecretoDignità" si applicano ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore (14 luglio 2018), nonché alle proroghe e ai rinnovi successivi al 31 ottobre 2018. Il jobs act dava 36 mesi come tempo massimo, il decreto dignità abbassa la durata massima del contratto a 24 mesi. Ci sono alcuni requisiti ai quali il contratto di lavoro a termine deve sottostare e che nel caso non fossero rispettati potrebbero portare o a sanzioni amministrative o alla conversione del contratto a tempo indeterminato. I requisiti del contratto di lavoro a tempo determinato sono: 1) Il numero complessivo di contratti a tempo determinato non può eccedere il limite del 20% del numero di lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell'anno di assunzione, tranne alcune categorie specificate per legge (start-up entro 4 anni dalla loro costituzione,attività stagionali, sostituzione di lavoratori assenti). Tale disposizione è derogabile dalla Contrattazione collettiva. La violazione del limite quantitativo porta ad una sanzione amministrativa. Impresa con max 5 lavoratori può avere 1 solo lavoratore a termine.
2) Contratto a termine di durata non superiore a 24 mesi. La durata del rapporto tra datore e stesso lavoratore, per effetto di successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, non sia superiore a 24 mesi. Limitazione derogabile dalla Contrattazione Collettiva o per le attività stagionali.
3) Proroga: Il rapporto può essere prorogato per un massimo di 4 volte (nel Jobs act era 5, alla sesta proroga si passava da contratto a tempo determinato a contratto a tempo indeterminato), solo se la durata iniziale del rapporto sia inferiore a 12 mesi. Se si va oltre i 12 mesi (inteso CTD + proroga) occorre apporre una causale. Irrilevante il numero dei
contratti.
4) Riassunzione a termine successiva alla scadenza di un precedente contratto a termine
Il limite per il datore di lavoro è quello di non riassumere il lavoratore dopo 10 giorni (contratto inferiore a 6 mesi) o 20 giorni (contratto superiore a 6 mesi) dalla scadenza del termine del precedente contratto, in base alla durata dello stesso, per non essere sanzionato. Non valido per attività stagionali.
5) Moratoria per continuazione del rapporto dopo la scadenza
Possibilità per il datore di far continuare il rapporto di lavoro a termine dopo la scadenza per un periodo di tempo disposto per legge, durante il quale si azionano sanzioni amministrative (ad esempio per il passaggio delle consegne).
I divieti del Contratto a termine
L'assunzione a termine è vietata nei seguenti casi:
- Sostituzione di scioperanti (si andrebbe a denigrare la motivazione per cui il lavoratore ha scioperato);
- In aziende che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi per la
sicure