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DISCIPLINA DELL’INSTITORE:
Tema d’esame del 7 gennaio 2010
Tizio, imprenditore, esercita un’attività di compravendita di pregiati tessuti inglesi e ormai in età avanzata
non riesce a stare dietro a tutte le attività legate alla gestione, così decide di affidare la gestione ad un suo
amico, Caio e nel frattempo di cercare qualcuno che sia disposto ad acquistare l’azienda. Tizio ha sempre
acquistato tessuti da 10 fornitori, ed ha comunicato oralmente a Caio che doveva continuare a fornirsi da
quelli stessi fornitori. Tuttavia Caio conclude l’acquisto della partita dei tessuti con un fornitore diverso,
spinto dalla particolare convenienza del prezzo. Il contratto è concluso senza spendere il nome di Tizio.
Dopo qualche giorno Caio si convince dell’opportunità di acquistare una partita di thè molto pregiato e
particolarmente costosa da omaggiare ai clienti che spendono più di 1000 £. Contratto concluso spendendo
il nome di Tizio, venuto a conoscenza di questi fatti Tizio revoca immediatamente l’incarico a Caio e
contestualmente riceve da un altro soggetto, Sempronio, la proposta di conferire l’azienda in una
costituente società avente ad oggetto la compravendita di tessuti non italiani, Tizio accetta a condizione
che l’atto costitutivo gli riconosca il potere di nominare un amministratore.
1.Qual’è il ruolo di Caio all’interno dell’impresa? Quali sono i suoi poteri e doveri? Cosa può fare Tizio a
fronte delle operazioni di acquisto di tessuti da un fornitore diverso e a fronte dell’acquisto della partita di
thè? 41
2. Cosa occorre per conferire l’azienda.
1. Caio essendo stato preposto all’impresa è un institore di carattere generale, sorta di direttore generale
che è stato preposto all'intera impresa di Tizio, Tizio sostituisce a se stesso un collaboratore con riferimento
all’intera impresa. Sarebbe stato comunque un institore nel caso in cui fosse stato collocato ad un
eventuale sede secondaria e lo sarebbe anche se fosse stato collocato all’interno di un’impresa. Quando c’è
un institore collocato ad una sede secondaria o ad un ramo di impresa, può accadere che gli institori
all'interno dell’impresa siano due o più. Ci può essere un direttore generale che è un direttore di filiale,
oppure un direttore specifico che è al reparto produttivo a cui è stato collocato. Quando ci sono due
institori bisogna capire come si esercitano i poteri di ogni institore nei confronti dei quelli degli altri. In
questo caso l’esercizio dei poteri dei singoli institori è un esercizio di carattere disgiunto, ovvero si possono
esercitare i propri poteri a prescindere, senza coordinarmi e senza dover dar conto agli altri institori, questi
poteri possono essere usati maniera disgiunta rispetto a gli altri institori. Il direttore generale decide per
l’impresa, il direttore di filiale decide per la filiale ma non vie è un obbligo di coordinamento tra i due
poteri. Anche questa autonomia può essere limitata, quindi l’esercizio può diventare potere congiunto,
l’esercizio del potere di uno deve essere coordinato con l’esercizio del potere di un altro soggetto. Quando
si stabilisce un esercizio congiunto del potere si deve rilasciare una procura perché l’esercizio congiunto del
potere è una limitazione. Questo limite deve essere reso opponibile nei confronti di terzi, viene apposto
attraverso la procura, rendendo congiunto il potere e dovrà essere opposto nei confronti dei terzi e quindi
la procura opponibile dovrà essere iscritta nel registro di terzi. Questo contratto è efficace? Dipende se il
limite può essere opposto nei confronti dei terzi, se la procura contenente questo limite iscritta nel registro
delle imprese è certamente opponibile oppure non è opponibile e quindi il contratto vincola l’impresa. I
poteri e i doveri: l'esame di questi due elementi è importante perché permette di capire le sorti dei
contratti a cui il caso faceva riferimento. La norma dei poteri dell'institore è l’articolo 2204 che stabilisce il
potere dell’institore e gli permette di compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell'impresa a cui è
preposto.
Art 2204: L’institore può compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa a cui è preposto, salve le
limitazioni contenute nella procura. Tuttavia non può alienare o ipotecare i beni immobili del preponente,
se non è stato a ciò espressamente autorizzato. L’institore può stare in giudizio in nome del preponente per
le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell’esercizio dell’impresa a cui è preposto.
Il problema è capire cosa significa criterio di pertinenza e quando questo criterio è rispettato, esempio
comprare tessuti da un altro fornitore è un atto pertinente all’impresa. Comprare partite di thè non è
strettamente un atto pertinente ma potrebbe diventare pertinente se si guarda questa operazione
nell’ottica di fidelizzare il cliente. Non esiste un criterio che permetta di capire quando l’atto è pertinente
oppure non lo è, quindi il criterio della pertinenza lo verifico in concreto, criterio elastico, non permette di
dire a priori ed ex ante se una operazione ricade oppure no nell’ambito del perimetro dell’impresa. Per
attribuire un giudizio di pertinenza guardo il fine dell’impresa; esempio: un institore aveva compiuto un
atto di beneficienza regalando un autoambulanza spendendo 100000 £, un atto di questo tipo può essere
considerato pertinente devo guardare i 100000£ cjhe dipendono dalla dimensione del volume di affari
dell’impresa, se l’impresa ha un volume di affari più di 100000£ allora quest’operazione è sostenibile e
quindi l’acquisto del mezzo può essere pertinente, se il volume di affari non è così ampio , l’acquisto del
mezzo non è pertinente, quindi guardo la pertinenza con riferimento alle specifiche circostanze, oltre alla
natura dell’atto in relazione al fine. Tutto quello che rientra nell’ambito della pertinenza può essere
compiuto dall’institor, questo criterio è elastico, non discrezionale e può essere determinato dalla natura
dell’atto e dalle circostanze in cui l’atto viene compiuto. L’institore non può compiere degli atti non
pertinenti l’impresa, nel caso in cui l’institore compia un atto impertinente è come se fosse un falso
procurator, quello che non ricade nella pertinenza dell’impresa è qualcosa che non impegna, vincola
l'impresa quindi il contratto sarebbe inefficace perché esercitato da un soggetto che non ha poteri per
compierlo. Con riferimento alla partita di thè, è vero che potrebbe essere considerata come un atto
pertinente, ma potrebbe essere anche considerata un atto eccedente i limiti della pertinenza, quindi
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l’acquisto di partite di thè da parte di un’impresa che compra e vende tessuti potrebbe non funzionare, non
essere coerente e quindi essere esterno al perimetro della pertinenza e questo acquisto sarebbe un atto
non efficace, l’atto quindi di conseguenza non vincola il preponente. L’acquisto di una partita di tessuti
sebbene da un fornitore diverso è un atto che rientra nella pertinenza dell’impresa, il caso ci dice che da un
lato l’institore non poteva fornirsi da altri fornitori diversi rispetto a quelli tradizionalmente utilizzati
dall’imprenditore ma questo limite è stato formalizzato attraverso un messaggio orale, quindi certamente il
fatto che io acquisti tessuti da un altro fornitore fa ricadere l’atto all’interno della pertinenza, ma questo
atto non poteva idealmente essere compiuto perché l’imprenditore aveva detto di servirsi soltanto dei
fornitori tradizionali e quell’acquisto della partita di tessuti è stato eseguito senza spendere il nome
dell’imprenditore( Evidentemente dall’institore a suo nome).
Guardando entrambi i profili, vi è un limite al potere dell’institore e quindi bisogna vedere se il contratto
impegna o meno l’impresa, se è o meno efficacie per l’impresa, quel limite è opponibile oppure no? Il tema
d’esame ci dice che il messaggio è orale, la procura c’è ma non è opponibile, perché non è stata
formalizzata in un atto scritto e non è stata formalizzata in un atto che ha potuto trovare iscrizione
nell’ambito del registro delle imprese , quindi in questo caso c’è una presunzione di ignoranza da parte del
fornitore ( limite non può essere reso opponibile), il contratto quindi resta efficace e l’impresa deve pagare
quanto dovuto; per svincolarsi dall’impregno l’imprenditore deve dimostrare che il fornitore nonostante
l’assenza di pubblicità era comunque a conoscenza della procura. Il contratto però dice che è stato posto in
essere senza spendere il nome dell’imprenditore. I doveri dell’institore: il primo dovere è quello di spendita
del nome dell’imprenditore, in questo caso il nome non è stato speso; la norma di riferimento è quella
dell’articolo 2208, norma dalla quale si desume il dovere dell’institore di spendita del nome. Art 2208:
l’institore è personalmente obbligato (1337) se omette di far conoscere al terzo che egli tratta per il
preponente; tuttavia il terzo può agire anche contro il preponente per gli atti compiuti dall’institore, che
siano pertinenti all’esercizio dell’impresa a cui è preposto.
La conseguenza è quella tipica del diritto privato classico, gli atti compiuti in nome dell’institore ricadono
sulla sfera giuridica il cui nome è speso, l’atto ricade quindi sull’institore. Per i debiti che nascono da quel
contratto sarà responsabile l’institore in quanto debitore. La norma inoltre dice che se l’atto è pertinente
all’impresa, la responsabilità per quell’atto ricade anche sull’imprenditore oltre all’institore in quanto
titolare dell’atto. Il terzo potrà agire sia sull’institore sia sul preponente. L’imprenditore potrà svincolarsi a
questo obbligo dimostrando che il terzo era a conoscenza del limite. Se l’imprenditore paga esercita
un’azione di regresso nei confronti dell’institore perché l’imprenditore paga un debito altrui, debito per il
quale non ha interesse e attraverso il regresso può recuperare quanto integralmente speso.
Ci sono due altri doveri che fanno capo all’institore, a cui fa riferimento l’