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DANNO MORALE

Quello che veniva risarcito era solo ed esclusivamente il danno morale, definito come transeunte turbamento dello stato d'animo. Questa è la definizione che fino alle sentenze gemelle di san Martino del 2008 la giurisprudenza ha dato di danno morale. Cioè la sofferenza che si prova per avere subito il danno nel momento in cui si subisce il danno ma che è destinato poi, con il passare del tempo, a cessare. Quindi, di fatto, il danno non patrimoniale veniva risarcito solo nel caso di fattispecie criminosa accertata o dal giudice penale o anche eventualmente dal giudice civile in via incidentale (nel senso che il giudice civile accerta che quei fatti costituiscono reato anche se poi procede solo ed esclusivamente al risarcimento del danno). Ad ogni modo, il danno non patrimoniale risarcibile era solo il danno morale soggettivo. Quello che mancava nel risarcimento, e che invece andrà ad essere oggetto di attenzione da parte della dottrina e della giurisprudenza.

dalla metà degli anni ’70 fino agli inizi degli anni 2000, è il non riferito alla lesione patrimoniale ma riferito come danno non patrimoniale.

Ad un certo punto ci si accorge che la dicotomia danno patrimoniale-danno non patrimoniale non era in grado, così come interpretata ai tempi, di assicurare un’efficace tutela della persona. Di fatto, nel modello tradizionale e fino agli anni ’70 venivano risarcite solo le conseguenze delle lesioni atte a pregiudicare la capacità di guadagno della vittima. Si parlava ai tempi di danno patrimoniale indiretto ed era collegato alla dicotomia relativa alla differenza tra capacità lavorativa generica e capacità lavorativa specifica.

Es: se la prof. cammina per strada e arriva una pallonata che spacca il vetro di una macchina e una scheggia di vetro la colpisce sfregiandole il viso, è chiaro che secondo i dettami di allora questo non ha incidenza né sulla sua

capacità lavorativa generica, e nemmeno su quella specifica. Diverso è se lo sfregio avviene per una fotomodella che magari a causa di quel danno non potrà più lavorare (capacità lavorativa specifica). Questo tentativo iniziale delle corti di merito, sia pure in qualche modo apprezzabile, di cercare un modo per risarcire un danno alla persona al di fuori dell'ambito di applicabilità dell'art. 2059 così limitato dalla riserva di legge che questo prevedeva, aveva creato dei risultati a livello di conseguenze applicative veramente aberranti nel senso che, ad esempio, si fa spesso riferimento ad una sentenza del Tribunale di Firenze del 5 Gennaio 1967 a cui fu negato il risarcimento del danno alla salute possono esistere uomini senza alcun valore insubito da una persona anziana perché quanto totalmente inetti a qualunque occupazione redditizia. Vale a dire, il fatto che la signora fosse ormai anziana e non avesse unacapacità di produrre reddito né generica né specifica impediva di risarcire il danno alla salute. il dannoCosì come il Tribunale di Milano del 18 Gennaio 1971 aveva deciso chederivante dalla menomazione fisica di un bambino doveva essere quantificato in basealla capacità lavorativa del padre, sulla scorta del fatto che era presumibile che ilbambino avrebbe in futuro esercitato la stessa attività del padre. È chiaro che sentenze del genere, sia pur in un contesto di ampliamento delrisarcimento del danno alla persona, non potevano essere in nessun modo accettabili.Questa critica forte che ad un certo punto interviene negli anni ’70 al modelloDANNOtradizionale di risarcimento del danno alla persona comporta la nascita delBIOLOGICO da intendersi come una lesione all’integrità psicofisica di una personaaccertabile mediante perizia medico legale. Comincia dunque a farsi strada l’idea chela lesioneall'integrità psicofisica è comune ad ogni soggetto e deve essere risarcita in modo tendenzialmente uniforme, ossia senza alcun riferimento al parametro della capacità di produrre reddito. Di fatto si parla di un danno alla salute da risarcire di per sé, indipendente dal suo incidere sul piano patrimoniale, e come comunque di un qualcosa di diverso da tenere distinto sia dal danno patrimoniale che dal danno non patrimoniale. Il Tribunale di Genova con la sentenza 25 Maggio 1974 aveva affermato che nell'ipotesi di lesione fisica della persona per la determinazione del danno risarcibile occorre considerare due distinti profili: Da un lato il pregiudizio di ordine patrimoniale subito dal danneggiato in conseguenza delle lesioni da accertarsi nella sua concreta effettività e non già tramite un astratto riferimento al reddito percepito dal soggetto leso; Dall'altro lato, e cumulativamente, il pregiudizio non patrimoniale consistente

Nel danno biologico, cioè nella lesione dell'integrità fisica in sé e per sé considerata, il cui risarcimento deve solo variare con il variare dell'età del danneggiato restando invece affatto indipendente il livello dei redditi di questo. Di fatto, come vedremo, i parametri per quantificare il danno biologico sono determinati riferendosi, da un lato, alla gravità della lesione alla salute e, dall'altro lato, all'età del soggetto che subisce la lesione (più giovane è il soggetto e più il risarcimento sarà cospicuo).

Quello che è interessante nel passo di questa sentenza è che il Tribunale di Genova si riferisce al danno biologico come pregiudizio non patrimoniale e, tuttavia, questo riferimento al danno biologico come pregiudizio non patrimoniale senza essere sganciato da qualsiasi ipotesi di reato, aveva fatto scalpore in quanto significava violare la riserva di legge prevista nell'art.

2059. La corte costituzionale, tuttavia, con le sentenze nn. 87 e 88 del 1979 aveva ratificato le conclusioni a cui era giunta la giurisprudenza di merito affermando che la salute non poteva essere intesa solo come interesse della collettività ma anche come diritto fondamentale dell'individuo e che pertanto il risarcimento del danno non poteva essere limitato alle sole conseguenze incidenti sull'attitudine a produrre il reddito. Tuttavia, a differenza della successiva giurisprudenza di merito rispetto al tribunale di Genova che faceva rientrare il danno biologico nell'alveo dell'art. 2043, la corte costituzionale lo collocò nell'ambito dell'art. 2059. Questo passaggio contenuto in queste sentenze della corte costituzionale è fondamentale perché per lunghi anni la tutela del diritto alla salute prevista dall'art. 32 Cost. era ritenuta riferita ad un diritto alla salute inteso come diritto della collettività e non come diritto dell'individuo.

diritto del singolo individuo a vedere tutelare la propria salute. Questo aveva comportato dei problemi anche con riferimento al riconoscimento del danno biologico perché pensare al diritto alla salute come un diritto della collettività impediva al soggetto di farlo valere in giudizio dall'altro ed anche la possibilità da parte dei giudici di riconoscerlo.

Il danno biologico trova poi definitiva consacrazione con un'altra importantissima sentenza della Corte Costituzionale n. 184/1986, la quale afferma che l'art. 2043 è applicabile alle lesioni di interessi non patrimoniali ma suscettibili di valutazione economica. Questo comporta il riportare il danno biologico nell'alveo dell'art. 2043.

Riconfermano i giudici che il danno biologico è il danno derivante dalla lesione dell'integrità psicofisica di un soggetto suscettibile di accertamento medico legale ma confermano anche che il danno non patrimoniale di cui all'art.

2059 deve essere inteso in senso restrittivo quale danno morale soggettivo consistente nell'ingiusto perturbamento transeunte dello stato d'animo del soggetto offeso.

Di fatto questa sentenza della corte costituzionale introduce un TRIPARTITO in quanto afferma che la lesione del diritto alla salute da intendere come danno evento può essere risarcita:

  1. A titolo di danno patrimoniale ai sensi dell'art. 2043;
  2. A titolo di danno biologico sempre ai sensi dell'art. 2043;
  3. A titolo di danno non patrimoniale ai sensi dell'art. 2059 ma solo quando derivada fatto costituente reato.

Per cui l'interpretazione dell'art. 2059 rimane quella restrittiva adottata fino ad allora dalla giurisprudenza.

L'art. 2043, quindi, costituisce una norma in bianco e il danno biologico trova la sua potenzialità risarcitoria nell'art. 32 Cost. che secondo la nuova interpretazione riconosce il diritto alla salute per il singolo individuo. Dunque

Il danno biologico è risarcibile secondo il combinato disposto dell'art. 2043 e dell'art. 32 Cost. ma rimane una voce di danno patrimoniale, così come rimane l'interpretazione restrittiva dell'art. 2059. 10/12/2020

L'EVOLUZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE

Alla luce delle sentenze della corte costituzionale nn. 87 e 88 del 1979 il danno biologico diventa una "categoria" di danno acquisita e cominciano a nascere le cd. tabelle del Tribunale di Milano. Il Tribunale, per cercare di uniformare i criteri di risarcimento per il danno biologico, dovendosi questo sganciare completamente dal parametro costituito dalla capacità reddituale del soggetto danneggiato, aveva appunto creato queste tabelle che tuttora esistono e, pur non essendo inserite in nessuna norma di legge, la cassazione ha più volte ribadito che debbano trovare applicazione su tutto il territorio nazionale. Tuttavia, non essendo queste tabelle previste dalla legge, chiaramente

Vi sono innanzitutto le tabelle predisposte per l'invalidità permanente e quelle predisposte per l'invalidità temporanea che, chiaramente, hanno delle diverse funzione. L'invalidità temporanea è meno grave rispetto all'invalidità permanente e quindi il risarcimento del danno previsto è inferiore. Occorre tener conto comunque che normalmente, a meno che non ci siano incidenti molti gravi che diano dei punti di invalidità permanente sia dal momento dell'incidente che per sempre, ci sono dei momenti di invalidità permanente e poi dei momenti di invalidità temporanea. Si tratta comunque di questioni che valuta sempre il medico legale. Queste tabelle sono costruite tenendo conto di due fattori: 1.Il fattore dell'età è un elemento importante da considerare nella nostra vita. L'età può influenzare diversi aspetti, come la salute, le capacità cognitive e le relazioni sociali. Quando si parla di fattore dell'età, è fondamentale comprendere che ogni fase della vita ha le sue peculiarità e sfide. Ad esempio, durante l'infanzia e l'adolescenza, l'età può influenzare lo sviluppo fisico e mentale, mentre nella vita adulta può incidere sulle scelte di carriera e sulle relazioni familiari. Inoltre, l'età può anche essere un fattore determinante per la salute. Con l'avanzare degli anni, infatti, aumenta il rischio di malattie croniche e di condizioni legate all'invecchiamento. È quindi importante adottare uno stile di vita sano e fare controlli regolari per prevenire eventuali problemi. In conclusione, il fattore dell'età è un elemento da tenere in considerazione in molte sfere della nostra vita. È importante essere consapevoli delle peculiarità di ogni fase e adattarsi di conseguenza, cercando di mantenere uno stile di vita sano e prendendosi cura della propria salute.
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A.A. 2020-2021
197 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher rosandim di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Piccinini Valentina.